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Cronaca

La famiglia Gabriele trasformava il Royal Residence in un centro di spaccio ispirato a Gomorra, scuotendo Castel Volturno

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La famiglia Gabriele trasformava il Royal Residence in un centro di spaccio ispirato a Gomorra, scuotendo Castel Volturno

Blitz al tramonto di Castel Volturno: 11 arresti contro una roccaforte dello spaccio, ispirata alle ombre di Gomorra #CastelVolturno #Antimafia

Immaginate un enorme palazzo di nove piani, con 240 appartamenti che un tempo promettevano sogni di vita al mare, ora avvolto da un’ombra minacciosa. A Castel Volturno, in quel labirinto urbano chiamato Royal Residence, la vita quotidiana si era trasformata in un incubo di traffici illeciti, dove famiglie e vedette intrecciavano un’esistenza segnata dalla paura. È qui che, all’alba di un’operazione meticolosa, i Carabinieri di Mondragone, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno sferrato un colpo decisivo, portando a 11 arresti – tra cui due minorenni – e smantellando una rete di spaccio che aveva avvelenato la comunità per anni.

La storia inizia con figure come Giovanni Gabriele, un uomo che, secondo gli investigatori, orchestrava il flusso di droga con una ferrea presa sul territorio, supportato dalla moglie Flora Caianiello e dal figlio Salvatore. Insieme a loro, Ivan D’Aniello, Vittorio Rovati, Emanuele Sammarco, un cittadino indiano e i due giovani sono finiti dietro le sbarre, accusati di aver formato un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, aggravato da metodi mafiosi, uso di armi e centinaia di cessioni al dettaglio. Per due figlie minorenni di uno degli arrestati, la giornata si è conclusa con un affidamento ai nonni, un piccolo barlume di umanità in un turbine di eventi. Come il cittadino indiano, descritto come il coordinatore delle operazioni, che reclutava connazionali tossicodipendenti per distribuire la droga, in un ciclo di dipendenza che alimentava se stesso.

Questa indagine, durata più di due anni, ha svelato un’organizzazione ben radicata, capace di replicare le dinamiche delle piazze controllate dalla criminalità napoletana proprio qui, nella provincia di Caserta. Il Royal Residence, con i suoi corridoi infiniti e appartamenti fatiscenti, era diventato un fortino invisibile: una sola via d’accesso sorvegliata, vedette appostate sui tetti e nei corridoi, e un reticolo di videocamere pronto a scattare al minimo segno di pericolo. È stato come rivivere le scene di Scampia, dove il controllo criminale si insinua nelle pieghe dell’edilizia, trasformando un semplice condominio in un avamposto del male. E dietro tutto questo, secondo gli inquirenti, l’ombra della fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, una protezione che garantiva continuità a un gruppo originario di Secondigliano, evidenziando come la criminalità non conosca confini.

Ma l’impatto più profondo si è sentito tra i residenti, intrappolati in un regime di terrore quotidiano. Testimonianze raccolte dagli inquirenti parlano di intimidazioni violente: un uomo polacco che aveva osato ribellarsi era stato gambizzato, mentre due appartamenti – uno occupato da una famiglia polacca costretta alla fuga e l’altro da un collaboratore dell’amministratore – erano stati incendiati per zittire chiunque osasse ripristinare la normalità. Queste storie non sono solo fatti, ma ricordi di una comunità sotto assedio, dove il degrado urbano e sociale alimentava un ciclo di paura che toccava ogni angolo della vita quotidiana. Riflettendo su questo, ci si domanda quanto il tessuto urbano possa influenzare il destino delle persone, trasformando luoghi di abitazione in territori di guerra silenziosa.

Il blitz è stato un momento di tensione palpabile: con l’alba che illuminava il litorale, i carabinieri hanno circondato l’area, bloccando accessi alla spiaggia e al vicino parco Saraceno, quel dedalo di edifici abbandonati che spesso offriva rifugio. Alcuni indagati hanno provato a fuggire in appartamenti vicini, ma l’operazione era troppo ben pianificata. All’interno, sono state scoperte sostanze stupefacenti già divise in dosi, un dettaglio che sottolinea come questa piazza funzionasse 24 ore su 24, un ingranaggio incessante che avvelenava non solo corpi, ma anche speranze. È un elemento che fa riflettere sull’efficienza di queste reti, e su quanto il loro smantellamento rappresenti un passo verso la normalità.

Per i residenti del Royal Residence, questa operazione non è solo una vittoria delle forze dell’ordine, ma un sospiro di sollievo dopo anni di soprusi, un’opportunità per voltare pagina e avviare una vera bonifica sociale. In un’area come questa, da troppo tempo lasciata in balia delle organizzazioni criminali, il futuro dipenderà dalla capacità delle istituzioni di instaurare un presidio stabile di legalità, ricordandoci che ogni comunità merita di vivere libera dalle ombre che minano il suo tessuto vitale.

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