Cronaca
L’amico di Emanuele Tufano sarà affidato a una comunità su richiesta della madre.
La madre di uno dei minorenni feriti nella sparatoria in cui è stato ucciso Emanuele Tufano ha pubblicato un appello sui social, sostenendo di avere più volte chiesto aiuto per il figlio.
Il drammatico appello di una madre
In seguito alla tragica sparatoria in cui ha perso la vita Emanuele Tufano, emergono nuovi dettagli sull’impatto devastante dell’evento sulle famiglie coinvolte. La madre di uno dei ragazzi feriti, profondamente turbata, ha deciso di rivolgersi ai social per lanciare un disperato appello. Nel suo messaggio, la donna ha dichiarato di aver ripetutamente cercato aiuto per il figlio, chiedendo supporto per prevenire ulteriori disastri: “Salvate mio figlio, chiudetelo in comunità”.
Richieste di aiuto inascoltate
La determinazione della madre nel proteggere il proprio figlio dall’ambiente pericoloso in cui si trovava è accompagnata da una profonda frustrazione per il mancato ascolto delle autorità competenti. Secondo la sua testimonianza, più volte ha cercato di ottenere un intervento adeguato che potesse offrire un’alternativa valida e sicura al giovane, ma le sue richieste sono rimaste inascoltate. Questo evento tragico ha riacceso il dibattito sulla necessità di garantire un accesso più efficace alle comunità di supporto per i minorenni a rischio.
Implicazioni sociali ed emotive
L’appello della madre sottolinea i gravi problemi sociali ed emotivi che circondano questi eventi violenti. Le famiglie colpite sono spesso costrette ad affrontare una realtà difficile, cercando soluzioni in un sistema che sembra non rispondere adeguatamente alle loro necessità. L’urgenza di questo appello riporta l’attenzione sulla necessità di interventi strutturali e supporti efficaci per gli adolescenti e le loro famiglie, al fine di prevenire ulteriori tragedie.
Cronaca
Il piano di omicidio ideato da me e papà
Un’operazione di polizia ha portato all’arresto del boss Rosario Piccirillo e del figlio Antonio per tentata estorsione, in seguito alle denunce avanzate dalla tiktoker Rita De Crescenzo e suo marito. L’indagine mira a smantellare gli intrecci criminali che legano il clan federato con l’Alleanza di Secondigliano.
La minaccia diretta alla tiktoker
La tiktoker Rita De Crescenzo ha dichiarato di essere stata minacciata da Antonio Piccirillo, figlio del famigerato boss di Mergellina. La minaccia, che fa parte degli atti giudiziari presi in esame dagli inquirenti, risale ad aprile 2021 ed è legata alla gestione di alcune boe in via Caracciolo. Antonio Piccirillo avrebbe preteso tali posti d’ormeggio, rivendicandoli come proprietà familiare e minacciando di usarli con la forza qualora il rifiuto fosse persistito. Rita De Crescenzo e suo marito, Salvatore Bianco, avrebbero opposto resistenza all’intimidazione, ricevendo come risposta minacce di morte estese al padre Rosario.
Un passato di disconoscimento della camorra
Antonio Piccirillo, noto per essersi distanziato anni fa dalla camorra e aver rinnegato il padre, appare oggi in una luce differente. Dopo il ferimento di una bambina di 4 anni in un agguato del 2019, aveva partecipato ad un sit-in contro la camorra e si era candidato al Comune di Napoli. Tuttavia, nonostante il suo passato di disconoscimento delle pratiche camorristiche, le indagini hanno evidenziato il coinvolgimento del giovane in atti illeciti di estorsione, distorcendo così la sua immagine di paladino anti-camorra.
Un clan sotto esame
L’arresto di Rosario e Antonio Piccirillo evidenzia le complesse dinamiche criminali del territorio napoletano. Le boe oggetto delle minacce appartenevano a un precedente proprietario, deceduto anni fa, e Antonio avrebbe preteso di prenderne possesso per diritto familiare. Le vicende sotto indagine dimostrano quanto sia ancora sfidante contrastare l’influenza di clan ben radicati nella vita sociale della regione, che riescono a imporsi con tentate estorsioni e prepotenze ai danni di imprenditori e privati cittadini.
Cronaca
Permesso concesso per la funzione religiosa presso la Sanità.
Il Questore di Napoli non ha emesso prescrizioni per i funerali di Emanuele Tufano, il 15enne ucciso a Napoli; la funzione potrebbe tenersi giovedì, nel rione Sanità.
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Potrebbero essere celebrati giovedì, 31 ottobre, i funerali di Emanuele Tufano, il 15enne della Sanità ucciso in una sparatoria nel centro di Napoli alle prime ore del 24 ottobre; al momento manca l’ufficialità per data e soprattutto orario ma, a quanto apprende Fanpage.it, si potrà procedere coi funerali pubblici: il Questore di Napoli non ha rilevato potenziali problemi di ordine pubblico e, di conseguenza, non è stata emessa nessuna prescrizione.
Svolta l’autopsia sul corpo di Emanuele Tufano
Oggi si è svolta l’autopsia sul corpo del ragazzo, subito dopo il conferimento dell’incarico. Sulla vicenda sono al lavoro la Procura ordinaria e la Procura per i Minorenni, che coordinano le indagini delegate alla Squadra Mobile della Questura di Napoli. Il ragazzo sarebbe stato colpito da una sola pallottola alla schiena, rivelatasi fatale, durante quello che sarebbe stato uno scontro tra due bande, una proveniente dalla Sanità e l’altro dal quartiere Mercato.
Al momento ci sono due minorenni, entrambi del Mercato, indagati e ritenuti coinvolti nella sparatoria; le accuse sono di possesso di armi, non di omicidio, sebbene avrebbero reso dichiarazioni anche parzialmente autoaccusatorie. Secondo il loro racconto la banda della Sanità avrebbe aperto il fuoco e loro avrebbero risposto per difesa. A sparare sarebbero state, complessivamente, almeno cinque pistole.
I funerali al Rione Sanità del 15enne ucciso
Dopo la tragedia gli amici e i compagni di classe del 15enne, che frequentava l’istituto Caracciolo, hanno fissato cartelli e drappi neri sul luogo dell’omicidio e davanti alla scuola; per il giorno dei funerali sono state preparate delle magliette con una fotografia del ragazzo. Nelle scorse ore è stata vagliata la possibilità di vietare i funerali pubblici, decisione che sarebbe potuta arrivare per motivi di ordine pubblico viste le modalità della morte di Tufano; all’esito delle valutazioni, però, si è alla fine scelto di non emettere nessun divieto.
Cronaca
Carabinieri intervengono nella residenza per anziani.
Una nuova indagine ha scosso il Salernitano, coinvolgendo dieci persone accusate di crimini gravi riguardanti la gestione di una casa di riposo per anziani. Le accuse mosse dalle autorità locali includono sequestro di persona e maltrattamenti nei confronti degli ospiti della struttura.
Una Struttura di Orrore
La struttura residenziale, descritta come un ‘luogo di orrore’, è stata oggetto di operazioni da parte dei carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità di Salerno. L’operazione ha portato all’emissione di dieci misure cautelari, eseguite su disposizione del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Salerno, a seguito della richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica. Gli anziani venivano maltrattati in modi disumani, essendo legati ai loro letti o alle sedie a rotelle, spesso lasciati in stati di igiene deplorevoli e con gravissime carenze nei servizi di base come riscaldamento e acqua calda.
Condizioni Inaccettabili per gli Anziani
Le indagini hanno rivelato come la struttura avesse gravi deficit non solo nella gestione del personale, ma anche nell’assicurare condizioni di vita dignitose agli ospiti. Gli anziani venivano tenuti legati con vecchi maglioni e stracci e lasciati in letti imbevuti di urina, privi di assistenza adeguata e risorse necessarie. La struttura operava incurante delle condizioni critiche degli ospiti, ospitando anche quelli in fin di vita, suggerendo una gestione intenzionata a massimizzare i profitti.
Misure Giudiziarie in Atto
In seguito alle gravi accuse emerse, delle dieci persone coinvolte, una è stata posta agli arresti domiciliari, mentre un’altra ha ricevuto il divieto di condurre attività imprenditoriali o di ricoprire ruoli direttivi in società. Un terzo indagato è sottoposto all’obbligo di presentarsi regolarmente alla polizia giudiziaria. Gli altri sette sono stati colpiti da una sospensione di un anno dall’esercizio della professione di operatore socio sanitario. Queste misure riflettono la serietà delle accuse e l’urgenza di fermare le pratiche dannose nei confronti degli anziani più vulnerabili.