Cronaca
Due preti accusati di violenza sessuale trasferiti al Nord Italia
Afragola: Trasferiti al Nord i Due Preti Accusati di Violenza Sessuale
Africola: I religiosi Padre Domenico Silvestro e Frate Nicola Gildi, ex parroci del santuario di Sant’Antonio ad Afragola, sono stati trasferiti in conventi nel Nord Italia. La decisione è stata presa dall’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, dopo le gravi accuse che pendono sui due frati.
Le Accuse e gli Arresti
Padre Domenico Silvestro è accusato di violenza sessuale, mentre Frate Nicola Gildi affronta ulteriori accuse di concorso in rapina aggravata. Entrambi sono stati arrestati il primo agosto insieme a due imprenditori di Afragola, Giuseppe Castaldo e Antonio Di Maso, anch’essi accusati di rapina aggravata in concorso.
Il Crimine e i Sospetti
Il crimine è stato eseguito materialmente da Danilo Bottino e Biagio Cirillo, due giovani già noti alle forze dell’ordine e sospettati di far parte di un clan criminale locale. Mentre i due imprenditori sono stati posti agli arresti domiciliari, Bottino e Cirillo rimangono in carcere a Poggioreale a causa della loro elevata pericolosità sociale.
Il Procedimento Ecclesiastico
Nel frattempo, la Curia di Napoli sembra aver avviato il processo ecclesiastico per la sospensione “a divinis” di Padre Mimmo Silvestro. Questo provvedimento escluderebbe il prete dall’amministrazione dei sacramenti, inclusi la celebrazione della messa e la confessione.
Dinamiche delle Indagini
Le indagini, dirette dalla procura di Napoli Nord sotto la supervisione di Maria Antonietta Troncone, hanno rivelato che i due religiosi costringevano le loro vittime — un italiano e un extracomunitario — a partecipare a rapporti sessuali e orge di gruppo. In cambio, le vittime ricevevano cibo, supporto economico e promesse di un lavoro stabile e ben retribuito.
Durata degli Abusi e Prove Incriminanti
Questa situazione è durata per tre anni, fino a quando le vittime non sono riuscite a ottenere assistenza legale per difendere i propri diritti. L’avvocato delle vittime ha richiesto un sostanziale risarcimento per gli abusi subiti, fornendo prove registrate sui telefoni delle vittime, comprese conversazioni su app come “Tinder” e “Amigos”.
Tentativo di Coprire le Prove
La situazione è diventata ancora più complicata quando Frate Nicola Gildi ha chiesto l’intervento dei due imprenditori per organizzare una rapina volta a sottrarre i cellulari contenenti le prove incriminanti. Tuttavia, il piano ha avuto solo un parziale successo: uno dei cellulari è stato rubato, mentre l’altro è stato consegnato alle autorità dalle vittime, che hanno indicato padre Gildi come mandante del crimine.
Le accuse contro Padre Domenico Silvestro e Frate Nicola Gildi rappresentano un grave scandalo per la comunità religiosa di Afragola e, più in generale, per la Chiesa. Rimane ora da vedere come si evolverà il procedimento legale e ecclesiastico contro i due frati.
Cronaca
Santo Romano, ucciso a San Sebastiano: “Difficilmente qualcuno indosserà la sua maglia”
A Fanpage.it parla il presidente del Micri, la squadra di Pomigliano d’Arco dove giocava Santo Romano, il 19enne ucciso da un colpo di pistola a San Sebastiano.
Giuseppe Visone, presidente dell’ASD Micri
“Difficile che qualcun altro possa indossare questa maglia, dopo quello che è successo”. Così Giuseppe Visone, presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Micri, la squadra calcistica di Pomigliano d’Arco dove giocava Santo Romano, il 19enne ucciso da un colpo d’arma da fuoco nella notte tra venerdì e sabato a San Sebastiano al Vesuvio, in provincia di Napoli. “Sembra di vivere in un incubo, e invece è la cruda realtà”, commenta Visone a Fanpage.it, mostrando la maglia numero uno indossata dal giovane. “Erano 15 anni che stava con noi, finiva di lavorare la sera e veniva ad allenarsi. Qui ci stava cinque volte a settimana, più la partita il sabato o la domenica, praticamente trascorreva tutta la settimana qui”.
Visone ha affidato ai microfoni di Fanpage.it il suo ricordo del giovane: “Era un ragazzo umile, serio, molto più grande della sua età vista la sua maturità. Da uomo di sport ti dico che è difficile tenere insieme tante persone, tante teste, tante situazioni diverse”, ha proseguito Giuseppe Visone, “però bisogna educarli e fargli capire ogni giorno qual è la strada giusta. Perché nel momento in cui desisti e lasci perdere, hai perso. E ieri sera (venerdì sera, ndr) abbiamo perso tutti”. E ora che guarda la maglia con il numero uno che indossava il giovane, non ha dubbi: “I compagni sono…
Cronaca
Lo sfogo di Geolier: “Facili omicidi, la Napoli che non vorrei: basta”
Il rapper napoletano si sfoga su Instagram. Appena un mese fa aveva detto agli studenti di Pompei: “Un libro è meglio di una pistola”
Il rappert Geolier, pseudonimo di Emanuele Palumbo. Foto / Fanpage.it
Un chiaro riferimento ai “facili omicidi” di questi giorni, con l’aggiunta de “La Napoli che non vorrei”, seguita da un “basta”. Si sfoga così, su Instagram, il cantante Geolier (al secolo Emanuele Palumbo), il rapper partenopeo originario di Secondigliano. Lui, che ha un seguito enorme soprattutto tra i più giovani, ha voluto lanciare così un segnale dopo i recenti fatti di cronaca, che hanno visto due giovanissimi essere uccisi a colpi d’arma da fuoco da due minorenni, in due zone e contesti differenti: da una parte Emanuele Tufano, freddato a 15 anni in via Carminiello al Mercato all’angolo con corso Umberto I, nel cuore di Napoli; dall’altra Santo Romano, 19 anni, ucciso davanti il Municipio di San Sebastiano al Vesuvio, mentre cercava di fare da paciere ad una rissa. E prima ancora, gli omicidi di Giovanbattista Cutolo, 24 anni, a piazza Municipio e quello di Francesco Pio Maimone, 18 anni, a Mergellina. Tutti giovanissimi uccisi a colpi d’arma da fuoco da coetanei.
La storia Instagram di Geolier
Un messaggio lapidario quello di Geolieri: “Facili omicidi. La Napoli che non vorrei. Basta”. Il musicista napoletano, arrivato secondo all’ultimo Sanremo, parla chiaro ai suoi tantissimi fan. E mentre proliferano i messaggi per “disarmare Napoli”, come richiesto anche dall’arcivescovo metropolita di Napoli,…
Cronaca
Santo Romano ucciso a 19 anni nel Napoletano, confessa il 17enne fermato: “L’ho ucciso io”
Il 17enne fermato per l’omicidio di Santo Romano, 19 anni, ha confessato: “L’ho ucciso io, la pistola comprata in un campo rom”.
Santo Romano
Aveva inizialmente negato tutto, dicendo di non saperne nulla. Poi, nella tarda mattinata di oggi, ha ammesso agli inquirenti di avere ucciso lui Santo Romano, il 19enne morto per un colpo di pistola a San Sebastiano nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Il 17enne, napoletano del quartiere di Barra, ha confessato il delitto al pubblico ministero della Procura dei Minori. Le accuse nei suoi confronti sono di omicidio, porto e detenzioni di armi, spari in luogo pubblico e droga: quest’ultima è stata ritrovata nell’automobile sequestrata dagli inquirenti ed all’interno della quale il 17enne avrebbe fatto fuoco contro Santo Romano, intervenuto a fare da paciere durante una lite tra coetanei. Oltre alla confessione, il 17enne ha aggiunto che avrebbe comprato l’arma in un campo rom.
Le indagini dei carabinieri si sono concentrate su di lui incrociando le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti sul posto, ovvero nei pressi del Municipio di San Sebastiano, con la testimonianza del 17enne amico di Santo Romano, rimasto ferito da uno dei due proiettili esplosi. Il giovane arrestato, che domani sarà sottoposto all’interrogatorio per la convalida del fermo, era stato scarcerato dall’Istituto di Pena Minorile di Nisida lo scorso 28 maggio: era stato condannato a un anno e mezzo, con pena sospesa, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e detenzione ai fini…