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Cronaca

A Ercolano, la procura chiede premeditazione per la strage che ha strappato via le gemelle e l’adolescente, riaccendendo il dolore locale.

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A Ercolano, la procura chiede premeditazione per la strage che ha strappato via le gemelle e l’adolescente, riaccendendo il dolore locale.

#EsplosioneFuochiErcolano: Il processo per la tragedia di Patacca volge al termine, tra giustizia attesa e lezioni amare per il nostro territorio

Ercolano, una comunità che conosce fin troppo bene i rischi nascosti dietro le quinte delle nostre tradizioni, si trova oggi di fronte a un momento cruciale nel processo per l’esplosione di quella fatiscente fabbrica abusiva di fuochi d’artificio. Accaduta il 18 novembre 2024 in contrada Patacca, questa tragedia ha strappato la vita a tre giovani operai in nero, lasciando una ferita aperta che continua a interrogare le coscienze locali. Come cronista radicato in queste strade, non posso fare a meno di riflettere su come eventi del genere non siano solo incidenti isolati, ma sintomi di un sistema precario dove l’economia informale spesso sacrifica vite umane sull’altare del risparmio e della tradizione festiva.

In aula al tribunale di Napoli, l’udienza di martedì 18 novembre 2025 ha segnato un passo decisivo verso la chiusura di questa vicenda. Qui, i dettagli emergono con una cruda chiarezza: l’avvocato Massimo Viscusi, voce delle famiglie colpite, ha chiesto esplicitamente ai giudici di riconoscere l’aggravante della premeditazione per i responsabili, un’accusa che fa eco al sentimento di rabbia diffusa tra noi ercolanesi, consapevoli di quanto queste attività illegali siano tollerate da troppo tempo.

Al centro dell’inchiesta restano Pasquale Punzo e Vincenzo D’Angelo, indicati come i gestori dell’impianto abusivo. Sono loro a dover rispondere di triplice omicidio volontario con dolo eventuale e di caporalato, crimini che, nel mio sguardo critico, rivelano il volto oscuro di un’economia sotterranea che sfrutta giovani in cerca di un’opportunità. I sostituti procuratori Stella Castaldo e Vincenzo Toscano, nella loro requisitoria, hanno proposto pene severe: vent’anni di reclusione per ciascuno dei due principali imputati, un verdetto che potrebbe finalmente imporre un prezzo alto a chi ignora le norme di sicurezza. Non da meno, Raffaele Boccia, accusato di aver fornito la polvere da sparo, si vede richiedere una condanna a quattro anni, un dettaglio che mi porta a commentare come, in territori come il nostro, persino le catene di fornitura illegali siano intrecciate con la quotidianità, rendendo difficile distinguere tra tradizione e irresponsibilità.

Oggi, in quell’aula, non c’era solo la giustizia formale: gli avvocati Francesco Pepe, Nicoletta Verlezza e Ferdinando Letizia hanno portato le voci delle famiglie – rispettivamente la cognata di Tafciu, i parenti delle gemelle Esposito e i genitori di Samuel Tafciu – unendosi a Viscusi per rafforzare la richiesta di accountability. È un coro che risuona nelle nostre piazze, dove la perdita di questi giovani non è solo un numero, ma un monito per una comunità che deve interrogarsi sul perché le fabbriche abusive persistano, alimentate da un mix di povertà e indifferenza istituzionale.

Il 1 dicembre toccherà ai difensori degli imputati tentare di ribaltare la narrazione, ma la sentenza, prevista entro la fine dell’anno, potrebbe segnare un turning point per Ercolano. In un territorio dove i fuochi d’artificio sono parte dell’identità culturale, questa tragedia ha acceso i riflettori su una piaga più ampia: la mancanza di tutele per i lavoratori e la pericolosa convivenza con attività clandestine. Come giornalista locale, vedo in tutto ciò non solo un caso giudiziario, ma un’opportunità per spingere verso cambiamenti reali, affinché le nostre strade non diventino più tombe silenziose. La comunità di Ercolano merita di meglio, e spetta a noi vigilare perché questa storia non si ripeta.

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