Cronaca
A Napoli, la camorra giovanile infuria: il colpo misterioso che ha stroncato Pio Marco Salomone, un’altra ferita alla città.
Un’altra giovane vita spezzata nella guerra invisibile di Napoli: il mistero di un colpo letale tra le strade dell’Arenaccia #Napoli #BabyCamorra #ClanInGuerra
Napoli non smette di piangere i suoi figli perduti, intrappolati in un ciclo di violenza che sembra non avere fine. Questa volta, la vittima è Pio Marco Salomone, un diciannovenne con un curriculum già segnato da guai con la giustizia, caduto in un agguato che ha trasformato una banale notte in via Generale Francesco Pinto in un capitolo tragico della cronaca locale. Come cronista che vive queste strade, non posso fare a meno di riflettere su come la nostra città, con il suo fascino e le sue ombre, continui a nutrire queste faide giovanili, dove il controllo dello spaccio e della nightlife diventa un pretesto per spargimenti di sangue.
Il ragazzo è stato raggiunto da un proiettile alla fronte mentre si trovava in auto, nei pressi della sala giochi Planet, nel quartiere Arenaccia. Quel dettaglio, un colpo preciso su un obiettivo in movimento, fa sorgere più domande che risposte tra gli investigatori della Squadra Mobile, che si domandano se si tratti di una semplice fortuna o di un’azione calibrata da qualcuno con esperienza sul campo. Gli amici di Salomone parlano di un evento improvviso e casuale, come se fosse solo un tragico errore di tempismo, ma questa narrazione non convince le forze dell’ordine, che vedono in essa un tentativo di mascherare verità più scomode. “Paranze” di baby camorristi legati ai clan Mazzarella e Contini sono al centro di questa escalazione, in una lotta sotterranea per dominare pezzi di territorio che, come ben so da anni di reportage sul posto, non è solo una questione di soldi, ma di status e sopravvivenza in quartieri dove le opportunità legali scarseggiano.
Le indagini, coordinate con precisione dalla Mobile, puntano dritte a un regolamento di conti mirato. Salomone non era un estraneo a questo mondo: abitava poco distante, in zona piazza Carlo III, e gli archivi della polizia lo etichettavano come una “testa calda”, immerso fino al collo negli ambienti dello spaccio. Tornando indietro di pochi mesi, il suo nome era emerso nell’agosto 2024, durante un blitz dei carabinieri al Parco Geco di via Michele Guadagno, a Sant’Eframo Vecchio, dove furono sequestrati cocaina rosa, marijuana e una pistola semiautomatica calibro 7,65. In quell’occasione, finì in manette insieme ad altri due ragazzi di 18 e 21 anni, un episodio che, come chi frequenta queste zone sa bene, è solo la punta di un iceberg di attività illecite. E non è tutto: appena prima, il 23 luglio, un commando aveva aperto il fuoco con una raffica di venti colpi in piazza Sant’Eframo Vecchio, un’area che Salomone bazzicava spesso, in quello che gli inquirenti definirono non una semplice intimidazione, ma un vero tentato omicidio inseguito per decine di metri.
Questa tragedia è l’ennesimo eco della guerra tra le bande giovanili dei clan Mazzarella e Contini, un conflitto che si combatte con la ferocia dei cartelli sudamericani, ma con protagonisti appena usciti dall’adolescenza. Sono ragazzi che corrono rischi enormi per un pugno di potere, senza comprendere – o forse senza curarsi – delle conseguenze che ricadono su interi quartieri. Da napoletano che ha visto crescere queste dinamiche, mi chiedo come possiamo spezzare questo circolo vizioso: le istituzioni provano a intervenire, ma la fame di controllo e la lealtà mal riposta verso i boss più anziani continuano a mietere vittime. Pio Marco Salomone sapeva di essere nel mirino, con la sua vita già legata a doppio filo a questa faida dove non c’è spazio per le seconde chance. Stanotte, per lui, è arrivata la sentenza finale, un promemoria crudo che, in questa Napoli che amiamo e che ci fa male, la violenza giovanile non è solo un problema dei clan, ma di tutti noi.
