Cronaca
Origini della Cittadella: Camorra e i Contini, una storia di violenza e potere.
Camorra, “I Contini non ci hanno mai fatto bene…”, così nacque il gruppo della Cittadella
<em>“Questi Contini a noi, non ci hanno mai fatto del bene ofrat, ci hanno sempre sbattuto le porte ni faccia, abbiamo solo fatti i reati per loro, cisiamo bruciati …”.
Il 9 novembre del 2021, Pietro Lucarelli parla con il fratello Gioele senza sapere di essere intercettato. Sono loro due a decidere la scissione dalla famiglia Contini e dalla Stadera, federata alla famiglia dell’Alleanza di Secondigliano.
I due fratelli fondano il gruppo della Cittadella per controllare il traffico di droga a Casoria e nei comuni circostanti. Pur non avendo grandi ambizioni, erano pronti al confronto armato, come dimostra il sequestro di un arsenale composto da pistole, fucili e una bomba rudimentale.
Il “piazzale” di Casoria, situato in via Gigante angolo via Lufrano, serviva da base operativa per il gruppo della Cittadella. Gli agenti della squadra mobile, con il consenso della Dda di Napoli, hanno posizionato telecamere per mesi per monitorare le attività illecite.
La scissione e gli eventi successivi
L’inchiesta sul gruppo della Cittadella inizia con il ferimento di Gioele Lucarelli alle gambe con colpi di pistola il 20 settembre 2021. Questo episodio segue un agguato avvenuto il 2 settembre in cui fu ferito Gennaro De Stefano, alias “Fel e Carn”, del gruppo della Stadera.
Si scopre che il gruppo della Stadera si è diviso in due fazioni, una guidata da Luigi Folchetti nella zona del Priatorio e l’altra inizialmente da Carlo Finizio, poi da Gioele Lucarelli, attiva a Casoria e nella Cittadella.
Gioele Lucarelli, insieme a Carlo Finizio (prima del suo arresto), Pietro Lucarelli e Mario Rosario De Martino, avrebbe formato un gruppo criminale autonomo mirato alla gestione dello spaccio di droga nella zona della Cittadella.
I ruoli dei membri del gruppo
Il gruppo della Cittadella, guidato da Gioele Lucarelli, è accusato di associazione a delinquere per traffico di droga, detenzione di armi, lesioni personali, estorsione e altri reati. Il gip Carla Sarno, nell’ordinanza cautelare, descrive i ruoli dei vari membri coinvolti nell’inchiesta.
Il gruppo della Cittadella include Gioele e Pietro Lucarelli, Carlo Finizio, Mario Rosario De Martino, Antonio Lucarelli, Gennaro Ottaiano, Pasquale Finizio, Francesco De Martino, Salvatore Santoro, Marcella Spinello, Vittorio Albano, Giovanni Granata e Giulio Manfredi.
Il gruppo della Stadera, invece, comprende Giuseppe Romano, Giuseppe Gargiulo, Leonardo Cimminiello e Gennaro De Stefano.
Gli eventi descritti rivelano la complessità delle dinamiche criminali presenti nel territorio e l’importanza delle indagini e delle azioni delle forze dell’ordine per contrastare il fenomeno della camorra.
Cronaca
Santo Romano, ucciso a San Sebastiano: “Difficilmente qualcuno indosserà la sua maglia”
A Fanpage.it parla il presidente del Micri, la squadra di Pomigliano d’Arco dove giocava Santo Romano, il 19enne ucciso da un colpo di pistola a San Sebastiano.
Giuseppe Visone, presidente dell’ASD Micri
“Difficile che qualcun altro possa indossare questa maglia, dopo quello che è successo”. Così Giuseppe Visone, presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Micri, la squadra calcistica di Pomigliano d’Arco dove giocava Santo Romano, il 19enne ucciso da un colpo d’arma da fuoco nella notte tra venerdì e sabato a San Sebastiano al Vesuvio, in provincia di Napoli. “Sembra di vivere in un incubo, e invece è la cruda realtà”, commenta Visone a Fanpage.it, mostrando la maglia numero uno indossata dal giovane. “Erano 15 anni che stava con noi, finiva di lavorare la sera e veniva ad allenarsi. Qui ci stava cinque volte a settimana, più la partita il sabato o la domenica, praticamente trascorreva tutta la settimana qui”.
Visone ha affidato ai microfoni di Fanpage.it il suo ricordo del giovane: “Era un ragazzo umile, serio, molto più grande della sua età vista la sua maturità. Da uomo di sport ti dico che è difficile tenere insieme tante persone, tante teste, tante situazioni diverse”, ha proseguito Giuseppe Visone, “però bisogna educarli e fargli capire ogni giorno qual è la strada giusta. Perché nel momento in cui desisti e lasci perdere, hai perso. E ieri sera (venerdì sera, ndr) abbiamo perso tutti”. E ora che guarda la maglia con il numero uno che indossava il giovane, non ha dubbi: “I compagni sono…
Cronaca
Lo sfogo di Geolier: “Facili omicidi, la Napoli che non vorrei: basta”
Il rapper napoletano si sfoga su Instagram. Appena un mese fa aveva detto agli studenti di Pompei: “Un libro è meglio di una pistola”
Il rappert Geolier, pseudonimo di Emanuele Palumbo. Foto / Fanpage.it
Un chiaro riferimento ai “facili omicidi” di questi giorni, con l’aggiunta de “La Napoli che non vorrei”, seguita da un “basta”. Si sfoga così, su Instagram, il cantante Geolier (al secolo Emanuele Palumbo), il rapper partenopeo originario di Secondigliano. Lui, che ha un seguito enorme soprattutto tra i più giovani, ha voluto lanciare così un segnale dopo i recenti fatti di cronaca, che hanno visto due giovanissimi essere uccisi a colpi d’arma da fuoco da due minorenni, in due zone e contesti differenti: da una parte Emanuele Tufano, freddato a 15 anni in via Carminiello al Mercato all’angolo con corso Umberto I, nel cuore di Napoli; dall’altra Santo Romano, 19 anni, ucciso davanti il Municipio di San Sebastiano al Vesuvio, mentre cercava di fare da paciere ad una rissa. E prima ancora, gli omicidi di Giovanbattista Cutolo, 24 anni, a piazza Municipio e quello di Francesco Pio Maimone, 18 anni, a Mergellina. Tutti giovanissimi uccisi a colpi d’arma da fuoco da coetanei.
La storia Instagram di Geolier
Un messaggio lapidario quello di Geolieri: “Facili omicidi. La Napoli che non vorrei. Basta”. Il musicista napoletano, arrivato secondo all’ultimo Sanremo, parla chiaro ai suoi tantissimi fan. E mentre proliferano i messaggi per “disarmare Napoli”, come richiesto anche dall’arcivescovo metropolita di Napoli,…
Cronaca
Santo Romano ucciso a 19 anni nel Napoletano, confessa il 17enne fermato: “L’ho ucciso io”
Il 17enne fermato per l’omicidio di Santo Romano, 19 anni, ha confessato: “L’ho ucciso io, la pistola comprata in un campo rom”.
Santo Romano
Aveva inizialmente negato tutto, dicendo di non saperne nulla. Poi, nella tarda mattinata di oggi, ha ammesso agli inquirenti di avere ucciso lui Santo Romano, il 19enne morto per un colpo di pistola a San Sebastiano nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Il 17enne, napoletano del quartiere di Barra, ha confessato il delitto al pubblico ministero della Procura dei Minori. Le accuse nei suoi confronti sono di omicidio, porto e detenzioni di armi, spari in luogo pubblico e droga: quest’ultima è stata ritrovata nell’automobile sequestrata dagli inquirenti ed all’interno della quale il 17enne avrebbe fatto fuoco contro Santo Romano, intervenuto a fare da paciere durante una lite tra coetanei. Oltre alla confessione, il 17enne ha aggiunto che avrebbe comprato l’arma in un campo rom.
Le indagini dei carabinieri si sono concentrate su di lui incrociando le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti sul posto, ovvero nei pressi del Municipio di San Sebastiano, con la testimonianza del 17enne amico di Santo Romano, rimasto ferito da uno dei due proiettili esplosi. Il giovane arrestato, che domani sarà sottoposto all’interrogatorio per la convalida del fermo, era stato scarcerato dall’Istituto di Pena Minorile di Nisida lo scorso 28 maggio: era stato condannato a un anno e mezzo, con pena sospesa, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e detenzione ai fini…