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Cronaca

A Napoli, un altro stalker condannato: spiava e minacciava l’ex con spyware, un monito per la città.

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A Napoli, un altro stalker condannato: spiava e minacciava l’ex con spyware, un monito per la città.

#StalkerDiSecondiglianoArrestato: Quando il terrore invade le strade di Napoli

A Secondigliano, un quartiere che conosco fin troppo bene per le sue ombre e le sue luci, una giovane donna ha vissuto un incubo che molti qui temono in silenzio: mesi di persecuzione ossessiva, tra minacce digitali e inseguimenti reali, che l’hanno trasformata in una prigioniera nella sua stessa città. Come cronista locale, vedo in storie come questa un riflesso crudo delle dinamiche di violenza che ancora troppo spesso infestano le nostre comunità, dove l’amore distorto può sfociare in un pericolo mortale. Non è solo un fatto di cronaca, è un monito per tutti noi napoletani che viviamo queste realtà quotidiane.

Il tribunale penale di Napoli ha emesso una sentenza che porta un po’ di sollievo in mezzo al caos. Un uomo di 32 anni è stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione per aver tormentato la sua ex-fidanzata, una 26enne, con una combinazione letale di tecnologie invasive e azioni fisiche. Come qualcuno che cammina queste strade ogni giorno, mi chiedo quante volte abbiamo ignorato segnali simili, pensando che “è solo gelosia”. Eppure, le indagini della Procura partenopea hanno dipinto un quadro terrificante: pedinamenti sotto casa, un fiume di messaggi da profili social fittizi, e minacce dirette che hanno trasformato la routine della vittima in un’ansia costante.

Immaginatevi la scena, tipica di Napoli, dove le serate tra amici dovrebbero essere un momento di spensieratezza: la giovane donna è al teatro, forse a gustarsi uno spettacolo che ci ricorda la nostra ricca cultura, quando arriva una videochiamata. L’uomo le mostra un coltello, giurandole che la raggiungerà ovunque. E, come se non bastasse, pochi minuti dopo eccolo lì, materializzato fuori dal teatro, pronto a trasformare le parole in azioni. È questo il realismo brutale che dobbiamo affrontare: in quartieri come Secondigliano, dove la densità urbana amplifica ogni conflitto, lo stalking non è un reato astratto, è una bomba a orologeria che ticchetta nelle nostre vite.

I magistrati della IV sezione “Fasce deboli” hanno agito con tempestività, applicando la custodia cautelare in carcere fin dall’inizio – una scelta che, come sottolinea l’avvocato della vittima, ha evitato esiti ben più drammatici. Da cronista del territorio, non posso fare a meno di commentare come questa decisione rifletta una crescente consapevolezza, ma anche quanto sia ancora insufficiente. Se il processo si fosse svolto con rito ordinario, la condanna avrebbe potuto arrivare a quattro anni, eppure sentenze come questa chiudono capitoli che sfiorano il femminicidio, un flagello che a Napoli colpisce troppo da vicino, alimentato da una società che a volte normalizza il possesso come forma d’amore.

In un quartiere come il nostro, dove le storie di resilienza si intrecciano con quelle di dolore, questa vicenda è un campanello d’allarme. Non basta arrestare un uomo; dobbiamo riflettere sulle radici di questi comportamenti, sul ruolo della tecnologia che rende lo stalking invisibile e ubiquo, e sull’urgenza di supporti per le vittime. Napoli merita di più: vie sicure, comunità unite, e una giustizia che non arrivi solo dopo il terrore. Come chi vive e racconta queste strade, spero che questa storia spinga tutti noi a intervenire prima, non dopo.

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