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Cronaca Giudiziaria

Processo per traffico di droga nel carcere di Salerno: 14 imputati

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Processo per traffico di droga nel carcere di Salerno: 14 imputati

Il giudice del tribunale di Salerno, Francesco Guerra, ha deciso di mandare a giudizio i 14 pusher che sono stati arrestati il 21 settembre in seguito a un’indagine antidroga complessa. Gli imputati sono accusati di spaccio di droga all’interno del carcere di Fuorni e nel quartiere Mercatello, e le indagini della Procura di Salerno hanno permesso di individuare i ruoli di ciascun membro della banda.

Antonio Abate, 45 anni, è considerato il promotore e organizzatore dell’attività criminale, mentre Alessandro Rinaldi, 36 anni, e Natale Memoli, 32 anni, supervisionavano e coordinavano l’attività dei pusher. Altri coinvolti nel traffico di droga erano Antonio D’Elia, 47 anni, e Francesco Mercadante, 39 anni, attivi sia all’interno del carcere che nel quartiere Mercatello. Giorgio Prisco, Raffaele Grillo, Giulio Placanico, Maurizio Iagulli e Davide De Simone, tutti nell’intervallo dai 29 ai 39 anni, erano anch’essi pusher.

Le modalità del traffico e i ruoli
La droga veniva introdotta in carcere grazie alla complicità di Giovanni Casciano, dipendente di una cooperativa che organizzava un progetto di inclusione per i detenuti impegnati nel confezionamento di mascherine per l’emergenza Covid. Casciano avrebbe nascosto la droga all’interno delle mascherine e poi l’avrebbe consegnata ai detenuti. Gli imputati dentro il carcere si occupavano di tagliare e confezionare la droga, mentre gli altri pusher si occupavano di venderla ai detenuti e ai residenti del quartiere Mercatello.

I 14 imputati dovranno presentarsi davanti al secondo collegio della terza sezione penale del tribunale di Salerno il prossimo 6 febbraio.

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Cronaca Giudiziaria

Latitante tradito dai parenti influencer: arrestato Carabinieri in Spagna per legami con la Camorra.

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Latitante tradito dai parenti influencer: arrestato Carabinieri in Spagna per legami con la Camorra.

La scoperta attraverso i social

La storia di Vincenzo Matacena, 39enne del rione Traiano ricercato per traffico di droga, ha preso una piega inaspettata grazie ai social media. Dopo essere fuggito in Spagna per rifarsi una vita come pizzaiolo a Valencia, Matacena è stato individuato grazie all’analisi dei profili social dei suoi familiari.

Le prove sui social

Una storia Instagram pubblicata da un parente ha svelato la presenza di Matacena in Spagna, mentre altri indizi sono emersi da video condivisi da persone vicine al ricercato. In particolare, un video di “unboxing” ha permesso ai Carabinieri di risalire all’indirizzo di Matacena, mentre altri video lo hanno mostrato insieme alla moglie, al figlio e durante il suo lavoro in pizzeria.

Curiosamente, la maglia del figlio in uno dei video ha rivelato il nome della scuola che frequentava, fornendo ulteriori dettagli utili per l’indagine.

L’arresto e l’attesa dell’estradizione

Grazie alla collaborazione con la Polizia Nazionale Spagnola, Matacena è stato arrestato e attualmente si trova in un carcere spagnolo in attesa di estradizione. La sua fuga e il tentativo di ricominciare una nuova vita sono stati vanificati dalla paziente ricerca condotta attraverso i social media, dimostrando una volta di più il potere e l’importanza di questi strumenti nella lotta alla criminalità.

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Gratteri: mafia in pareggio, lotta ancora in corso

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Gratteri: mafia in pareggio, lotta ancora in corso

La trasformazione della mafia e la necessità di investire in ingegneri informatici

Il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha presentato il report della Fondazione Magna Grecia sul cyber crime nella sede Onu di New York, evidenziando la rapida trasformazione della mafia. Secondo Gratteri, le organizzazioni criminali sono in grado di gestire grandi quantità di droga e oro attraverso transazioni online senza spostarsi dai propri luoghi di residenza.

La lotta alla mafia e il ruolo delle forze dell’ordine

Gratteri ha sottolineato l’importanza di investire in giovani ingegneri informatici per contrastare efficacemente la criminalità organizzata. Ha evidenziato che le mafie stanno abbandonando i tradizionali mezzi di estorsione per concentrarsi sul commercio di droga, un settore estremamente redditizio che genera ingenti profitti ogni anno.

Le nuove sfide della lotta al crimine online

L’evoluzione delle mafie verso il cyber crime rappresenta una sfida per le forze dell’ordine, che devono adattarsi e potenziare le proprie capacità investigative. Gratteri ha evidenziato come le mafie siano in grado di sfruttare le nuove tecnologie per compiere azioni illegali, come il riciclaggio di denaro attraverso banche online create ad hoc.

Gratteri ha anche avvertito sul pericolo che le mafie accumulino sempre più ricchezza, con conseguente impatto sull’economia globale. È quindi fondamentale intensificare gli sforzi nella lotta al crimine organizzato e investire in nuove competenze per contrastare questa nuova forma di criminalità.

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Scopri i misteri del pentimento di Schiavone, il boss sanguinario.

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Scopri i misteri del pentimento di Schiavone, il boss sanguinario.

Perché Sandokan si è pentito?

La decisione di collaborare con la giustizia da parte dell’ex boss dei Casalesi, Sandokan, ha suscitato domande tra gli addetti ai lavori dell’antimafia. I magistrati stanno ascoltando le sue confessioni da circa un mese, ma il motivo preciso del suo pentimento non è ancora chiaro agli occhi del pubblico.

Le ipotesi sul pentimento di Sandokan

Una delle ipotesi riguarda il miglioramento delle condizioni detentive come motivazione principale di Sandokan per collaborare. Potrebbe aver scelto questa strada per ottenere benefici penitenziari e puntare a una possibile liberazione anticipata in futuro.

Un’altra possibile ragione potrebbe essere legata alla sicurezza dei suoi familiari. La moglie Giuseppina Nappa e i sette figli potrebbero aver avuto un ruolo determinante nel suo pentimento, con alcune figlie che si sono già dichiarate disponibili a collaborare con le autorità e ad entrare nel programma di protezione.

La riunificazione familiare potrebbe essere un altro motivo dietro la decisione di Sandokan di pentirsi. Con alcuni figli già in carcere e uno che ha rifiutato di collaborare, la scelta potrebbe essere stata volta a cercare una forma di unità familiare, anche attraverso la collaborazione con la giustizia.

Infine, motivi personali come una diagnosi di tumore nel 2018 potrebbero aver giocato un ruolo nel pentimento di Sandokan. La consapevolezza della sua malattia e la possibile disgregazione del suo clan potrebbero averlo spinto a compiere questa scelta per mandare un messaggio agli ex affiliati e rivali.

Il futuro di Sandokan

Le confessioni di Sandokan potrebbero avere un impatto diretto nella lotta alla criminalità organizzata in Campania. Il destino dell’ex boss dipenderà dalle informazioni che fornirà attraverso la collaborazione e dalla loro importanza per le indagini in corso.

Al momento, le vere ragioni del suo pentimento rimangono avvolte nel mistero. Solo il tempo e lo sviluppo del processo di collaborazione potranno fare chiarezza sui reali motivi che hanno spinto Sandokan a tradire il suo clan.

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