Cronaca
La CGIL guida lo sciopero generale, fermando la vita quotidiana a Napoli
Napoli si risveglia con la voce della protesta: #ScioperoGenerale #LottaPerIlFuturo
Immaginate le strade di Napoli che pulsano di energia all’alba di una giornata cruciale, mentre migliaia di persone – lavoratori, pensionati, studenti e attivisti – si riuniscono per sfidare una manovra di bilancio che sembra ignorare le loro lotte quotidiane. È venerdì 12 dicembre, e la Cgil ha chiamato a raccolta l’intera nazione, ma qui, nel cuore di Napoli, la Campania diventa il simbolo di una mobilitazione che racconta le ingiustizie di un territorio segnato da disuguaglianze. Con il sole che filtra tra gli storici palazzi, il corteo parte alle 9 da piazza del Gesù, snodandosi verso piazza Municipio in un flusso di voci e bandiere, culminando in un comizio che unisce delegati sindacali, rappresentanti delle categorie e figure come il segretario generale Cgil Napoli e Campania, nonché il segretario nazionale Luigi Giove, che chiuderanno la giornata con un appello carico di speranza.
Al centro di questa marea umana c’è un mix di rabbia e determinazione contro misure governative viste come inadeguate di fronte al carovita e alle disparità crescenti. Lo sciopero paralizza settori pubblici e privati: i trasporti locali si fermano dalle prime ore della notte tra giovedì 11 e venerdì 12 fino alle 21, mentre i Vigili del Fuoco protestano per quattro ore, con soli i servizi essenziali garantiti per non lasciare la comunità nel caos. È un momento che cattura l’essenza di Napoli, una città dove il tessuto sociale è intrecciato con storie di fatica e resilienza, e dove ogni passo del corteo riecheggia le preoccupazioni per fisco, salari e pensioni, in opposizione a un’economia che privilegia il riarmo anziché la redistribuzione.
Il sindacato, attraverso voci come quella di Nicola Ricci, evidenzia come la Campania incarni un’ingiustizia diffusa: “La Campania – sottolinea Ricci – è tra le regioni italiane in cui un lavoratore dipendente del settore privato ha la retribuzione media lorda annua più bassa rispetto a quella nazionale, a fronte però di un consistente drenaggio fiscale, come testimonia la recente indagine sui salari presentata dalla Cgil nazionale”. Questi numeri non sono solo statistiche; raccontano di famiglie che arrancano, con un chiaro svantaggio che si traduce in realtà: “Nel biennio 2022-2024 il drenaggio fiscale è stato pari a 2.257 euro, a fronte di un aumento del salario nei due anni di 1.680 euro, contro i 2.181 euro della media nazionale: significa circa 500 euro in meno all’anno in busta paga per i lavoratori campani”. È una riflessione che invita a considerare come, in un contesto urbano come Napoli, questi vuoti in busta paga amplifichino le sfide di una vita già segnata da alti costi e opportunità limitate, rendendo ogni protesta un atto di difesa per il quotidiano.
La Cgil non si ferma alla denuncia, proponendo alternative che mirano al cuore del problema: “Chiediamo la restituzione di queste tasse per aumentare salari e pensioni – afferma Ricci – e rilanciamo la proposta di tassare dell’1,3 per cento i patrimoni che superano i due milioni di euro, per sostenere il 99 per cento dei lavoratori e dei pensionati italiani”. Questa visione, pensata per alleggerire il peso sulle fasce più deboli, specialmente nel Mezzogiorno, trasforma lo sciopero in un vero banco di prova per un’idea di economia più equa, dove il consenso popolare potrebbe spingere verso cambiamenti reali e inclusivi.
In una città come Napoli, dove le piazze non sono solo luoghi di passaggio ma spazi di comunità e memoria, questa giornata di lotta lascia un’eco che va oltre le strade affollate, invitando a riflettere su come le battaglie per salari dignitosi e pensioni sicure possano modellare un futuro più giusto per tutti.