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Cronaca

Soddisfatti del risultato, ma gestione rivedibile: a centrocampo siamo deboli, urge intervenire sul serio.

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Soddisfatti del risultato, ma gestione rivedibile: a centrocampo siamo deboli, urge intervenire sul serio.

#VittoriaAlMaradonaMaAllarmeCentrocampo: Conte Rifletta Sulla Realtà Del Napoli Dopo L’Atalanta

Antonio Conte, l’allenatore che i napoletani hanno accolto con l’entusiasmo tipico di chi vive tra le pieghe della città, sta assaporando la dolcezza di una vittoria contro l’Atalanta, ma non si illude: il Napoli deve fare i conti con una realtà cruda e familiare, quella di una squadra che naviga in acque agitate per via di una mediana sempre più esigua. Qui, nel cuore del Sud, dove il calcio è più di uno sport – è una questione di orgoglio e sopravvivenza quotidiana – le parole di Conte risuonano come un campanello d’allarme che non sorprende più nessuno. È il classico scenario partenopeo, dove l’euforia dello stadio Maradona si mescola alla frustrazione di una rosa che arranca per le assenze.

Come cronista locale, vedo in questa situazione un riflesso delle dinamiche che affliggono il nostro territorio: risorse limitate e l’obbligo di adattarsi, proprio come fanno i napoletani ogni giorno. Conte non si nasconde dietro false illusioni, e lo dimostra “Il vero problema è che l’ultima tegola di Anguissa mi ha portato a fare delle riflessioni, proprio a livello oggettivo perché a centrocampo siamo rimasti veramente in pochi”. Questa emergenza, che sta diventando strutturale, ci ricorda come il Napoli non possa permettersi lussi; con solo “sono rimasti Lobotka e McTominay, più un ragazzo di prospettiva come Vergara, che però è più offensivo”, il centrocampo assomiglia a una coperta troppo corta per coprire un letto grande. È ironico, se ci pensate: Elmas è il classico “jolly” che qui a Napoli ammiriamo, capace di reinventarsi in un batter d’occhio, ma senza rinforzi veri, quanto a lungo potremo reggere?

Sul campo, però, c’è stato un bagliore di speranza. Il Napoli ha mostrato segni di vita, con “È stato il miglior primo tempo stagionale, ritmi molto alti e grande intensità”, come ha ammesso Conte. Peccato che, nella ripresa, non si sia gestito al meglio, lasciando sfuggire l’opportunità di una serata perfetta. L’atmosfera al Maradona, quel mix di “energia ed elettricità”, è stata il vero catalizzatore, alimentata dai tifosi che, come me, conoscono bene l’elettricità di queste notti partenopee. Contro un’Atalanta agguerrita, è stato un segnale positivo, ma non basta a mascherare le crepe che potrebbero formarsi.

E le chiacchiere sulle presunte tensioni post-Bologna? Conte le liquida con la schiettezza che ci aspetteremmo da un tecnico immerso nella realtà locale. “Se ne preoccupa più chi è all’esterno. Io ho un rapporto forte con i miei giocatori, ci diciamo sempre la verità. Sono trasparente, senza maschere, a tanti non piace ma l’onestà me l’hanno insegnata”. Bravo, direi: in una città come Napoli, dove le maschere sono all’ordine del giorno, l’onestà è un’arma a doppio taglio. Questa trasparenza potrebbe essere la chiave per tenere unita la squadra, respingendo narrazioni esterne che spesso ingigantiscono problemi inesistenti o sottovalutano la resilienza partenopea.

Ma il calendario non aspetta, e qui entriamo nel vivo della critica: “Martedì giochiamo contro il Qarabag, la rivelazione della Champions. Dobbiamo recuperare energie e prepararci al meglio”. Come giornalista che vive queste dinamiche, so bene quanto sia spietato il ritmo per una squadra del Sud, dove le risorse fisiche e mentali sono sempre sotto pressione. Invece di pensare alle vacanze, Conte insiste sull’identità da costruire, nonostante le assenze e una mediana in affanno. È un monito realistico: il Napoli deve evolversi, o rischierà di affondare in un campionato che non perdona. In fondo, è lo stesso spirito di Napoli, una città che si reinventa ogni giorno, ma che ha bisogno di basi solide per non cedere alla stanchezza.

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