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Cronaca Giudiziaria

Boss Mazzarella condannato a 15 anni per traffico internazionale droga

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Boss Mazzarella condannato a 15 anni per traffico internazionale droga

La Corte d’Appello di Bari ha confermato la condanna a 15 anni di reclusione per Pasquale Mazzarella, un uomo di 56 anni originario di Napoli. È considerato dalla Procura il promotore e l’organizzatore di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti tra la Spagna e l’Italia, in particolare nelle province di Napoli e Bari.

I giudici di secondo grado hanno confermato la pena inflitta dal Tribunale nel dicembre 2017, ma hanno escluso l’aggravante della transnazionalità. Mazzarella, che al tempo dei fatti viveva a Malaga, avrebbe avuto compiti di “procacciamento, occultamento, stoccaggio e trasporto di notevoli quantitativi di sostanza stupefacenti fatti pervenire in Italia per il tramite del cugino, Alfonso Mazzarella.

L’organizzazione di Mazzarella si componeva di due sottogruppi operanti a Bari e in provincia. L’esponente di riferimento per Bari era Michele Mallardi, ritenuto vicino al clan Capriati della città vecchia e condannato, in abbreviato, a 18 anni e 8 mesi di reclusione. Secondo quanto emerso, la droga arrivava dalla Spagna al gruppo gestito a Napoli da Alfonso Mazzarella, che poi si occupava di rifornire i baresi. Le indagini sono state condotte dalla guardia di finanza e coordinate dalla Dda di Bari.

Con Mazzarella erano imputate altre tre persone: Bartolomeo Carella e Teresa Allegretta, condannati in primo grado rispettivamente a due anni e sei mesi e a un anno e sei mesi per tentato traffico di stupefacenti e detenzione e cessione di monete false. La Corte ha dichiarato il non doversi procedere nei loro confronti perché i reati sono estinti per prescrizione.

Anche l’accusa di traffico di stupefacenti è caduta, sempre per prescrizione, nei confronti di Angela Raggi, la cui condanna è stata ridotta a due anni e quattro mesi perché riconosciuta componente di uno dei sottogruppi baresi dell’organizzazione.
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Cronaca Giudiziaria

Latitante tradito dai parenti influencer: arrestato Carabinieri in Spagna per legami con la Camorra.

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Latitante tradito dai parenti influencer: arrestato Carabinieri in Spagna per legami con la Camorra.

La scoperta attraverso i social

La storia di Vincenzo Matacena, 39enne del rione Traiano ricercato per traffico di droga, ha preso una piega inaspettata grazie ai social media. Dopo essere fuggito in Spagna per rifarsi una vita come pizzaiolo a Valencia, Matacena è stato individuato grazie all’analisi dei profili social dei suoi familiari.

Le prove sui social

Una storia Instagram pubblicata da un parente ha svelato la presenza di Matacena in Spagna, mentre altri indizi sono emersi da video condivisi da persone vicine al ricercato. In particolare, un video di “unboxing” ha permesso ai Carabinieri di risalire all’indirizzo di Matacena, mentre altri video lo hanno mostrato insieme alla moglie, al figlio e durante il suo lavoro in pizzeria.

Curiosamente, la maglia del figlio in uno dei video ha rivelato il nome della scuola che frequentava, fornendo ulteriori dettagli utili per l’indagine.

L’arresto e l’attesa dell’estradizione

Grazie alla collaborazione con la Polizia Nazionale Spagnola, Matacena è stato arrestato e attualmente si trova in un carcere spagnolo in attesa di estradizione. La sua fuga e il tentativo di ricominciare una nuova vita sono stati vanificati dalla paziente ricerca condotta attraverso i social media, dimostrando una volta di più il potere e l’importanza di questi strumenti nella lotta alla criminalità.

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Cronaca Giudiziaria

Gratteri: mafia in pareggio, lotta ancora in corso

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Gratteri: mafia in pareggio, lotta ancora in corso

La trasformazione della mafia e la necessità di investire in ingegneri informatici

Il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha presentato il report della Fondazione Magna Grecia sul cyber crime nella sede Onu di New York, evidenziando la rapida trasformazione della mafia. Secondo Gratteri, le organizzazioni criminali sono in grado di gestire grandi quantità di droga e oro attraverso transazioni online senza spostarsi dai propri luoghi di residenza.

La lotta alla mafia e il ruolo delle forze dell’ordine

Gratteri ha sottolineato l’importanza di investire in giovani ingegneri informatici per contrastare efficacemente la criminalità organizzata. Ha evidenziato che le mafie stanno abbandonando i tradizionali mezzi di estorsione per concentrarsi sul commercio di droga, un settore estremamente redditizio che genera ingenti profitti ogni anno.

Le nuove sfide della lotta al crimine online

L’evoluzione delle mafie verso il cyber crime rappresenta una sfida per le forze dell’ordine, che devono adattarsi e potenziare le proprie capacità investigative. Gratteri ha evidenziato come le mafie siano in grado di sfruttare le nuove tecnologie per compiere azioni illegali, come il riciclaggio di denaro attraverso banche online create ad hoc.

Gratteri ha anche avvertito sul pericolo che le mafie accumulino sempre più ricchezza, con conseguente impatto sull’economia globale. È quindi fondamentale intensificare gli sforzi nella lotta al crimine organizzato e investire in nuove competenze per contrastare questa nuova forma di criminalità.

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Scopri i misteri del pentimento di Schiavone, il boss sanguinario.

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Scopri i misteri del pentimento di Schiavone, il boss sanguinario.

Perché Sandokan si è pentito?

La decisione di collaborare con la giustizia da parte dell’ex boss dei Casalesi, Sandokan, ha suscitato domande tra gli addetti ai lavori dell’antimafia. I magistrati stanno ascoltando le sue confessioni da circa un mese, ma il motivo preciso del suo pentimento non è ancora chiaro agli occhi del pubblico.

Le ipotesi sul pentimento di Sandokan

Una delle ipotesi riguarda il miglioramento delle condizioni detentive come motivazione principale di Sandokan per collaborare. Potrebbe aver scelto questa strada per ottenere benefici penitenziari e puntare a una possibile liberazione anticipata in futuro.

Un’altra possibile ragione potrebbe essere legata alla sicurezza dei suoi familiari. La moglie Giuseppina Nappa e i sette figli potrebbero aver avuto un ruolo determinante nel suo pentimento, con alcune figlie che si sono già dichiarate disponibili a collaborare con le autorità e ad entrare nel programma di protezione.

La riunificazione familiare potrebbe essere un altro motivo dietro la decisione di Sandokan di pentirsi. Con alcuni figli già in carcere e uno che ha rifiutato di collaborare, la scelta potrebbe essere stata volta a cercare una forma di unità familiare, anche attraverso la collaborazione con la giustizia.

Infine, motivi personali come una diagnosi di tumore nel 2018 potrebbero aver giocato un ruolo nel pentimento di Sandokan. La consapevolezza della sua malattia e la possibile disgregazione del suo clan potrebbero averlo spinto a compiere questa scelta per mandare un messaggio agli ex affiliati e rivali.

Il futuro di Sandokan

Le confessioni di Sandokan potrebbero avere un impatto diretto nella lotta alla criminalità organizzata in Campania. Il destino dell’ex boss dipenderà dalle informazioni che fornirà attraverso la collaborazione e dalla loro importanza per le indagini in corso.

Al momento, le vere ragioni del suo pentimento rimangono avvolte nel mistero. Solo il tempo e lo sviluppo del processo di collaborazione potranno fare chiarezza sui reali motivi che hanno spinto Sandokan a tradire il suo clan.

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