Cronaca
Afragola, il clan dei panzarottari guida stese e agguati nel territorio dominate da vecchi equilibri criminali.
#AfragolaSottoAssedio: I “panzarottari” dei Nobile provano a conquistare il territorio, ma la giustizia colpisce duro
Ad Afragola, dove le ombre della camorra si allungano come un’eredità ingombrante, il tentativo di un nuovo gruppo criminale di scalare il potere ha acceso riflettori e paure. Conosco bene queste strade, da giornalista locale che vive il territorio: qui, il vuoto lasciato dai vecchi boss non è mai un’opportunità, ma un rischio che alimenta cicli di violenza, erodendo il tessuto sociale che dovrebbe unire la comunità. Eppure, dietro le quinte di questo ennesimo capitolo, vediamo come il clan dei Nobile, meglio noti come i “panzarottari”, abbia cercato di riempire quel vuoto con metodi brutali, solo per ritrovarsi sgominato da un intervento rapido delle forze dell’ordine.
Il gruppo, radicato nel quartiere Sallicelle, mirava dritto al cuore del controllo: il racket e il traffico di droga, sfruttando l’assenza dei capi storici dei Moccia, arrestati e allontanati. Come qualcuno del posto mi ha confidato, in questi vicoli dove tutti si conoscono, è frustrante vedere come le nuove leve pensino di poter riscrivere le regole con la forza, ignorando le ferite ancora aperte della nostra città. E per imporre la loro presenza, non hanno esitato: negli ultimi mesi, una scia di terrore fatta di “stese”, agguati, attentati e minacce ha tenuto in ansia l’intera comunità, trasformando le nostre piazze in teatri di guerra urbana.
Ma ieri, la musica è cambiata. Su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, dieci tra capi e gregari della cosca sono finiti in carcere, in attesa della convalida da parte del gip. Un’operazione congiunta della Squadra Mobile di Napoli e dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna ha mirato a smantellare questa organizzazione, erede di vecchi legami con i Moccia, che negli ultimi tempi ha mostrato una ferocia che ci fa riflettere sul declino morale del territorio. Da locale che vive queste dinamiche, non posso non notare come questi gruppi mescolino generazioni: tra gli arrestati, spiccano figure come il 53enne Giovanni Castiello e il giovane 18enne Nicola Bassolino, ma è la famiglia Nobile a emergere come il vero perno. Giuseppe Nobile, visto come una figura di primo piano, è tra loro, e la sua cattura è un segnale che il passato non si scrolla via facilmente.
A complicare il quadro, c’è l’arresto di Domenico Tuccillo, figlio del defunto “colonnello” Moccia, “Zì Sante”, che conferma un patto inquietante tra le vecchie e le nuove leve. È un riflesso della nostra realtà: qui ad Afragola, le alleanze criminali non sono mai finite, ma si evolvono, lasciando i residenti a pagare il prezzo. E poi c’è Marco Castiello, 22 anni, un nome che riecheggia indagini passate, come quella sull’omicidio di Pasquale Buono, sottolineando quanto questi network siano trasversali e pericolosi per la stabilità del quartiere.
Le indagini si sono concentrate sull’esplosione di violenza dello scorso ottobre, un mese che ha segnato la nostra città con tre “stese” – quei raid intimidatori a colpi d’arma che, da queste parti, non sono solo notizie, ma ferite reali. Il primo e più drammatico episodio è datato 20 ottobre, in via Sportiglione: un agguato che ha lasciato a terra tre feriti, tra cui Nicola Bassolino (già noto per spaccio), Antonio Patriciello (con precedenti per contrabbando) e Federico Moccia. Gli inquirenti sospettano che l’obiettivo principale sia riuscito a sfuggire, nonostante i proiettili sparati ad altezza d’uomo – un dettaglio che, come cronista, mi fa pensare a quanto la camorra giochi con la vita delle persone, trattando Afragola come un campo di battaglia.
Non c’è stata pausa: la risposta del clan è stata immediata, con un commando che ha inondato di colpi – almeno 40, tra cui da un Kalashnikov – il muro esterno di una casa in vico Murillo Fatigati, per poi spostarsi in località Cinque Vie e sparare contro il balcone di un’abitazione in via Diaz, legata a un pregiudicato rivale. È stata una escalation che ha spaventato tutti, ma che ha anche accelerato la reazione delle forze dell’ordine. Meno di 30 giorni dopo, la Dda ha chiuso le indagini e eseguito i fermi, dimostrando una determinazione che, da locale, saluto con ottimismo: è un segnale che lo Stato non tollera più questi tentativi di destabilizzazione, ma deve essere solo l’inizio per un vero cambiamento.
In una città come Afragola, dove le storie di camorra sono intrecciate con la vita quotidiana, questo blitz non è solo una vittoria legale, ma un monito per tutti noi. Dobbiamo riflettere su come spezzare questi cicli, investendo in comunità più forti e meno vulnerabili, prima che un altro gruppo emerga dalle ombre.
