Cronaca
Nei Campi Flegrei, ricercatori individuano un segnale che anticipa i terremoti più intensi, una speranza concreta per la nostra terra vulcanica.
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Ai Campi Flegrei, quel paesaggio vulcanico che da sempre tiene in scacco i napoletani con il suo mix di bellezza e pericolo, si apre una nuova era nella comprensione dei terremoti. Questa ricerca non è solo un avanzamento scientifico, ma un potenziale alleato per chi vive qui, dove il suolo si solleva e trema come un promemoria costante dei rischi sotterranei. Come cronista del territorio, vedo in questo studio un passo intrigante, ma anche un invito alla cautela: non è la fine dei nostri timori, bensì un inizio per dialogare meglio con la natura instabile che ci circonda.
La squadra di ricercatori, unendo forze tra l’Università Federico II di Napoli, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale e l’Università di Genova, ha pubblicato su JGR Solid Earth una scoperta che potrebbe cambiare le regole del gioco. Per la prima volta, hanno individuato una “fase preparatoria” che anticipa le scosse più intense, basandosi su dati raccolti in un’area dove il bradisismo – quel sollevamento del terreno che rende la vita quotidiana una scommessa – gioca un ruolo da protagonista.
“Abbiamo analizzato venti sequenze sismiche registrate tra il 2015 e il 2024”, spiega Antonio Giovanni Iaccarino dell’Università di Napoli, primo autore dello studio. “Volevamo capire se questi fenomeni fossero collegati e se fosse possibile riconoscere segnali precursori”.
Questo lavoro non si ferma alla mera osservazione: gli scienziati hanno collegato l’aumento del bradisismo con l’energia rilasciata da sciami di microterremoti, individuando un parametro cruciale chiamato ‘strain residuo’. Si tratta di un equilibrio tra la deformazione accumulata nel suolo e l’energia sismica che si libera, un concetto che, per noi locali, riecheggia le storie di case che si incrinano e strade che si deformano. Integrando questi dati con le misurazioni dell’Osservatorio Vesuviano, il team ha sviluppato un modello preliminare che offre una finestra sul futuro.
“Il modello riesce a stimare la magnitudo potenziale degli eventi principali con alcuni giorni di anticipo”, continua Iaccarino.
Tuttavia, come chi vive in questa zona sa bene, l’entusiasmo va temperato. Iaccarino stesso lo ammette con realismo: “È ancora presto per parlare di previsioni vere e proprie. Le incertezze sono ancora grandi e il rischio di falsi o mancate allerte non rende questi strumenti utilizzabili per scopi di protezione civile”. Questa prudenza è un richiamo per la comunità: quante volte, qui a Napoli, abbiamo visto allarmi che non si concretizzano, lasciando un misto di sollievo e frustrazione? Eppure, è proprio questa onestà scientifica che potrebbe rafforzare la fiducia, spingendoci a investire di più in monitoraggi locali e piani di emergenza più robusti.
Matteo Picozzi, direttore del Centro di Ricerche Sismologiche dell’OGS, sottolinea l’importanza di questi legami: “Comprendere questo legame è fondamentale per interpretare l’evoluzione del sistema e migliorare la valutazione del rischio”. E aggiunge: “Capire come queste fasi preparatorie si evolvono può aiutare a prendere decisioni più tempestive e informate in caso di crisi”. Come napoletano, non posso che riflettere su quanto questo significhi per le nostre vite: dalle scuole evacuate ai quartieri in allerta, ogni avanzamento è un passo verso una convivenza più sicura con i Campi Flegrei, un gigante addormentato che non smette di far sentire la sua presenza.
Il percorso, come sempre accade qui, è collettivo e orientato al futuro. I ricercatori puntano ora a espandere lo studio, collaborando con l’INGV e testandolo su altri vulcani attivi nel mondo. “Credo che grazie allo sforzo congiunto di vulcanologi e sismologi si possano affinare le capacità predittive”, conclude Iaccarino. In un contesto locale come il nostro, dove la scienza si intreccia con la storia e le emozioni della gente, questa ricerca non è solo un dato accademico: è un promemoria che, con pazienza e spirito critico, possiamo trasformare i rischi in opportunità, rendendo Napoli un esempio di resilienza globale.
