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Cronaca

Pompei non smette di sorprendere: un tocco egizio nell’antico street food, con la scoperta di una situla alessandrina.

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Pompei non smette di sorprendere: un tocco egizio nell’antico street food, con la scoperta di una situla alessandrina.

Scoperta mozzafiato a Pompei: un vaso egiziano in una vecchia osteria! #PompeiArcheologia #TesoriNascosti #CampaniaStoria

Qui a Pompei, dove ogni scavo sembra riportare alla luce un pezzo della nostra anima collettiva, abbiamo assistito a una di quelle scoperte che fanno riflettere sul modo in cui il passato si intreccia con la vita quotidiana. Immaginate: tra i vicoli affollati che un tempo brulicavano di mercanti e clienti affamati, gli archeologi hanno tirato fuori un vaso egiziano in pasta vitrea, adornato con vivide scene di caccia lungo il Nilo, proprio nel cuore di una popina, l’equivalente antico del nostro street food campano.

Questa reliquia, proveniente da Alessandria d’Egitto, era un oggetto di lusso destinato a impreziosire giardini o sale eleganti nelle domus dei benestanti. Eppure, eccola qui, riadattata in un umile retrobottega per conservare magari olii o spezie, un chiaro segno di come i pompeiani – gente pratica e ingegnosa come noi campani d’oggi – trasformassero il superfluo in qualcosa di utile. È una lezione su come la circolazione di merci e idee tra l’Egitto e la Campania non fosse solo appannaggio dei ricchi, ma arrivasse fin nei vicoli più popolari, mescolando culture in un melting pot mediterraneo che ancora oggi definisce la nostra identità.

Come cronista del territorio, non posso fare a meno di notare quanto questo trovi eco nella Pompei contemporanea: tra i nostri mercati rionali e le strade affollate, si vedono ancora scambi vivaci che uniscono tradizioni lontane. E proprio «In questo piccolo spazio – spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – vediamo una commistione tra sacro e profano: oggetti decorativi e strumenti quotidiani convivono, testimoniando la permeabilità culturale dell’Impero. È affascinante notare come elementi del culto egiziano, e poi cristiano, trovino terreno fertile non tra le élite, ma nei luoghi comuni della città». Queste parole sottolineano un aspetto critico: Pompei non era solo una vetrina per i potenti, ma un crogiolo di influenze che permeava la vita di tutti, proprio come i flussi turistici e culturali di oggi arricchiscono – e a volte sovraccaricano – il nostro territorio.

Le ricerche sul posto hanno ricostruito l’intera struttura della popina: al pianterreno, un’area operativa con fornelli, mortai, tegami e anfore da varie parti del Mediterraneo, che parlano di una rete commerciale vivace e cosmopolita. Al piano di sopra, stanze più raffinate con decorazioni in IV stile pompeiano, pavimenti gialli e arredi eleganti. Ora, grazie ai recenti lavori di restauro e messa in sicurezza, questi spazi sono protetti da coperture moderne e illuminati da un sistema all’avanguardia, permettendo ai visitatori di apprezzare dettagli che altrimenti andrebbero persi. È un passo avanti importante per noi locali, che lottiamo per bilanciare la conservazione del nostro patrimonio con l’apertura al mondo, evitando che Pompei diventi solo un’attrazione turistica e non un vivo ricordo della nostra storia.

In fondo, questa scoperta ci ricorda che la vera ricchezza di Pompei sta nei dettagli quotidiani, nei gesti pragmatici di chi viveva qui duemila anni fa, e che riecheggiano nelle nostre vite. È una storia che continua a evolversi, insegnandoci a valorizzare le contaminazioni culturali senza perdere di vista le radici campane.

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