Cronaca Giudiziaria
Boss Vincenzo Di Lauro and 4 accomplices jailed for extortion at Arzano slot parlor
C’è anche F2 ovvero Vincenzo Di Lauro, 49 anni il secondogenito dell’ex capozona di Secondigliano, Paolo Di lauro alias Ciruzzo o’ milionario tra i cinque arrestati dai carabinieri su disposizione della Dda di Napoli per una estorsione da oltre 100mila euro ai danni di un imprenditore di Arzano.
L’ordinanza cautelare, firmata dal gip Chiara Bardi, ha raggiunto in carcere oltre a Di Lauro anche Umberto Lamonica di 45 anni e una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine come Giovanni Cortese, o’ cavallaro.
Il 43enne nelle scorse settimane era raggiunto dall’ordinanza sul narcotraffico con 29 arresti legati ai super nacors Raffaele Imperiale e Bruno Carbone.
In manette anche il figlio del defunto boss Federico Bizzarro
In manette stamane invece sono finiti Gennaro Bizzarro, 44 anni, figlio di Federico Bizzarro che, fino al giorno in cui fu assassinato a Qualiano (il 26 aprile 2004 siamo, quindi, ancora in periodo pre-faida, scoppiata “convenzionalmente” il successivo 30 ottobre 2004, con il duplice omiciido Montaino – Salierno), era il capozona di Melito per il clan Di Lauro. E infine Mario Cortese, 21 anni congiunto di Giovanni Cortese.
A Vincenzo Di Lauro e Umberto Lamonica viene imputata la partecipazione a un’estorsione congiunta di 100.000 euro ai danni del gestore di una sala slot ad Arzano. Il denaro è stato ottenuto mediante minacce di vario genere, sia esplicite che implicite.
La vittima è stata pressata a cedere la sua sala slot, fonte di notevoli guadagni, in cambio di 150.000 euro, con la promessa di protezione da parte del compagno della sua ex moglie, il quale minacciava rappresaglie a seguito di dissidi pregressi.
Di fronte al rifiuto del gestore, è stato successivamente richiesto più volte il pagamento di un pizzo, inizialmente fissato a 280.000 euro ma successivamente ridotto a 100.000 euro durante un incontro avvenuto il 22 dicembre 2018.
A tale summit hanno preso parte Di Lauro, Lamonica e un intermediario. Secondo le indagini, l’8 gennaio 2019, la vittima ha effettivamente versato la somma nelle mani di un rappresentante del clan Di Lauro.
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Cronaca Giudiziaria
Latitante tradito dai parenti influencer: arrestato Carabinieri in Spagna per legami con la Camorra.
La scoperta attraverso i social
La storia di Vincenzo Matacena, 39enne del rione Traiano ricercato per traffico di droga, ha preso una piega inaspettata grazie ai social media. Dopo essere fuggito in Spagna per rifarsi una vita come pizzaiolo a Valencia, Matacena è stato individuato grazie all’analisi dei profili social dei suoi familiari.
Le prove sui social
Una storia Instagram pubblicata da un parente ha svelato la presenza di Matacena in Spagna, mentre altri indizi sono emersi da video condivisi da persone vicine al ricercato. In particolare, un video di “unboxing” ha permesso ai Carabinieri di risalire all’indirizzo di Matacena, mentre altri video lo hanno mostrato insieme alla moglie, al figlio e durante il suo lavoro in pizzeria.
Curiosamente, la maglia del figlio in uno dei video ha rivelato il nome della scuola che frequentava, fornendo ulteriori dettagli utili per l’indagine.
L’arresto e l’attesa dell’estradizione
Grazie alla collaborazione con la Polizia Nazionale Spagnola, Matacena è stato arrestato e attualmente si trova in un carcere spagnolo in attesa di estradizione. La sua fuga e il tentativo di ricominciare una nuova vita sono stati vanificati dalla paziente ricerca condotta attraverso i social media, dimostrando una volta di più il potere e l’importanza di questi strumenti nella lotta alla criminalità.
Cronaca Giudiziaria
Gratteri: mafia in pareggio, lotta ancora in corso
La trasformazione della mafia e la necessità di investire in ingegneri informatici
Il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha presentato il report della Fondazione Magna Grecia sul cyber crime nella sede Onu di New York, evidenziando la rapida trasformazione della mafia. Secondo Gratteri, le organizzazioni criminali sono in grado di gestire grandi quantità di droga e oro attraverso transazioni online senza spostarsi dai propri luoghi di residenza.
La lotta alla mafia e il ruolo delle forze dell’ordine
Gratteri ha sottolineato l’importanza di investire in giovani ingegneri informatici per contrastare efficacemente la criminalità organizzata. Ha evidenziato che le mafie stanno abbandonando i tradizionali mezzi di estorsione per concentrarsi sul commercio di droga, un settore estremamente redditizio che genera ingenti profitti ogni anno.
Le nuove sfide della lotta al crimine online
L’evoluzione delle mafie verso il cyber crime rappresenta una sfida per le forze dell’ordine, che devono adattarsi e potenziare le proprie capacità investigative. Gratteri ha evidenziato come le mafie siano in grado di sfruttare le nuove tecnologie per compiere azioni illegali, come il riciclaggio di denaro attraverso banche online create ad hoc.
Gratteri ha anche avvertito sul pericolo che le mafie accumulino sempre più ricchezza, con conseguente impatto sull’economia globale. È quindi fondamentale intensificare gli sforzi nella lotta al crimine organizzato e investire in nuove competenze per contrastare questa nuova forma di criminalità.
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Cronaca Giudiziaria
Scopri i misteri del pentimento di Schiavone, il boss sanguinario.
Perché Sandokan si è pentito?
La decisione di collaborare con la giustizia da parte dell’ex boss dei Casalesi, Sandokan, ha suscitato domande tra gli addetti ai lavori dell’antimafia. I magistrati stanno ascoltando le sue confessioni da circa un mese, ma il motivo preciso del suo pentimento non è ancora chiaro agli occhi del pubblico.
Le ipotesi sul pentimento di Sandokan
Una delle ipotesi riguarda il miglioramento delle condizioni detentive come motivazione principale di Sandokan per collaborare. Potrebbe aver scelto questa strada per ottenere benefici penitenziari e puntare a una possibile liberazione anticipata in futuro.
Un’altra possibile ragione potrebbe essere legata alla sicurezza dei suoi familiari. La moglie Giuseppina Nappa e i sette figli potrebbero aver avuto un ruolo determinante nel suo pentimento, con alcune figlie che si sono già dichiarate disponibili a collaborare con le autorità e ad entrare nel programma di protezione.
La riunificazione familiare potrebbe essere un altro motivo dietro la decisione di Sandokan di pentirsi. Con alcuni figli già in carcere e uno che ha rifiutato di collaborare, la scelta potrebbe essere stata volta a cercare una forma di unità familiare, anche attraverso la collaborazione con la giustizia.
Infine, motivi personali come una diagnosi di tumore nel 2018 potrebbero aver giocato un ruolo nel pentimento di Sandokan. La consapevolezza della sua malattia e la possibile disgregazione del suo clan potrebbero averlo spinto a compiere questa scelta per mandare un messaggio agli ex affiliati e rivali.
Il futuro di Sandokan
Le confessioni di Sandokan potrebbero avere un impatto diretto nella lotta alla criminalità organizzata in Campania. Il destino dell’ex boss dipenderà dalle informazioni che fornirà attraverso la collaborazione e dalla loro importanza per le indagini in corso.
Al momento, le vere ragioni del suo pentimento rimangono avvolte nel mistero. Solo il tempo e lo sviluppo del processo di collaborazione potranno fare chiarezza sui reali motivi che hanno spinto Sandokan a tradire il suo clan.