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Cronaca

Cristina Frazzica, morta in kayak a Napoli: video della barca pirata

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Cristina Frazzica, morta in kayak a Napoli: video della barca pirata

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Inchiesta sulla Tragedia di Cristina Frazzica: Analisi delle Immagini delle Telecamere

Le indagini sulla tragica morte di Cristina Frazzica, avvenuta in kayak a Napoli, stanno procedendo rapidamente. Le autorità stanno esaminando le riprese delle telecamere di sicurezza di Villa Rosebery, sperando di trovare indizi cruciali per risolvere questo mistero. Un amico penalista che si trovava con la 30enne ha descritto la barca coinvolta come "un bolide", aggiungendo che entrambi si sono lanciati in mare nel tentativo di salvarsi.

Analisi delle Immagini delle Telecamere

Le riprese delle telecamere di Villa Rosebery sono al centro delle indagini. Gli inquirenti stanno vagliando ogni frame, alla ricerca di dettagli che possano chiarire le circostanze della tragica collisione. Ogni immagine potrebbe rivelare informazioni chiave sull’identità dell’imbarcazione pirata e sui suoi movimenti prima dell’incidente.

Dichiarazioni dell’Amico Penalista

L’amico penalista di Cristina Frazzica, che era con lei al momento dell’incidente, ha fornito una testimonianza drammatica. "Era un bolide," ha dichiarato, riferendosi alla velocità della barca coinvolta. Ha raccontato che, vedendo la pericolosità della situazione, si sono tuffati in mare nel tentativo di sfuggire alla collisione. Queste dichiarazioni potrebbero essere decisive nel comprendere la dinamica dell’incidente e nell’identificare i responsabili.

Il Contesto dell’Incidente

Cristina Frazzica, una donna di 30 anni, stava praticando kayak nelle acque di Napoli quando è avvenuta la tragedia. La dinamica esatta dell’incidente è ancora sotto indagine, ma si sospetta che una barca di grosso calibro, identificata come "barca pirata," abbia colpito il kayak con una velocità elevata, causando la morte della giovane donna.

Speranze per la Risoluzione del Caso

La comunità locale e la famiglia di Cristina Frazzica sono in attesa di risposte. Le dichiarazioni del suo amico e le riprese delle telecamere rappresentano un filo di speranza per fare luce su questo tragico episodio. Gli inquirenti sono determinati a identificare l’imbarcazione e gli individui coinvolti per portare giustizia alla famiglia di Cristina.

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I punti ancora oscuri dell’omicidio Vassallo: non si sa ancora chi sparò al sindaco. Il gip: “Clima omertoso”

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I punti ancora oscuri dell’omicidio Vassallo: non si sa ancora chi sparò al sindaco. Il gip: “Clima omertoso”

A distanza di 14 anni, e dopo 4 arresti, non si chiudono le indagini sulla morte del “sindaco pescatore”: gli inquirenti non hanno individuato gli esecutori materiali.

Angelo Vassallo

Ricostruiti (anche se non completamente) gli scenari, i retroscena e il contesto, ma nelle indagini sulla morte di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore”, resta ancora un grande interrogativo: non sono stati individuati gli autori materiali dell’omicidio, ovvero chi materialmente fece fuoco nella serata del 5 settembre 2010. È un aspetto su cui il gip che ha firmato l’ordinanza si è soffermato più volte, lasciando intendere che l’inchiesta non si chiude con l’arresto dei quattro indagati.

Il colonnello Cagnazzo tra i quattro arrestati

Gli arresti sono scattati ieri mattina, 7 novembre. Destinatari dell’ordinanza della Procura di Salerno, emessa a seguito delle indagini dei carabinieri del Ros di Roma, sono il colonnello Fabio Cagnazzo, l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi (già condannato a 15 anni per droga), l’imprenditore Giuseppe Cipriano e Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia e figlio del boss del clan omonimo attivo a Scafati (Salerno).

L’accusa contestata a Cagnazzo è di omicidio volontario in concorso aggravato per avere agevolato un clan e per coprire un altro reato; il riferimento è a un traffico di droga, nel quale i due carabinieri sarebbero stati coinvolti, e che il sindaco Vassallo aveva scoperto e che voleva denunciare. Secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Eugenio D’Atri, Cagnazzo avrebbe…

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Rubano farmaci per la chemioterapia in ospedale: valgono 2 milioni. Arrestati due fratelli a Napoli

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Rubano farmaci per la chemioterapia in ospedale: valgono 2 milioni. Arrestati due fratelli a Napoli

Il furto è andato in scena lo scorso 22 dicembre nella farmacia dell’ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. A quasi un anno di distanza, due fratelli napoletani sono stati arrestati nel capoluogo campano.

A quasi un anno di distanza dal reato, due fratelli napoletani sono stati arrestati nel capoluogo campano dai carabinieri. I due sono indagati per aver rubato, insieme ad altri complici, alcuni farmaci antitumorali, utilizzati per la chemioterapia, dalla farmacia dell’ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna: i medicinali valgono 2 milioni di euro. Per il maggiore dei due fratelli i militari dell’Arma hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, mentre il minore è stato sottoposto agli arresti domiciliari, con l’applicazione del braccialetto elettronico.

Il furto risale alla notte del 22 dicembre 2023. I malviventi, dopo aver forzato una grata di metallo e una finestra, riuscirono ad entrare nella farmacia del nosocomio bolognese e a rubare 815 confezioni di farmaci chemioterapici antitumorali, del valore complessivo di 1.909.680 euro. Grazie alla collaborazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Bologna e di quelli partenopei, i due fratelli sono stati individuati e rintracciati, 11 mesi dopo, e nei loro confronti sono state applicate le misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Bologna, su richiesta della Procura emiliana.

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Giovani e pistole, padre Alex Zanotelli: “La borghesia napoletana odia le periferie”

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Giovani e pistole, padre Alex Zanotelli: “La borghesia napoletana odia le periferie”

Il padre comboniano lancia un appello ai giovani: “Dovete cambiare un sistema”. Non serve un nuovo “Decreto Caivano” ma che le istituzioni e la borghesia rispondano alle esigenze delle periferie.

Aveva già celebrato i funerali di Genny Cesarano, vittima innocente della camorra, ucciso a 17 anni durante una stesa nel Rione Sanità nel 2015, padre Alex Zanotelli ha celebrato, insieme agli altri parroci del territorio ed il vescovo di Napoli Don Mimmo Battaglia, i funerali di Emanuele Tufano, ucciso a 15 anni con un colpo di pistola. Dopo pochi giorni da quell’omicidio frutto di uno scontro tra giovanissimi armati di pistole, a perdere la vita è stato Santo Romano, a San Sebastiano al Vesuvio, un ragazzo di 19 anni ucciso da un altro giovanissimo a colpi d’arma da fuoco per futili motivi. Più che un’emergenza la diffusione di armi e di fatti di sangue commessi da giovanissimi nell’area metropolitana di Napoli, ha il carattere di un fenomeno sociale vero e proprio. Padre Zanotelli, da sempre vicino agli ultimi, si batte con costanza per chiedere alle istituzioni interventi concreti in città in favore dei minori per combattere attraverso politiche inclusive e di recupero, il dilagare dei fenomeni criminali tra le giovani generazioni.

Padre Alex che effetto le ha fatto l’ennesimo giovanissimo ucciso a colpi di pistola?

Sono rimasto profondamente scosso da questa ennesima morte. Avevo tra l’altro celebrato già i funerali di Genny (Cesarano ndr), e già allora avevo pianto, lui aveva 17 anni. Emanuele ne aveva 15,…

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