Cronaca
Nel Cilento, tre imprenditori ai domiciliari per bancarotta fraudolenta – un’altra crepa nell’economia locale?
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Nei meandri del Cilento, dove l’economia si regge su piccole imprese che lottano contro le onde del mercato, l’ombra della bancarotta fraudolenta si allunga su tre noti imprenditori del settore farmaceutico. I finanzieri del Comando provinciale di Salerno hanno messo fine a un capitolo di gestioni opache, eseguendo un’ordinanza che ha spedito gli indagati agli arresti domiciliari. Non è solo una notizia di cronaca, ma un campanello d’allarme per una comunità che vede erodere la fiducia in chi dovrebbe innovare e sostenere il territorio.
Questa vicenda, emersa dalle indagini coordinate dalla Procura di Vallo della Lucania, dipinge un quadro di un’azienda farmaceutica utilizzata come un guscio per operazioni losche. I tre, in qualità di amministratori – uno anche ufficiale – hanno condotto la società verso il baratro con manovre che odorano di deliberate evasioni. Pensateci: accumulare debiti per oltre quattro milioni di euro, sia con l’Erario che con fornitori locali, significa non solo tradire i partner commerciali, ma anche minare le basi di un settore vitale per il Cilento. Qui, dove le farmacie sono presidi essenziali per le comunità rurali, tali pratiche non fanno che amplificare le difficoltà di chi opera onestamente.
Le verifiche contabili raccontano una storia di assoluta opacità: i libri societari sono stati gestiti in palese violazione dei principi di trasparenza e veridicità, rendendoli sostanzialmente inattendibili. È come se avessero deliberatamente offuscato il quadro finanziario, lasciando creditori e autorità al buio. Peggio ancora, gli investigatori hanno documentato una massiccia distrazione di stock di medicinali, per un valore non inferiore a quattro milioni di euro – beni sottratti al patrimonio aziendale e, di fatto, al benessere pubblico. Nel Cilento, dove l’accesso ai farmaci è già un tema sensibile, specie nelle aree più isolate, questo significa rubare risorse che potrebbero salvare vite, trasformando un business in un gioco al massacro.
Uno degli imprenditori, nei giorni che precedevano la liquidazione giudiziale, ha addirittura trasferito fondi direttamente dal conto aziendale al proprio personale, una mossa che gli inquirenti qualificano come una chiara condotta distrattiva a danno dei creditori. È un colpo basso, soprattutto in un contesto locale dove le reti di fornitori sono intrecciate e ogni fallimento crea un effetto domino. Le indagini hanno poi svelato un flusso anormale di acquisti: la società ordinava quantità di medicinali spropositate rispetto al fabbisogno reale, per poi rivenderle all’ingrosso – senza le dovute autorizzazioni – a farmacie e parafarmacie collegate agli stessi imprenditori, spesso senza saldare i conti.
Inutile negare che questo sistema, descritto dagli inquirenti come un veicolo per drenare beni e risorse lasciando il peso dell’indebitamento su fisco e fornitori, rispecchia un problema più ampio. Nel Cilento, terra di bellezze naturali e opportunità turistiche, la corruzione nel settore imprenditoriale erode il tessuto sociale, scoraggiando gli investimenti e alimentando il sospetto tra i cittadini. Come cronista del posto, non posso fare a meno di riflettere: quante storie simili covano sotto la superficie, sottraendo opportunità a giovani e famiglie che dipendono da un’economia onesta?
I tre indagati sono accusati, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, con il principio di presunzione di innocenza che resta fermo fino a sentenza definitiva. Ma questa inchiesta non è solo una caccia ai colpevoli; è un invito alla riflessione per la nostra comunità, affinché vigilanza e trasparenza diventino la norma in un territorio che merita di più.
