Cronaca
Casal di Principe, sgomberata villa confiscata a un boss Casalesi: un piccolo segnale di riscossa contro l’illegalità locale?
#SgomberoVillaCasalesi: A Casal di Principe, un altro passo contro l’ombra della camorra
In un territorio come Casal di Principe, dove le storie di sequestri e confische sono parte del tessuto quotidiano, la restituzione di una villa al Comune rappresenta più di un’operazione di routine: è un segnale di resilienza contro le radici profonde della criminalità organizzata. Qui, dove il clan dei Casalesi ha lasciato cicatrici indelebili, l’intervento delle forze dell’ordine non è solo un atto burocratico, ma un capitolo di una lotta infinita per riscattare spazi abusati.
L’operazione ha visto la liberazione della villa confiscata a Gaetano Darione, un tempo figura di spicco nel clan, che era stata occupata illegalmente da tre persone. Coordinata dalla Questura di Caserta e condotta da agenti del Commissariato locale, con il supporto dei carabinieri, della polizia municipale e dei rappresentanti del Comune, l’azione ha permesso di riportare il bene nelle mani dello Stato, dopo anni di sottrazione alla comunità. Prima dell’accesso all’immobile, gli operatori hanno interrotto le utenze, una misura pragmatica e necessaria per minimizzare i rischi e garantire un esito controllato – un dettaglio che, da queste parti, sa di esperienza maturata sul campo, dove ogni mossa deve essere calcolata per evitare guai peggiori.
Non è mancato, come spesso accade in queste dinamiche locali, un momento di frizione: gli occupanti hanno inizialmente resistito, rifiutandosi di lasciare l’immobile, ma alla fine il nucleo familiare ha abbandonato la villa senza ulteriori incidenti. Una volta svuotata, la struttura è stata formalmente trasferita al Comune di Casal di Principe dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. L’amministrazione, con un’ambizione che merita applausi ma anche un po’ di scetticismo – vista la cronica carenza di fondi e risorse in zona –, mira a convertirla nella sede dell’Ambito sociale di zona, a patto che il Comune assuma il ruolo di capofila. Qui, nel cuore del casertano, dove i servizi sociali sono vitali per contrastare il disagio e l’influenza della camorra sulle giovani generazioni, un tale repurposing non è solo logico, ma essenziale: trasformerebbe un simbolo di illegalità in un pilastro per la rinascita comunitaria.
Tuttavia, la giornata non è stata esente da intoppi. Era in programma anche lo sgombero della villa confiscata a Giuseppe Setola, l’ex leader dell’ala più violenta dei Casalesi, condannato a ergastoli per orrori come la strage dei ghanesi a Castel Volturno. L’operazione è stata rinviata a causa di un difetto nella notifica, e al momento due persone continuano a occupare abusivamente l’immobile. È un ritardo che, per chi vive qui, suona come una beffa familiare: quante volte abbiamo visto questi piccoli errori burocratici diventare alibi per il perpetuarsi dell’abuso? Nel contesto di Casal di Principe, dove la camorra si insinua nelle pieghe della quotidianità, questi sgomberi non sono vittorie isolate, ma tasselli di un mosaico più ampio. Rafforzano la fiducia nelle istituzioni, ma anche ricordano quanto sia fragile il confine tra progresso e recidiva.
Alla fine, eventi come questi ci spingono a riflettere sul cammino tortuoso verso la normalità: il recupero di questi beni è un passo avanti, certo, ma per una comunità come la nostra, segnata da decenni di intimidazioni, resta una battaglia quotidiana per reclamare il territorio e sognare un futuro senza ombre. Qui, dove ogni strada ha una storia da raccontare, la vera sfida è trasformare queste vittorie in cambiamento duraturo.
