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Cronaca

Avellino, tensioni esplosive in carcere: rissa tra detenuti italiani e stranieri, un altro segnale di malessere interno.

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Avellino, tensioni esplosive in carcere: rissa tra detenuti italiani e stranieri, un altro segnale di malessere interno.

Tensione in ascesa al carcere di Bellizzi Irpino: rissa tra detenuti e campanello d’allarme sul sovraffollamento #Avellino #CarcereIrpino #PoliziaPenitenziaria

Qui in Irpinia, dove le storie di comunità strette e resilienti si intrecciano con le sfide quotidiane delle istituzioni locali, l’ennesimo scoppio di violenza nel carcere di Bellizzi non fa che evidenziare quanto sia fragile l’equilibrio della sicurezza pubblica. Ieri, 12 novembre, nel reparto “comuni” della Casa Circondariale di Avellino Bellizzi, si è trasformata in una vera e propria esplosione di tensione una lite che ha coinvolto un gran numero di detenuti, sia italiani che stranieri, per motivi ancora da chiarire del tutto.

A dare voce all’allarme è Raffaele Troise, il responsabile della Segreteria Gau Uilpa Polizia Penitenziaria di Avellino, che come sempre si trova in prima linea a difendere chi lavora in un ambiente sempre più complicato. Il suo resoconto sottolinea come l’intervento rapido degli agenti, guidati dalla Sorveglianza e dalla Direzione, sia stato cruciale per evitare il peggio. Nonostante le “non poche difficoltà” nel calmare la situazione e riportare l’ordine, il personale ha lavorato ben oltre il proprio turno, dimostrando ancora una volta quel senso del dovere che, da queste parti, è quasi una tradizione.

Ma come chi vive e respira l’aria di Avellino sa bene, questo episodio non è solo un incidente isolato: è il sintomo di un problema strutturale che sta erodendo le basi della gestione penitenziaria locale. Troise non esita a puntare il dito sul sovraffollamento cronico, una piaga che affligge il nostro territorio e che, secondo lui, rischia di vanificare gli sforzi quotidiani per mantenere la pace. “Ad oggi si contano più di 630 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 500”, una cifra che, per chi conosce le realtà irpine, suona come un grido d’aiuto. Con una sezione dell’istituto chiusa, la pressione sulle aree rimanenti è insostenibile, trasformando un luogo di rieducazione in un potenziale barile di polvere da sparo.

È inevitabile, da un punto di vista locale, riflettere su come questo sovraffollamento non sia solo un dato statistico, ma un riflesso delle disuguaglianze sociali e delle lacune nel sistema giudiziario che toccano da vicino le nostre comunità. Troise lo esprime con chiarezza: “Si sta lavorando quotidianamente per evitare nuove criticità che possano riportare l’Istituto a giorni nefasti”, ma avverte che “in mancanza di interventi per il deflazionamento dell’utenza, la strada intrapresa sembra portare inevitabilmente a una nuova paralisi”. Come cronista del territorio, non posso fare a meno di chiedermi quanto ancora potremo affidarci al solo impegno del personale, senza un vero piano per alleggerire il carico.

In questo contesto, l’appello della Uilpa Polizia Penitenziaria suona come un’urgente richiesta di responsabilità. Mentre elogia “a coloro che costantemente si impegnano per garantire l’ordine e la sicurezza” nel carcere irpino, il sindacato sollecita una “maggiore attenzione” dall’Amministrazione centrale. Troise chiude con un messaggio diretto: “Chiediamo di intervenire celermente per la risoluzione della problematica”, sottolineando che la gestione di queste emergenze non può reggersi solo sul sacrificio di chi è in prima linea. Qui ad Avellino, dove ogni evento come questo risuona nelle famiglie e nelle strade, è chiaro che senza interventi rapidi, potremmo vedere ripetersi scenari che nessuno desidera.

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