Cronaca
I clan si scambiavano l’elenco segreti tra di loro


Immagine di repertorio
Le attività che pagavano il pizzo alla camorra a Caivano e nelle zone limitrofe finivano in una “lista”, un elenco che veniva custodito dal clan che al momento deteneva il potere e che, quando c’era un avvicendamento, veniva tramandata ai successori: un modo perché gli imprenditori continuassero a pagare, a prescindere da quale fosse il gruppo criminale di riferimento al momento, assicurando così un gettito di denaro continuo. La “lista”, così viene chiamata dagli indagati intercettati, ricorre più volte nell’ordinanza che ha portato all’arresto di 14 persone oggi a Caivano, ritenute affiliate al clan guidato da Antonio Angelino, detto “Tibiuccio”.
Blitz a Caivano, 14 arresti nel clan Angelino
Le misure sono state eseguite questa mattina, 12 marzo, dai carabinieri della Compagnia di Castello di Cisterna. Tra i destinatari figurano il boss “Tibiuccio”, già detenuto, e Raffaele Bervicato, ritenuto tra i suoi più fidati collaboratori. In manette anche un agente della Polizia Muncipale e suo figlio: i due avrebbero provveduto alle esigenze di Angelino durante la latitanza, prendendo anche in affitto una abitazione di Castelvolturno dove il boss si era nascosto per sfuggire alle ricerche dei carabinieri per circa un mese prima del suo arresto, avvenuto nel luglio 2023.
A Caivano la “lista” degli imprenditori vessati dal racket
La “lista” viene nominata più volte nell’ordinanza, a custodirla sarebbe stata una donna, unica degli indagati finita agli arresti domiciliari (per gli altri è stato disposto il carcere). Secondo i magistrati quell’elenco non raccoglieva soltanto le vittime del clan Angelino, ma tutti gli imprenditori della zona che anche in passato avevano pagato il pizzo ad altre organizzazioni criminali: si tramandava tra i diversi clan succedutisi sul territorio e questa continuità serviva anche a rendere chiaro alla vittima che la richiesta estorsiva proveniva dal gruppo in quel momento egemone.
Cronaca
Martina Carbonaro ancora viva sotto l’armadio: orrore nell’autopsia

La Storia di Martina Carbonaro: Un Caso di Femminicidio che Sgomenta
La vicenda di Martina Carbonaro, la giovane ragazza di 14 anni originaria di Afragola, uccisa nel mese di maggio e il cui corpo è stato ritrovato all’interno di un edificio dell’ex stadio “Moccia”, rappresenta un’espressione di violenza così estrema e inaudita che i suoi dettagli, emersi a seguito delle indagini e delle perizie, raccontano una storia di un orrore quasi incredibile. La violenza che ha caratterizzato questo femminicidio ha scosso profondamente la comunità, sollevando interrogativi fondamentali sulla sicurezza e sulla protezione delle giovani donne nella società.
Gli Accertamenti e le Indagini
Gli accertamenti condotti sul caso hanno incluso l’analisi di alcuni capelli, che sono stati trovati vicino al luogo del ritrovamento del corpo. Questi elementi sono stati sottoposti a esami approfonditi al fine di determinare se potessero essere collegati all’omicidio o se potessero fornire qualsiasi indizio utile per identificare il responsabile di questo crimine orrendo.
Le Perizie e i Dettagli Emergenti
Le perizie condotte sul corpo di Martina Carbonaro hanno rivelato una violenza di una brutalità senza pari. I dettagli emersi da queste indagini forensi dipingono un quadro di una fine tragica e terribile, che riflette un atto di violenza esercitata con estrema crudeltà. Questi elementi sono stati cruciali per comprendere i momenti finali della vita di Martina e per proseguire le indagini mirate a identificare e perseguire il responsabile di questo atto efferato.
L’Impatto sulla Comunità e la Richiesta di Giustizia
Il caso di Martina Carbonaro ha avuto un impatto profondo sulla comunità di Afragola e oltre, scuotendo le coscienze e sollevando una forte richiesta di giustizia. La perdita di una vita così giovane e piena di promesse in modo così crudele e ingiusto ha mobilitato l’opinione pubblica, che chiede non solo giustizia per Martina e per la sua famiglia, ma anche un impegno rinnovato nella lotta contro la violenza di genere e per la sicurezza delle donne.
Cronaca
Funerali di Ciro Rapuano, Napoli in lutto e rabbia

Napoli è stata scossa da una tragedia che ha lasciato la città nel dolore e nella rabbia. L’uccisione di Ciro Rapuano, un 59enne che è stato brutalmente assassinato a coltellate nel cuore di Forcella, ha suscitato un’ondata di emozioni che sono state palpabili durante i funerali celebrati nella storica chiesa della Pietà dei Turchini, in via Medina. La comunità si è ritrovata per rendere omaggio alla vittima e per esprimere il proprio cordoglio ai familiari e agli amici di Ciro.
La cerimonia funebre
La cerimonia funebre ha visto la partecipazione di numerosi fedeli che hanno voluto rendere omaggio a Ciro Rapuano. Il feretro dell’uomo è stato accolto con un lungo e commosso applauso, segno della stima e dell’affetto che la comunità nutriva nei suoi confronti. La rabbia e il dolore per la sua morte sono stati palpabili in ogni momento della cerimonia, che si è svolta in un’atmosfera di grande emozione.
La reazione della comunità
La comunità di Napoli ha reagito con sdegno e tristezza alla notizia dell’uccisione di Ciro Rapuano. La sua morte ha suscitato un forte risentimento nei confronti di coloro che hanno compiuto il crimine e ha risvegliato il desiderio di giustizia e di sicurezza nella città. I funerali di Ciro Rapuano sono stati un’occasione per la comunità di unirsi e di manifestare il proprio sostegno ai familiari e agli amici della vittima.
Il ricordo di Ciro Rapuano
Ciro Rapuano sarà ricordato come un uomo che ha lasciato un segno indelebile nella comunità di Napoli. La sua morte è stata una perdita per tutti coloro che lo conoscevano e lo stimavano. I funerali hanno rappresentato un’occasione per celebrare la sua vita e per rendergli omaggio. La sua memoria verrà preservingata viva nel cuore della comunità, che continuerà a lottare per la giustizia e per la sicurezza nella città.Fonte
Cronaca
Bodybuilder napoletano fermato a Isernia con anabolizzanti

I recenti controlli a tappeto effettuati dalla Guardia di finanza a Isernia hanno portato a una scoperta significativa. Un bodybuilder napoletano è stato fermato e denunciato dopo che è stato trovato in possesso di una grande quantità di anabolizzanti vietati. L’uomo era stato sottoposto a un’ispezione veicolare da parte dei militari del Comando provinciale, che hanno scoperto numerose compresse all’interno della sua auto.
La scoperta degli anabolizzanti
I militari della Guardia di finanza hanno condotto un’operazione di controllo a tappeto a Isernia, portando alla luce una vicenda che ha destato grande preoccupazione. Il bodybuilder napoletano, che non ha voluto farsi identificare, è stato fermato e sottoposto a un’ispezione approfondita. All’interno della sua auto, i militari hanno trovato un ingente quantitativo di anabolizzanti, sostanze vietate per via dei loro effetti collaterali e delle gravi conseguenze per la salute.
Le conseguenze per il bodybuilder
Il bodybuilder napoletano è stato denunciato e dovrà rispondere delle accuse a livello legale. Gli anabolizzanti rappresentano un problema serio per la salute pubblica, in quanto possono causare gravi danni fisici e psicologici. L’uso di queste sostanze è vietato e può comportare severe sanzioni penali. La Guardia di finanza continua a lavorare per contrastare il traffico degli anabolizzanti e proteggere la salute della comunità.
La lotta contro gli anabolizzanti
La scoperta degli anabolizzanti a Isernia rappresenta soltanto uno degli episodi di una più ampia lotta contro il traffico di sostanze dopanti. La Guardia di finanza e le altre forze dell’ordine sono impegnate in un’opera di controllo e prevenzione per tutelare la salute dei cittadini e combattere il fenomeno del doping. Gli sforzi congiunti delle autorità hanno già portato a numerous arresti e sequestri, e la lotta contro gli anabolizzanti resta una priorità per garantire una società più sana e sicura.
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