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Cronaca

Napoli, 130 aziende sequestrate: il Prefetto Di Bari segnala infiltrazioni diffuse in edilizia e ristoranti, un allarme per l’economia locale.

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Napoli, 130 aziende sequestrate: il Prefetto Di Bari segnala infiltrazioni diffuse in edilizia e ristoranti, un allarme per l’economia locale.

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Napoli, la città che non smette di lottare contro le sue ombre, vede il prefetto Michele Di Bari accelerare la sua offensiva: con cinque nuove interdittive, il totale sale a 130 provvedimenti quest’anno, mirati a liberare le imprese della Città Metropolitana dalle infiltrazioni criminali. Come cronista del posto, so bene che questa non è solo una statistica, ma un segnale di una guerra quotidiana che tocca le fondamenta della nostra economia, spesso corrotta da chi pensa di poterla dominare.

Queste misure rappresentano una vera e propria operazione di “pulizia” su più fronti, svelando i settori preferiti dai clan per i loro affari illeciti. L’edilizia, un pilastro storico dell’economia napoletana, rimane al centro dell’attenzione, mentre la ristorazione emerge come la nuova arena del riciclaggio. Vivendo qui, non posso fare a meno di notare come questi “business” non siano solo numeri, ma parti integranti del tessuto urbano: cantieri che costruiscono più di case, e locali che alimentano più di fame.

Il comparto delle costruzioni ha subito il maggior numero di “stop”, confermando il suo status come settore più “sensibile” e appetibile per le cosche. È un colpo al cuore della nostra città, dove ogni nuovo edificio potrebbe nascondere storie di intimidazioni e tangenti. Ma è l’espansione dei clan nella ristorazione a suonare come un campanello d’allarme per chi, come me, cammina per queste strade ogni giorno. Quei locali affollati, con i tavoli pieni e il via vai di clienti, non sono solo punti di ristoro; sono macchine perfette per il riciclaggio.

Perché i clan puntano così tanto sui ristoranti? I motivi sono radicati nelle dinamiche locali: si tratta di attività basate su pagamenti in contante, che spesso evadono i controlli grazie a manodopera irregolare e permettono di mascherare i veri proprietari. Aprire un locale qui a Napoli è un investimento astuto, perché offre introiti stabili, una presenza capillare nei quartieri e, soprattutto, un modo ideale per “ripulire” soldi sporchi, trasformandoli in guadagni apparentemente legittimi da un settore sempre in voga in una città che vive di cibo e tradizioni.

Le 130 aziende sotto la lente operano in settori vitali per l’economia locale: oltre a edilizia e ristorazione, includono commercio (compreso quello alimentare), gestione dei rifiuti, trasporti e agenzie di pratiche auto. Questa rete di infiltrazioni rappresenta un attacco completo all’anima produttiva di Napoli, dove ogni settore è interconnesso e vulnerabile. Il prefetto Di Bari sta rispondendo con una strategia continua e incisiva, ma come napoletano, mi chiedo se basterà a spezzare un ciclo che si ripete da decenni. Queste azioni sono un passo avanti, un segnale di speranza per le nostre comunità, ma il vero cambiamento richiederà la vigilance di tutti noi, per difendere non solo le imprese, ma il futuro della nostra terra.

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