Cronaca
A Caivano, rapido processo per il suocero del boss: le minacce a don Patriciello esigono giustizia sul territorio.
#CaivanoNellaMorsa: Proiettile a Don Patriciello, un avvertimento che ferisce l’anima del quartiere! #LottaAllaCamorra #TerraDeiFuochi #GiustiziaPerCaivano
Qui a Caivano, dove il degrado e le ombre dei clan si allungano come una piaga incurabile sulla nostra terra, un episodio che pare uscito da un incubo ha riportato alla luce la ferocia di chi vuole mantenere il controllo. Don Maurizio Patriciello, il parroco che da anni rappresenta la voce della resistenza contro la camorra e l’abbandono istituzionale nel Parco Verde, è stato bersaglio di un’escalation di minacce culminata con la consegna di un proiettile direttamente in chiesa. Non è solo un fatto di cronaca, è un affronto alla coscienza collettiva di una comunità che lotta per non soccombere.
Gli inquirenti hanno ricostruito una campagna di terrore che punta dritto al cuore delle nostre strade: Vittorio De Luca, suocero del noto boss Mimmo Ciccarelli – il “caciotta” del Parco Verde –, attualmente confinato agli arresti domiciliari, è accusato di aver orchestrato anni di persecuzioni contro Don Patriciello. Secondo le prove raccolte, De Luca non si è limitato a gesti isolati, ma ha orchestrato un vero e proprio assedio: appostamenti ossessivi attorno alla parrocchia e all’abitazione del sacerdote, insulti urlati in pubblico e persino davanti ai fedeli, interruzioni deliberate delle messe, e graffiti minacciosi che deturpano i muri del quartiere. Come un cronista locale che vive queste dinamiche ogni giorno, vedo in tutto ciò non solo atti di rabbia personale, ma una strategia calibrata per intimidire chi osa sfidare gli equilibri criminali che strangolano il nostro territorio.
Il culmine di questa storia è un gesto che ci lascia tutti senza fiato: un messaggio di morte, recapitato nel santuario che dovrebbe essere un rifugio di pace e preghiera. È un confine simbolico violato, un’affronto che parla al profondo della nostra identità come comunità. E proprio per la gravità di questo quadro, il Tribunale di Napoli ha scelto di accelerare, optando per un giudizio immediato senza passare dall’udienza preliminare. De Luca dovrà rispondere di atti persecutori, minacce e molestie, aggravate dal contesto ambientale tossico e dalla figura emblematica della vittima.
Don Patriciello non è un estraneo per noi qui a Caivano: è il simbolo vivente della battaglia contro i roghi velenosi, lo spaccio e l’indifferenza delle istituzioni nel Parco Verde, cuore martoriato della Terra dei Fuochi. Le sue prediche e le sue denunce hanno ispirato tanti cittadini a ribellarsi, ma hanno anche reso lui un obiettivo prioritario per chi preferisce l’oscurità al confronto. In un quartiere dove la criminalità organizzata ha radici profonde, come ben sappiamo noi che viviamo queste tensioni quotidiane, eventi del genere non sono isolati – sono segnali di un sistema che tenta di spegnere ogni voce di speranza.
Questa vicenda arriva in un momento cruciale: mentre Caivano è di nuovo alle urne per eleggere un nuovo sindaco e consiglio comunale, dopo due scioglimenti per infiltrazioni camorristiche, il processo contro De Luca diventa un test per la nostra resilienza. Sarà l’aula di tribunale a decidere se questa catena di intimidazioni – dagli appostamenti alle offese, dalle scritte ai quel drammatico proiettile – costituisca un piano premeditato per silenziare un leader spirituale. Ma come giornalista locale, impegnato in prima linea nel raccontare queste storie, non posso fare a meno di riflettere: quante volte lo Stato sarà in grado di proteggere chi, come Don Patriciello, rischia tutto per ridare dignità a un territorio dimenticato? La risposta non è solo nei verbali, ma nelle strade di Caivano, dove la lotta per la legalità continua, un giorno alla volta.
