Cronaca
Ex autista di Zagaria vince maxi indennizzo: il Ministero battuto in Cassazione, un caso che solleva dubbi locali
#GiustiziaInBilico: La Cassazione conferma il maxi-risarcimento a Oreste Basco, ex autista dei Casalesi, tra ombre del passato e diritti calpestati
In una terra come la Campania, dove le storie di camorra e giustizia si intrecciano come le strade di Casal di Principe, la Corte di Cassazione ha messo fine a una disputa legale che da anni tormentava i corridoi dei tribunali. Oreste Basco, l’ex autista del boss Michele Zagaria, si è visto riconoscere un risarcimento da 237.706 euro per ingiusta detenzione, con i giudici di Roma che hanno bollato come infondate le obiezioni del Ministero dell’Economia. È una decisione che, qui da noi, fa discutere: da un lato, è una vittoria per i diritti individuali; dall’altro, un’altra crepa nel muro della lotta alla criminalità organizzata, dove il passato non si cancella con un assegno.
Il Ministero aveva fatto ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, argomentando che Basco non aveva davvero tagliato i ponti con il clan. “Non considerati i legami con il clan”, era la loro linea principale, sostenendo che, nonostante Basco avesse lasciato formalmente il ruolo di autista di Zagaria nel 2009, i suoi legami sospetti fino al 2011 avrebbero dovuto pesare sul suo diritto a un’indennizzo equo. Come cronista che conosce questa zona, dove le famiglie sono legate da vincoli invisibili e le alleanze criminali durano più di un’amicizia, mi chiedo se davvero si possa ignorare un contesto del genere. Il ricorso andava oltre, accusando la Corte napoletana di non aver valutato “tutti gli elementi incidenti sul diritto all’indennizzo”, dando troppo credito alla versione di Basco sui suoi rapporti con il gruppo. È una polemica che riecheggia le dinamiche locali: quante volte, nei nostri quartieri, le storie di collaboratori o ex affiliati vengono filtrate dalla lente del dubbio, lasciando spazio a interpretazioni che sfumano tra verità e comodo oblio?
Ma la Cassazione, presieduta dal giudice Aldo Aceto, ha respinto ogni contestazione, confermando che le dichiarazioni di Basco sul suo passato non influenzavano la misura cautelare subita. “Nessun nesso causale con la misura cautelare”, hanno sentenziato i supremi giudici, sottolineando che non c’era collegamento diretto tra le sue ammissioni e la detenzione ingiusta. Da un osservatore locale come me, questa chiusura suona come un segnale ambiguo: da una parte, rafforza l’idea che lo Stato debba tutelare i diritti di chiunque, anche di chi ha sfiorato l’abisso della camorra; dall’altra, lascia un sapore amaro, perché qui in Campania, dove le famiglie di Zagaria e dei Casalesi hanno lasciato ferite profonde, è facile vedere queste sentenze come un premio per chi è sfuggito alla rete. Il Ministero è ora costretto a versare la somma, chiudendo un capitolo che esalta il principio della riparazione, ma che interroga ancora una volta sul delicato equilibrio tra punizione e redenzione in territori segnati dal crimine.
In fondo, storie come questa non sono solo carte processuali: sono lo specchio di una regione che lotta per scrollarsi di dosso l’eredità della malavita, dove ogni risarcimento è anche un monito per le istituzioni a fare meglio, senza sconti.
