Cronaca
Nel rione Sanità, il boss camorrista Salvatore Barile pianificava di eliminare la baby gang del presepe, minacciando la comunità locale
Tensioni sotterranee nella Napoli della camorra: un collaboratore rivela piani di sangue e potere nel rione Sanità. #CamorraNapoli #RioneSanità
Immaginate le strette viuzze del rione Sanità a Napoli, dove il vocio della gente si mescola all’ombra di antichi palazzi, e le storie di vita quotidiana nascondono tensioni profonde che toccano l’anima della comunità. Qui, le recenti rivelazioni di Salvatore Giuliano, un tempo figura di spicco a Forcella e ora collaboratore di giustizia, portano alla luce i fragili equilibri di un clan potente, il Sequino-Savarese, mostrando come la lotta per il controllo del traffico di droga possa trasformare vicini in nemici e minacciare l’ordine stesso del quartiere.
Nelle sue dichiarazioni, datate 28 settembre 2021, Giuliano dipinge un quadro vivido del clan, con Salvatore Savarese, noto come “Zio Totore”, al vertice di un gruppo storico radicato nel tessuto urbano di Napoli. Accanto a lui, emerge una cerchia di figure operative come Gennaro De Marino, Sasillo, Gianluca detto “’o pedofilo”, Enzo “’o biondo”, e Sasone, legato a Giulio Pirozzi, oltre al cosiddetto gruppo autonomo dei “quelli del presepe”. È un mondo dove l’esperienza conta più di tutto, e “Zio Totore”, con i suoi anni di militanza, si ritrova a gestire un’eredità criminale tra giovani che sembrano troppo inesperti per reggere il peso di un simile retaggio – un riflesso, forse, di come le nuove generazioni entrino in un ciclo che sfibra la coesione sociale del quartiere.
Durante un incontro nella sua casa, “Zio Totore” Savarese esprime preoccupazione per la guida del clan, temendo che i suoi uomini, ancora acerbi, non sappiano salvaguardare i canali e le relazioni costruite nel tempo. Questa inquietudine prelude a una crisi interna: il vecchio capo viene emarginato per sospetti di aver trattenuto fondi illeciti, lasciando spazio a tensioni che, come una crepa in un muro antico, mettono a rischio l’armonia del rione. È un momento che fa riflettere su quanto la sfiducia possa erodere non solo un’organizzazione, ma anche il senso di comunità in aree già provate dalla storia.
L’ascesa di un nuovo leader e le scintille di conflitto
Con l’estromissione di “Zio Totore”, la leadership passa al nipote, Salvatore Savarese detto “’o mellone”, da poco uscito di prigione, anche se inizialmente divide il potere con figure come Sasillo e Gennaro De Marino. Il giovane De Marino, descritto da Giuliano come inesperto ma legato al suo quartiere, si ritrova al centro di un confronto con Salvatore Barile, un altro pilastro del mondo criminale. Barile, esigendo che De Marino attacchi il gruppo del “presepe” per il loro rifornimento autonomo di droga, innesca una catena di eventi che porta quasi a una guerra interna – un episodio che sottolinea come scelte personali possano inflamare le strade di Napoli, toccando le vite di chi ci abita ogni giorno.
De Marino rifiuta, protetto dai legami di vicinato, ma questa decisione scatena l’ira di Barile, pronto a eliminare non solo rivali, ma anche alleati. Da un lato, Sasillo si schiera con Barile; dall’altro, Savarese sostiene De Marino. È Giuliano stesso a intervenire come mediatore, persuadendo Barile che uno scontro armato non farebbe che indebolire tutti, attirando l’attenzione delle autorità. In quel momento, si intravede un barlume di umanità in un contesto ostile, un promemoria di come, persino nel crimine, le persone cerchino di preservare ciò che resta della loro realtà condivisa.
Il ritorno di una figura carismatica e il mutare degli equilibri
La scarcerazione di Giulio Pirozzi, detto “’o picuozzo”, porta un vento di cambiamento: i giovani del clan diventano più autonomi, chiedendo libertà nei rifornimenti di droga e nelle piazze di spaccio. Barile, spiazzato, impara da Giuliano che il potere non è più assoluto, evidenziando come questi shift possano alterare il tessuto sociale del rione, dove ogni mossa ha ripercussioni sulle famiglie e sui vicoli frequentati quotidianamente. Infine, Giuliano descrive le operazioni di Sasillo, un uomo delle armi che vive nell’ombra, incontrandosi solo di notte in luoghi sicuri come un bar in piazza Sanità o un basso nascosto, una base che ospita anche lo spaccio – dettagli che raccontano non solo tattiche, ma l’impatto invisibile su una comunità già segnata.
Queste storie dal rione Sanità ci ricordano che dietro le facciate di potere criminale ci sono vite reali, e che ogni rivelazione come questa di Salvatore Giuliano non è solo cronaca, ma un invito a riflettere su come preservare la coesione di quartieri come questo, dove il futuro dipende dal fragile equilibrio tra ombre e luce.