Cronaca Giudiziaria
La lettera-testamento di Marcello Torre all’Anci: il messaggio sulla Camorra
Pagani. La lettera-testamento di Marcello Torre, il primo cittadino di Pagani ucciso dalla camorra l’11 dicembre del 1980, è stata consegnata alla figlia Annamaria e ad Agnese Moro, figlia di Aldo, al presidente nazionale di Avviso pubblico, Roberto Monta’, e al vicepresidente di Anci Campania, Antonio Del Giudice.
La cerimonia si è svolta nell’aula del Consiglio regionale della Campania, in occasione di una giornata di riflessione per ricordare la figura del “sindaco gentile”, che fu assassinato dopo aver respinto le richieste del malaffare nel post terremoto dell’Irpinia.
Annamaria Torre ha ringraziato tutti coloro che si sono impegnati per la memoria del padre e per la lotta alla camorra. Agnese Moro ha ricordato come le vite di Aldo e Marcello Torre siano state segnate dalla violenza della camorra. Il presidente della Fondazione Polis della Regione Campania, don Tonino Palmese, ha invitato tutti a ricordare che la Campania è la regione italiana con il maggior numero di vittime innocenti, uccise perché avevano fatto qualcosa, perché erano cittadini onesti.
Il presidente del Consiglio regionale, Gennaro Oliviero, ha rimarcato l’importanza di diffondere l’impegno di Marcello Torre, affinchè “il suo sacrificio non sia dimenticato. Del Giudice, delegato dal presidente nazionale dell’Anci per partecipare all’iniziativa, ha fatto notare che “sindaci si rimane per tutta la vita, perché solo chi ha potuto dedicarsi a questo ruolo e rappresentare la propria comunità, può capire che sia il momento più importante della vita di un uomo”.
La lettera-testamento di Marcello Torre
Nella lettera-testamento, scritta nel 1980, Marcello Torre annuncia il suo ritorno all’impegno politico e ammette di temere per la propria vita. Torre parla anche della sua esperienza come sindaco di Pagani. “Sono stato un sindaco scomodo – scrive – perché ho sempre rifiutato di piegarmi alle richieste del malaffare. Questo mi ha portato a scontrarmi con la camorra, che mi ha minacciato più volte”.
“Ma non mi arrendo – conclude Torre – Continuerò a lottare per un mondo migliore, in cui la legalità e la giustizia prevalgano sulla violenza e la sopraffazione”.
Un impegno politico per la libertà
La lettera-testamento di Marcello Torre è un documento importante, che testimonia l’impegno politico e civile di un uomo che ha sacrificato la propria vita per la libertà. La sua storia è un monito per tutti coloro che credono nella democrazia e nella legalità.
Cronaca Giudiziaria
Latitante tradito dai parenti influencer: arrestato Carabinieri in Spagna per legami con la Camorra.
La scoperta attraverso i social
La storia di Vincenzo Matacena, 39enne del rione Traiano ricercato per traffico di droga, ha preso una piega inaspettata grazie ai social media. Dopo essere fuggito in Spagna per rifarsi una vita come pizzaiolo a Valencia, Matacena è stato individuato grazie all’analisi dei profili social dei suoi familiari.
Le prove sui social
Una storia Instagram pubblicata da un parente ha svelato la presenza di Matacena in Spagna, mentre altri indizi sono emersi da video condivisi da persone vicine al ricercato. In particolare, un video di “unboxing” ha permesso ai Carabinieri di risalire all’indirizzo di Matacena, mentre altri video lo hanno mostrato insieme alla moglie, al figlio e durante il suo lavoro in pizzeria.
Curiosamente, la maglia del figlio in uno dei video ha rivelato il nome della scuola che frequentava, fornendo ulteriori dettagli utili per l’indagine.
L’arresto e l’attesa dell’estradizione
Grazie alla collaborazione con la Polizia Nazionale Spagnola, Matacena è stato arrestato e attualmente si trova in un carcere spagnolo in attesa di estradizione. La sua fuga e il tentativo di ricominciare una nuova vita sono stati vanificati dalla paziente ricerca condotta attraverso i social media, dimostrando una volta di più il potere e l’importanza di questi strumenti nella lotta alla criminalità.
Cronaca Giudiziaria
Gratteri: mafia in pareggio, lotta ancora in corso
La trasformazione della mafia e la necessità di investire in ingegneri informatici
Il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha presentato il report della Fondazione Magna Grecia sul cyber crime nella sede Onu di New York, evidenziando la rapida trasformazione della mafia. Secondo Gratteri, le organizzazioni criminali sono in grado di gestire grandi quantità di droga e oro attraverso transazioni online senza spostarsi dai propri luoghi di residenza.
La lotta alla mafia e il ruolo delle forze dell’ordine
Gratteri ha sottolineato l’importanza di investire in giovani ingegneri informatici per contrastare efficacemente la criminalità organizzata. Ha evidenziato che le mafie stanno abbandonando i tradizionali mezzi di estorsione per concentrarsi sul commercio di droga, un settore estremamente redditizio che genera ingenti profitti ogni anno.
Le nuove sfide della lotta al crimine online
L’evoluzione delle mafie verso il cyber crime rappresenta una sfida per le forze dell’ordine, che devono adattarsi e potenziare le proprie capacità investigative. Gratteri ha evidenziato come le mafie siano in grado di sfruttare le nuove tecnologie per compiere azioni illegali, come il riciclaggio di denaro attraverso banche online create ad hoc.
Gratteri ha anche avvertito sul pericolo che le mafie accumulino sempre più ricchezza, con conseguente impatto sull’economia globale. È quindi fondamentale intensificare gli sforzi nella lotta al crimine organizzato e investire in nuove competenze per contrastare questa nuova forma di criminalità.
Fonte
Cronaca Giudiziaria
Scopri i misteri del pentimento di Schiavone, il boss sanguinario.
Perché Sandokan si è pentito?
La decisione di collaborare con la giustizia da parte dell’ex boss dei Casalesi, Sandokan, ha suscitato domande tra gli addetti ai lavori dell’antimafia. I magistrati stanno ascoltando le sue confessioni da circa un mese, ma il motivo preciso del suo pentimento non è ancora chiaro agli occhi del pubblico.
Le ipotesi sul pentimento di Sandokan
Una delle ipotesi riguarda il miglioramento delle condizioni detentive come motivazione principale di Sandokan per collaborare. Potrebbe aver scelto questa strada per ottenere benefici penitenziari e puntare a una possibile liberazione anticipata in futuro.
Un’altra possibile ragione potrebbe essere legata alla sicurezza dei suoi familiari. La moglie Giuseppina Nappa e i sette figli potrebbero aver avuto un ruolo determinante nel suo pentimento, con alcune figlie che si sono già dichiarate disponibili a collaborare con le autorità e ad entrare nel programma di protezione.
La riunificazione familiare potrebbe essere un altro motivo dietro la decisione di Sandokan di pentirsi. Con alcuni figli già in carcere e uno che ha rifiutato di collaborare, la scelta potrebbe essere stata volta a cercare una forma di unità familiare, anche attraverso la collaborazione con la giustizia.
Infine, motivi personali come una diagnosi di tumore nel 2018 potrebbero aver giocato un ruolo nel pentimento di Sandokan. La consapevolezza della sua malattia e la possibile disgregazione del suo clan potrebbero averlo spinto a compiere questa scelta per mandare un messaggio agli ex affiliati e rivali.
Il futuro di Sandokan
Le confessioni di Sandokan potrebbero avere un impatto diretto nella lotta alla criminalità organizzata in Campania. Il destino dell’ex boss dipenderà dalle informazioni che fornirà attraverso la collaborazione e dalla loro importanza per le indagini in corso.
Al momento, le vere ragioni del suo pentimento rimangono avvolte nel mistero. Solo il tempo e lo sviluppo del processo di collaborazione potranno fare chiarezza sui reali motivi che hanno spinto Sandokan a tradire il suo clan.