Cronaca
Camorra a Napoli: i clan Licciardi e Russo irrompono in clinica per riavere 2,5 milioni, un altro capitolo della vecchia lotta al denaro sporco.
#CamorraSenzaFrontiere: Clan Licciardi e Russo mandano un commando in ospedale per un debito da 2,5 milioni – La realtà batte la finzione
Qui a Napoli e nei dintorni, dove la camorra non è solo un’ombra nei vicoli ma una rete invisibile che si intreccia con la vita quotidiana, l’ultima inchiesta giudiziaria ci ricorda quanto sia sottile il confine tra il crimine organizzato e la normalità. È una storia che pare strappata da una serie TV di successo, con inseguimenti, debiti milionari e un tocco di dramma ospedaliero, ma purtroppo è la cruda verità delle nostre strade, dove i clan come Licciardi e Russo continuano a dettare regole con metodi che sembrano medievali in un mondo digitale.
Al cuore di tutto c’è Giuseppe Manzi, un imprenditore di Palma Campania, accusato di aver orchestrato una truffa ai danni dei clienti Enel attraverso società fasulle e prestanome. Un sistema astuto: prelevare pochi euro alla volta dalle bollette della luce, moltiplicando il danno su migliaia di persone innocenti. Il risultato? Un malloppo stimato in 2,5 milioni di euro, che secondo i magistrati avrebbe dovuto finire nelle tasche dei clan Licciardi, Contini e Di Lauro, rafforzando alleanze nei territori di Nola, Vesuvio e Avellino. Come un giornalista che vive queste dinamiche giorno per giorno, non posso fare a meno di riflettere su quanto questo caso esponi la camorra come un virus adattabile, che si serve di tecnologie moderne per alimentare vecchie logiche di potere e intimidazione – un problema endemico che erode la fiducia nelle istituzioni e nel tessuto sociale della nostra regione.
Ma quando i soldi non arrivano, i clan non esitano a ricorrere alle loro “regole antiche”. Manzi, dopo un incidente spettacolare a 300 all’ora su una Lamborghini, si ritrova ricoverato in una clinica a Sulmona. Pensateci: un luogo che dovrebbe simboleggiare cura e sicurezza diventa un bersaglio. Qui, emerge una vera e propria rete di affiliati – nomi come Abbatiello, Nappi, Russo Paolino, Coppola, Parisi, Sapio, Carandente Sicco, Maturo, Cava, Alfieri e Della Pietra – che collega zone come Secondigliano, Somma Vesuviana, Casoria e Avellino in un mosaico criminale. È impressionante come questi gruppi operino con precisione quasi militare: c’è chi pianifica, chi organizza e chi esegue, trasformando un’operazione di riscossione in una dimostrazione di forza mafiosa.
Le intercettazioni catturate nelle indagini dipingono un quadro vivido e allarmate. Prendete, per esempio, la conversazione del 22 maggio 2023, dove “Lo sapete questo scornacchiato del caffè sta all’ospedale? Ha fatto un incidente a 300 all’ora con la Lamborghini… però sta bene, non è morto”. Qui, Nappi – un collegamento chiave tra i clan napoletani e la rete nolana – rivela non solo i dettagli dell’incidente, ma anche la rabbia per il debito in sospeso. Poi, arriva il nocciolo: “Questo è un …, uno scemo… con certi amici di Napoli: i Contini, i Licciardi, i Di Lauro. Ci hanno portato tre società a questo scemo… caricavano soldi dalle banche, ha messo sopra la bolletta dell’Enel… si prendeva otto euro da ogni bolletta”. È un misto di disprezzo e strategia, che mi fa pensare a quanto la camorra si sia evoluta, mescolando minacce fisiche con frodi digitali, tutto per mantenere il controllo su territori che conosco fin troppo bene.
Non molto tempo dopo, il 18 aprile 2023, le registrazioni catturano un piano quasi grottesco per raggiungere Manzi. In una casa, voci come quelle di Coppola e Sapio discutono apertamente: “Sta uno che lavora dentro da Peppe… ci ha detto che sta troppo bene, al novanta per cento è a casa”, e “Vogliamo sapere com’è la situazione, questo deve dare due milioni e mezzo”. Immaginate: un commando che si muove con cautela, entrando separatamente per non attirare attenzione, fingendo un incontro casuale con un caffè in mano, pronto a “portare via” l’uomo se necessario. È un piano che mescola tecnologia – telefoni criptati e società fittizie – con l’intimidazione pura, un riflesso delle alleanze tra clan come Russo, Licciardi, Fabbrocino e Cava. Come cronista del posto, vedo in questo non solo un fallito tentativo di estorsione, ma un segnale di come questi gruppi rafforzino la loro egemonia, estendendo tentacoli da Palma Campania a Secondigliano, influenzando la vita di tutti noi.
Alla fine, l’operazione non si conclude con il pagamento, ma le prove raccolte – dalle intercettazioni ai piani dettagliati – hanno permesso alla procura di contestare aggravanti mafiose e associazione a delinquere. Questa inchiesta non è solo un colpo alla camorra; è un campanello d’allarme per le nostre comunità, dove il terrore può bussare alla porta di una clinica come in un film, ricordandoci che nessun luogo è davvero al sicuro finché questi clan dominano. In Campania, dove vivo e lavoro, storie come questa alimentano la speranza che la giustizia prevalga, spezzando una volta per tutte queste catene invisibili.
