Cronaca
Ennesimo intreccio tra clan D’Alessandro e politica a Castellammare: indagati figlio e nipote di un consigliere.
#TerremotoGiudiziarioACastellammare: Nuove ombre sulla politica locale mentre il clan D’Alessandro allunga i tentacoli
Castellammare di Stabia è ancora scossa dalle ramificazioni di un’inchiesta giudiziaria che non accenna a placarsi, rivelando quanto profondo sia l’intreccio tra crimine organizzato e vita pubblica in questa città. Come cronista locale che vive queste dinamiche da anni, non posso fare a meno di notare come ogni nuova svolta non solo conferma i sospetti sulla morsa dei clan, ma anche solleva interrogativi imbarazzanti su chi dovrebbe rappresentare i cittadini.
Qui, dove il mare incontra le colline e la storia si mescola con le ombre della camorra, l’ultima proroga delle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sta accendendo i riflettori su connessioni che molti preferirebbero tenere nascoste. Al centro di questa nuova fase investigativa non ci sono solo i soliti protagonisti del sottobosco criminale di Scanzano, ma anche familiari stretti di un esponente politico di spicco: il figlio e il nipote del consigliere comunale Nino Di Maio, presidente della commissione pari opportunità. È un colpo che fa tremare le istituzioni, trasformando un’indagine in un potenziale scandalo capace di erodere la fiducia già fragile dei cittadini.
Il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, Maria Luisa Miranda, concede al sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta sei mesi aggiuntivi per approfondire le accuse di associazione di tipo mafioso, emerse dall’ampia ordinanza sul clan D’Alessandro. Come qualcuno che ha visto queste storie ripetersi nel tempo, mi chiedo quanto ancora dobbiamo scavare per smantellare quella rete invisibile che lega il potere illegale al tessuto economico e politico.
I tre nomi finiti nel registro degli indagati formano un quadro inquietante, che qui a Castellammare interpretiamo come un altro tassello di un mosaico ben noto. Vincenzo Di Maio, 50 anni, figlio del consigliere, e il giovane omonimo Nino Di Maio, 28 anni, nipote, sono accusati di aver stretto un vincolo associativo con Ugo Lucchese, 63 anni, un personaggio che per chi conosce le strade della città non è certo una sorpresa. Lucchese, soprannominato “Ugariello”, è visto dagli inquirenti come una figura chiave, un veterano che funge da ponte tra il vecchio e il nuovo volto del clan D’Alessandro, un gruppo che da decenni influenza appalti, forniture e attività commerciali locali.
Questa indagine non è isolata, ma si collega direttamente al recente blitz che ha svelato le infiltrazioni camorristiche nell’economia reale, aprendo quel che possiamo definire un vaso di Pandora per la comunità. Ora, con familiari di un consigliere implicati in presunti legami con un sodale del clan, l’ombra si allunga inevitabilmente sulla politica stabiese. Anche se Nino Di Maio non è direttamente indagato, la gravità delle accuse ai suoi congiunti evidenzia quella zona grigia dove le relazioni personali potrebbero mascherare interessi più ampi, favorendo il rafforzamento del clan sul territorio. Come giornalista del posto, non posso non commentare: è frustrante vedere come questi intrecci minaccino di corroderci dall’interno, erodendo la già precaria distinzione tra legalità e malaffare.
Nelle ultime ore, il sindaco Luigi Vicinanza ha preso una posizione netta, dichiarando fuori dalla sua coalizione i consiglieri Gennaro Oscurato e Nino Di Maio. Il primo era stato intercettato in conversazioni con Michele Abbruzese, noto come il cassiere del clan e cugino del defunto boss Michele D’Alessandro, un dettaglio che rende questa storia ancora più emblematica delle complesse dinamiche locali. Per i prossimi sei mesi, gli investigatori avranno l’opportunità di trasformare i sospetti in prove concrete o di chiudere il capitolo, ma qui a Castellammare, dove ogni famiglia ha una storia da raccontare, sappiamo che queste inchieste sono solo l’inizio di un lungo cammino verso la trasparenza. È tempo che la città faccia i conti con se stessa, per evitare che il clan D’Alessandro e i suoi alleati continuino a dettare le regole del gioco.
