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Cronaca

Terra dei Fuochi: 1.300 metri cubi di rifiuti a Pinetamare

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Terra dei Fuochi: 1.300 metri cubi di rifiuti a Pinetamare

La Terra dei Fuochi, una ferita aperta

La situazione nella Terra dei Fuochi è diventata sempre più critica e una nuova scoperta ha aggiunto un’altra ferita alla già difficile realtà della zona. I Carabinieri del Reparto Territoriale di Mondragone, insieme ai militari del Nucleo Forestale di Castel Volturno e di Vallo della Lucania, hanno scoperto un deposito abusivo di rifiuti speciali e non, situato all’interno di due capannoni nella zona industriale di Pinetamare.

Dettagli dell’operazione

I Carabinieri hanno trovato un’enorme quantità di materiali di ogni tipo, tra cui legno, plastica, scarti di lavorazioni edili e rifiuti ingombranti, per un volume complessivo di circa 1.300 metri cubi. La discarica illegale, gestita senza alcuna autorizzazione ambientale, è stata sequestrata e l’amministratore unico della ditta, un uomo di 76 anni originario di Napoli, è stato denunciato a piede libero per gestione illecita di rifiuti in violazione al Codice dell’Ambiente.

<h3=L’obiettivo dell’operazione

L’operazione si inserisce nei controlli straordinari per il contrasto agli sversamenti illegali che da anni soffocano il territorio casertano. L’obiettivo è fermare il traffico di rifiuti che alimenta l’inquinamento nella zona simbolo della Terra dei Fuochi. La scoperta è un ulteriore segnale della nécessità di intensificare i controlli e di prendere misure più severe per contrastare il fenomeno degli sversamenti illegali.

Le conseguenze dell’operazione

La scoperta della discarica illegale ha avuto immediate conseguenze. L’intera area è stata sequestrata e l’amministratore unico della ditta è stato denunciato. L’operazione è un passo importante per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica nella zona della Terra dei Fuochi. È essenziale che le autorità continuino a lavorare per prevenire simili situazioni e per garantire che i responsabili dei reati ambientali siano perseguiti con fermezza.

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Cronaca

Cocaina ai Vip della Costiera: Marco “il Diavolo”

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Cocaina ai Vip della Costiera: Marco “il Diavolo”

La Rete Della Cocaina Nella Costiera Amalfitana: Un’Operazione Della Polizia Svela Un Mondo Di Lusso E Di Droga

La Costiera Amalfitana, nota per le sue spiagge da sogno e i suoi alberghi di lusso, cela un segreto: una rete di spacciatori di cocaina che rifornisce turisti facoltosi, imprenditori locali e persino volti noti della ristorazione. L’operazione dei Carabinieri della compagnia di Sorrento, coordinata dalla Procura di Torre Annunziata, ha smantellato esta rete e ha portato alla luce un mondo di lusso e di droga che si nascondeva dietro l’apparenza patinata della regione.

Il Capo E Il Simbolo: Il “Diavolo” Di Positano

A guidare la rete c’era Marco La Camera, un 35enne napoletano di origini ma residente a Positano, noto sui social come “Marco Diavolo”. Sul capo, un tatuaggio inequivocabile: “Niente mi distrugge”, motto di derivazione fascista che aveva scelto come emblema personale. La Camera era il regista della rete che, in appena tre mesi, era riuscita a organizzare oltre 80 cessioni di cocaina tra la penisola sorrentina e la Costiera amalfitana.

Il Linguaggio In Codice E I Clienti Illustri

Le conversazioni tra i membri del gruppo erano spesso velate da metafore e frasi in apparenza innocue. Un modo per riferirsi alle dosi di cocaina e ai clienti da “servire” o meno. Tra i clienti, c’erano anche consumatori locali, come uno chef noto della zona, che avrebbe accumulato un debito di oltre 1.700 euro in cocaina.

Le Misure Cautelari E Il Ruolo Di Ciascuno

All’esito delle indagini, il gip di Torre Annunziata ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare che recepisce integralmente le richieste della Procura. I provvedimenti, eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Napoli, segnano un colpo importante al microtraffico della costiera. Le misure disposte includono la custodia cautelare per Marco La Camera, ritenuto il capo e organizzatore della rete, e misure più lievi per gli altri membri del gruppo.

L’Importanza Del Provvedimento

L’ordinanza del gip rappresenta un passaggio cruciale nella lotta al microtraffico di lusso che, negli ultimi anni, ha trovato terreno fertile nei luoghi simbolo del turismo internazionale. La Costiera Amalfitana, vetrina mondiale di eleganza e mondanità, era diventata anche un mercato discreto e redditizio per la vendita di cocaina a clienti “alto profilo”, spesso in arrivo con yacht o da resort esclusivi. Il blitz dei carabinieri non solo ha smantellato una rete capillare e organizzata, ma ha anche mostrato come il fenomeno dello spaccio turistico di fascia alta sia ormai una nuova frontiera della criminalità locale, capace di intrecciare mondanità e illegalità sotto lo stesso ombrellone.

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Sequestro da un milione al clan Zagaria, scoperto bunker

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Sequestro da un milione al clan Zagaria, scoperto bunker

Nella città di Caserta, un’operazione della Polizia di Stato ha portato a un significativo colpo al patrimonio del clan Zagaria. Il target dell’operazione era Massimo Di Caterino, un personaggio chiave nel clan dei Casalesi, che aveva assunto il ruolo di reggente dopo l’arresto di Michele Zagaria nel 2011. Il sequestro di beni per un valore di circa un milione di euro, disposto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha interessato diversi immobili, automobili e conti correnti intestati a Di Caterino e ai suoi familiari.

Il contesto dell’operazione

L’operazione è stata il risultato di un’attenta indagine condotta dalla Divisione Anticrimine e dal Servizio Centrale Anticrimine, che ha permesso di ricostruire il patrimonio di Di Caterino. Gli investigatori hanno scoperto una netta discrepanza tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, indicativa di attività illecite. Di Caterino, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, era stato arrestato nel 2012 in un immobile-bunker a Sant’Andrea del Pizzone.

La scoperta dei bunker segreti

Durante l’arresto di Di Caterino, gli investigatori trovarono pizzini, una pistola calibro 7,65 e una botola nascosta nella doccia che conduceva a un rifugio segreto. Inoltre, durante le recenti operazioni di sequestro a San Cipriano e Casal di Principe, la Polizia ha scoperto un’altra stanza segreta in una villetta a due piani dotata di videosorveglianza, che sembrava essere un bunker pronto a ospitare una persona in fuga.

Il significato dell’operazione

Il sequestro dei beni di Di Caterino rappresenta un duro colpo al clan Zagaria, dimostrando l’efficacia delle forze dell’ordine nella lotta contro la criminalità organizzata. L’operazione sottolinea l’importanza della cooperazione tra le diverse agenzie di investigazione e dei tribunali nel contrastare le attività illecite e nel proteggere il patrimonio della comunità. La scoperta di strutture segrete e la sproporzione tra beni e redditi dichiarati sono solo alcuni esempi delle strategie utilizzate dalle organizzazioni criminali per nascondere le loro attività illecite.

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Ponticelli: 5 secoli di carcere per clan De Micco-De Martino

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Ponticelli: 5 secoli di carcere per clan De Micco-De Martino

Il clan De Micco-De Martino cade: 44 condanne per associazione mafiosa e reati connessi

Il Tribunale di Napoli ha pronunciato un verdetto storico contro il clan De Micco-De Martino, una delle organizzazioni criminali più potenti e radicate dell’area orientale di Napoli. I 44 imputati, tra cui boss e gregari, sono stati condannati per associazione mafiosa e una lunga serie di reati connessi, tra cui estorsioni, traffico di droga, armi e violenze nei confronti di clan rivali.

– Duro colpo al clan De Micco

Il clan De Micco-De Martino, guidato dai fratelli e alleati De Micco e De Martino, aveva imposto la propria forza criminale sul territorio di Ponticelli e delle aree limitrofe, assicurandosi il monopolio delle piazze di spaccio, la riscossione sistematica del “pizzo” a imprenditori e commercianti e una rete capillare di appoggi e connivenze capace di garantire coperture e latitanze ai vertici del gruppo.

– La struttura del clan

A capo della struttura vi era Marco De Micco, storico boss del rione Conocal, con il ruolo di dirigente e capo dell’organizzazione. A lui facevano riferimento i vari “gruppi” territoriali, tra cui quello guidato da Francesco e Salvatore De Martino, e una fitta rete di referenti operativi e “portatori di imbasciate” che curavano il controllo delle strade, la gestione del denaro e le attività di spaccio.

– Le indagini e le condanne

Le indagini, partite nel 2020 e concluse nel 2024, hanno documentato una struttura mafiosa pienamente armata, con disponibilità di armi da guerra e risorse economiche di provenienza illecita impiegate per infiltrare settori economici del quartiere. Le condanne sono state severe, con pene che vanno da 1 anno e 4 mesi a 20 anni di reclusione. Tra i condannati, vi sono i dirigenti del clan, tra cui Salvatore De Martino e Luigi Minelli, e altri esponenti di vertice, come Francesco Pignatiello e Ciro Giovanni Naturale.

– Gli effetti del verdetto

Il verdetto contro il clan De Micco-De Martino rappresenta un duro colpo per l’organizzazione criminale e un importante successo per la giustizia. La condanna di 44 imputati sottolinea la determinazione delle autorità di combattere la mafia e di proteggere i cittadini dalle attività criminali. Il verdetto è anche un monito per le altre organizzazioni criminali che operano nell’area di Napoli, e rappresenta un passo importante verso la riduzione della violenza e della criminalità nella città.

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