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Cronaca

La camorra è ancora viva: non è morta.

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La camorra è ancora viva: non è morta.

Il superboss del cartello dei Casalesi, Francesco “Sandokan” Schiavone, si è pentito dopo 26 anni di carcere. Rosaria Capacchione racconta la sua storia e il “marchio” che rappresentava.

Francesco Schiavone, noto come Sandokan, era un boss spietato e violento, un cinico stratega che ha lasciato dietro di sé una scia di morte e corruzione nella provincia.

Dopo quasi ventisei anni di silenzio in carcere, Schiavone ha deciso di collaborare. La sua resa ha segnato la fine del clan dei Casalesi e ha sciolto l’aura di potere e consenso che lo circondava.

Nonostante la sua collaborazione, la camorra non è ancora morta, ma la resa di Schiavone ha delegittimato qualsiasi tentativo di successione nel clan. I suoi figli e complici dovranno ora affrontare le conseguenze delle loro azioni.

La resa di Sandokan ha avuto un impatto storico, mettendo fine a un’epoca segnata dal crimine e dalla corruzione. Si aprono ora interrogativi sulla vera natura del potere mafioso e sui legami con la politica e la massoneria.

Con la fine del clan dei Casalesi, si chiude un capitolo oscuro della storia di Terra di Lavoro. Schiavone, insieme ad altri capi del cartello, dovrà rendere conto delle sue azioni in un processo che potrà rivelare molti dettagli nascosti della criminalità organizzata.

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