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Cronaca

A Napoli, il Prefetto sorveglia i restauri di Santa Chiara: un segnale per preservare il nostro patrimonio storico.

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A Napoli, il Prefetto sorveglia i restauri di Santa Chiara: un segnale per preservare il nostro patrimonio storico.

Salvaguardia di Santa Chiara: il Prefetto in prima linea per i tesori di Napoli!

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Ah, Napoli, città di contrasti eterni: tra il caos quotidiano delle strade affollate e i gioielli storici che ci ricordano la nostra grandezza passata. In questo contesto, non posso fare a meno di apprezzare – e un po’ criticare con il realismo di chi vive qui – l’impegno del Prefetto Michele di Bari, che continua a battersi per tutelare il patrimonio culturale gestito dal Fondo Edifici di Culto (FEC) nell’area metropolitana. È un passo nella giusta direzione, ma come napoletani, sappiamo bene quanto questi sforzi debbano fare i conti con le priorità spesso accantonate, come il traffico o le emergenze sociali che ci assillano ogni giorno.

Proprio il 20 novembre, sono partiti i saggi esplorativi sulle bifore in piperno della facciata esterna della Basilica di Santa Chiara, uno dei nostri complessi monumentali più iconici, simbolo del gotico-angioino che ha reso Napoli un crocevia di storie millenarie. Questi lavori, che mirano a individuare eventuali parti deteriorate per interventi conservativi immediati, sono un segnale positivo in una città dove il tempo erode non solo le pietre, ma anche la pazienza dei residenti. L’obiettivo è individuare eventuali parti ammalorate che richiedano interventi conservativi immediati, garantendo la preservazione di questo capolavoro gotico-angioino per le generazioni future. Eppure, da un cronista locale come me, non sfugge il fatto che simili iniziative arrivino spesso in ritardo: quante volte abbiamo visto crepe ignorate fino all’ultimo momento, mentre i turisti scattano foto e noi ci chiediamo se qualcuno stia davvero vegliando su questi tesori?

I fondi per queste indagini diagnostiche arrivano dal FEC – Ministero dell’Interno, con un importo di 151.857 euro, e sono affidati a una ditta specializzata che lavora a braccetto con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli. È interessante notare come questo intervento, altamente tecnico e mirato a elementi spesso inaccessibili, rifletta la complessità del nostro territorio: qui, dove ogni palazzo racconta una rivoluzione o un’epopea, preservare il piperno non è solo un atto burocratico, ma un impegno etico contro l’incuria che minaccia la nostra identità. Come qualcuno che frequenta queste vie da una vita, mi chiedo se questi fondi – seppur benvenuti – bastino a coprire le esigenze più ampie, in una città che brulica di monumenti bisognosi, spesso lasciati al loro destino per mancanza di risorse continuative.

Tutto ciò si inserisce in un piano più vasto di valorizzazione del patrimonio culturale napoletano, con la Prefettura che si erge come guardiana principale dei beni del FEC. È una sinergia istituzionale che fa ben sperare, confermando Napoli come pilastro del patrimonio artistico italiano. Ma, con lo spirito critico di un locale, non posso ignorare che questi sforzi debbano evolversi in azioni più incisive: se da un lato applaudiamo l’attenzione su Santa Chiara, dall’altro riflettiamo su come integrare questa tutela con la vita reale dei quartieri circostanti, dove i residenti lottano per mantenere vivo lo stesso spirito che questi monumenti rappresentano.

Alla fine, interventi come questi ricordano a tutti noi napoletani che la vera ricchezza sta nella memoria condivisa. Con opere come questa, non stiamo solo riparando una facciata: stiamo rinforzando l’anima di una città che, nonostante le sue ferite, continua a brillare.

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