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Cronaca

Robinho in nuovo carcere: l’ex campione del Milan affronta ora un percorso di risocializzazione, tra speranze e realtà locali.

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Robinho in nuovo carcere: l’ex campione del Milan affronta ora un percorso di risocializzazione, tra speranze e realtà locali.

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In un Brasile che ha visto tanti suoi figli del calcio brillare sotto i riflettori mondiali, la storia di Robinho oggi suona come un’amara riflessione sulle vie tortuose della fama e della redenzione. Da ex stella del Real Madrid e del Milan, catapultato in galera per una condanna che ha segnato la fine della sua carriera, l’ex fuoriclasse brasiliano a 41 anni si trova ora in un nuovo capitolo della sua detenzione, un trasferimento che non cambia il verdetto ma evidenzia le contraddizioni del nostro sistema penitenziario.

Un tempo, le notizie sui trasferimenti di Robinho facevano sognare i tifosi, con passaggi tra club prestigiosi come Real Madrid, Manchester City, Milan e Santos che riempivano le prime pagine. Oggi, invece, è un altro tipo di spostamento a raccontare la sua parabola discendente: dall’icona del pallone all’ex detenuto che cambia prigione. Da marzo 2024, Robinho è recluso per una condanna definitiva emessa dalla giustizia italiana per stupro di gruppo, con una pena di nove anni. Ma proprio questo mese, è stato trasferito dal penitenziario di Tremembé al Centro di Risocializzazione di Limeira, una struttura che promette un approccio più orientato alla rieducazione, con programmi che includono attività esterne controllate e opportunità di reinserimento.

Come cronista che vive in queste zone, non posso fare a meno di notare come questa mossa rifletta le dinamiche tipiche del nostro contesto brasiliano, dove il sistema carcerario cerca di bilanciare punizione e riabilitazione, ma spesso inciampa in risorse limitate e disparità sociali. I legali di Robinho hanno insistito per il trasferimento, argomentando che Limeira si adatta meglio al suo profilo: un detenuto con una pena sotto i dieci anni, senza precedenti penali e con quella che definiscono “buona condotta”. L’amministrazione penitenziaria ha accettato, aprendo la porta a un regime un po’ più flessibile rispetto al rigore di Tremembé.

Qui a Limeira, dove conosco bene le strade e le comunità, questo tipo di programmi di risocializzazione sono un piccolo passo avanti in un sistema che, tra le tante criticità, prova a offrire seconde chance. Robinho, nel nuovo centro, potrà ricevere visite dei familiari nei fine settimana – un sollievo che in altri istituti è negato con più durezza – e partecipare ad attività di volontariato, come la manutenzione degli spazi pubblici della città. È una prassi riservata a chi, come lui, viene considerato adatto al reinserimento, ma non illudiamoci: non cancella il peso della condanna, bensì segna un cambio di tono nella gestione della detenzione.

Per noi locali, che abbiamo visto crescere eroi del calcio solo per vederli cadere, questo trasferimento è un promemoria delle fragilità umane e delle lacune nel nostro tessuto sociale. Il Brasile, terra di contrasti, celebra i suoi talenti ma deve ancora confrontarsi con come trattare chi tradisce la fiducia pubblica. Mentre Robinho avanza in questo percorso di “risocializzazione” promosso dalle autorità, resta da vedere se queste misure riusciranno davvero a ricostruire qualcosa di perduto, o se resteranno solo un pallido tentativo in un sistema che ha ancora molta strada da fare.

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