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Cronaca

Europei 2032: Abodi critica le distanze tra Comune e Napoli sullo stadio Maradona, lanciando un appello alla convergenza.

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Europei 2032: Abodi critica le distanze tra Comune e Napoli sullo stadio Maradona, lanciando un appello alla convergenza.

Il destino dello Stadio Maradona per Euro 2032: tra incertezze e ritardi, Napoli non può permettersi di sbagliare! #Napoli #Euro2032 #StadioMaradona

Qui a Napoli, dove il calcio è una questione di cuore e di orgoglio cittadino, l’incertezza sullo stadio Diego Armando Maradona per i Campionati Europei del 2032 sta diventando un’ombra sempre più lunga sui nostri sogni sportivi. Come cronista locale che vive queste dinamiche ogni giorno, non posso fare a meno di notare come la mancanza di dialogo tra le parti coinvolte rifletta problemi più profondi: una città che adora il suo calcio ma spesso inciampa nelle burocrazie e nelle visioni contrastanti. È una storia familiare, quella di progetti ambiziosi bloccati da distanza e disaccordi, e stavolta rischia di costarci un posto sul palcoscenico europeo.

Durante una recente intervista alla trasmissione Campania24 su Canale 9, il ministro dello Sport Andrea Abodi ha dipinto un quadro preoccupante, sottolineando come le posizioni del Comune di Napoli e del club calcistico locale siano sempre più “distanti”, con il pericolo concreto di escludere lo stadio dalla lista dei cinque impianti italiani candidati a ospitare l’evento. Questa situazione, a mio avviso, non è solo un intoppo logistico, ma un sintomo di come la nostra amministrazione locale e le società sportive a volte navigino su binari paralleli, perdendo occasioni che potrebbero rivitalizzare l’economia e l’identità napoletana. Pensateci: un Maradona moderno, capace di accogliere migliaia di tifosi, non significherebbe solo partite, ma anche turismo, posti di lavoro e un boost per le nostre comunità periferiche.

“Lo sto dicendo da mesi – ha spiegato Abodi – la scelta degli stadi è una competizione tra 12-13 città. Se Napoli e il Maradona saranno del lotto dipende dall’amministrazione comunale e dal club”. Queste parole riecheggiano come un campanello d’allarme per noi che viviamo qui, dove lo stadio è più di una struttura: è un simbolo del nostro legame con Maradona e con il calcio che unisce le famiglie. Abodi ha poi insistito sull’urgenza di un piano condiviso, con la lista finale da presentare entro settembre 2026, e ha promesso un impegno personale per mediare. “Occorre dotare Napoli di uno stadio compatibile e sostenibile. Nei limiti del mio ruolo, proverò a favorire un incontro per discutere delle rispettive posizioni”.

Da cronista con lo spirito critico di chi vede questi ritardi da anni, mi chiedo: è davvero possibile che, in una città così appassionata, non si riesca a trovare un terreno comune? Questa impasse non fa che sottolineare le sfide sociali che affrontiamo, come la necessità di investimenti mirati per rendere le nostre infrastrutture all’altezza, senza sacrificare l’anima napoletana. Se non agiamo ora, rischiamo di perdere non solo un’opportunità sportiva, ma anche un pezzo della nostra identità collettiva, lasciandoci con rimpianti che echeggeranno ben oltre il 2032. La palla, come sempre, è nel campo dei decisori: speriamo che questa volta decidano di calciarla.

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