Cronaca
Caso Nunzia Cappitelli: morte naturale dichiarata, ma la Procura tiene aperto il fascicolo – Segnali di incertezze nel nostro territorio?
Tragedia a Napoli: la scomparsa di Nunzia Cappitelli tra malore e ombre investigative #Napoli #CronacaLocale #ComunitàInLutto
A Napoli, in una periferia che conosce fin troppo bene le storie di vite interrotte, la morte di Nunzia Cappitelli, 51 anni, appare come un triste epilogo di un malore improvviso. Eppure, in una città dove il dubbio è spesso compagno della verità, le indagini continuano a sondare ogni possibile angolo oscuro, ricordandoci come dietro una morte “naturale” possano celarsi domande irrisolte.
L’autopsia, condotta di recente, ha dipinto un quadro che propende per cause naturali, attribuendo il decesso a un probabile collasso improvviso. Ma qui, nella Napoli che conoscevo da sempre – con le sue strade affollate e le storie di quartiere – non è solo questione di rapporti medici. Il medico legale ha chiarito che una lesione alla testa, pur presente, non è stata causata da un’arma o un impatto violento; si tratta più likely di una caduta accidentale in casa, insignificante ai fini del fatal outcome. Aspettiamo ancora i risultati tossicologici per chiudere il cerchio, ma intanto, come cronista del posto, mi chiedo: è davvero così semplice, o è il riflesso di una comunità che, tra denunce passate e silenzi, fatica a fidarsi?
Le autorità, capitanate dalla Squadra Mobile e coordinate dalla Procura di Napoli, non stanno lasciando nulla al caso. Hanno aperto un fascicolo per omicidio – una mossa “di garanzia”, come la definiscono – affidato alla pm Antonella Serio, sotto la supervisione del procuratore aggiunto. È un approccio che qui, nei vicoli della periferia nord, vediamo spesso: partire dall’ipotesi peggiore per escludere ogni ombra. Pesano come macigni quelle due denunce per stalking che Nunzia aveva sporto in passato contro due uomini diversi. Gli investigatori stanno setacciando testimonianze, telefonate e video, nel tentativo di ricostruire i legami e dissipare any hint di coinvolgimento esterno. Da locale, non posso fare a meno di riflettere: in un quartiere dove le donne come Nunzia combattono contro paure quotidiane, questa indagine è un monito, o solo una routine burocratica che rischia di prolungare il dolore?
Questa mattina, i funerali a Marianella hanno offerto un momento di pausa in questa tempesta di incertezze. Nella chiesa di San Giovanni e Sant’Alfonso, amici, parenti e vicini hanno marciato in silenzio davanti alla sua abitazione, trasformando una semplice strada in un simbolo di lutto collettivo. In prima fila, la madre e le figlie di Nunzia, avvolte in un dolore palpabile, protette da un rispetto quasi reverenziale.
A celebrare, don Salvatore Perrotti, che nell’omelia ha dipinto Nunzia come una figura familiare e discreta del quartiere. “Nunzia ha finalmente trovato quella pace che cercava”, ha detto con parole che hanno echeggiato tra i banchi, ricordandoci la sua gentilezza quotidiana. Poi, con un tono che invitava alla riflessione, ha aggiunto: “Oggi è il giorno del silenzio, del rispetto e del dolore”. Come chi vive qui, mi chiedo se queste parole non siano anche un appello alla nostra comunità, spesso travolta da giudizi affrettati e da una giustizia che brancola nel buio.
Al termine della cerimonia, un mazzo di rose chiare è stato posto sulla bara, in un gesto di addio che ha unito tutti. Fuori, l’aria era carica di un silenzio eloquente, punteggiato da interrogativi che aleggiano ancora: e se i risultati tossicologici confermassero davvero la pista naturale? La Procura potrebbe allora archiviare l’ipotesi di omicidio, chiudendo una pagina che ha scosso il quartiere. Ma per ora, la storia di Nunzia resta sospesa, un promemoria per Napoli e i suoi abitanti su quanto fragili siano le nostre certezze, e quanto necessario un esame critico delle ombre che ci circondano.
