Cronaca
Il Garante avverte: in Campania, carceri sovraffollate con 7844 detenuti per soli 5500 posti disponibili
Carceri in crisi: una storia di sovraffollamento e diritti dimenticati in Campania e oltre #GiustiziaInTilt #DirittiNegati
Immaginate di passeggiare per le strade affollate di Napoli, dove l’energia urbana si mescola a storie invisibili che si consumano dietro le alte mura di strutture come Poggioreale e Secondigliano. Qui, nel cuore di una comunità già provata da disuguaglianze sociali, il sistema penitenziario racconta una vicenda umana di resistenza e fragilità, con celle che scoppiano e diritti fondamentali che vacillano sotto il peso dei numeri.
Come emerge dal bilancio di fine anno del Garante campano per le persone private della libertà, la pressione è insostenibile. “In Italia sono detenute 63.868 persone a fronte di 45mila posti reali disponibili. In Campania sono recluse 7.844 persone a fronte di 5.500 posti reali disponibili”, spiega Samuele Ciambriello, sottolineando come questo sovraffollamento, pari a circa 18mila persone in eccesso a livello nazionale, continui a crescere nonostante le promesse politiche. È un ritratto che va oltre i dati freddi, evocando l’angoscia di chi vive in spazi ristretti, dove la routine quotidiana diventa una lotta per la dignità.
All’interno di queste strutture, la popolazione carceraria rivela un volto sempre più complesso e vulnerabile, specchio di una società frammentata. “In Italia le donne detenute sono 2.772 e gli stranieri 20.211. In Campania le donne sono 401 e gli stranieri 957”, aggiunge Ciambriello, e poi ricorda che “In Campania 1.318 detenuti sono in attesa di primo giudizio, mentre 5.759 sono definitivi”. Queste cifre non sono solo statistiche: pensate alle famiglie divise, agli stranieri lontani dalle proprie radici, o a chi attende giustizia in un limbo che erode speranze, rafforzando il legame tra carcere e contesto sociale urbano.
Al centro di tutto, però, c’è la salute, un diritto che spesso si trasforma in un miraggio. “Servono risposte concrete, non annunci, non populismo penale, politico e mediatico. C’è carenza di agenti, di personale socio-educativo e il diritto alla salute vive una situazione preoccupante”, afferma Ciambriello, arrivando a dire che “La Costituzione è rimasta chiusa nelle celle”. È una riflessione che fa riflettere: in luoghi come Poggioreale, dove tra le 50 e le 65 volte a settimana mancano le scorte per accompagnare i detenuti alle visite mediche già programmate, si vede l’impatto reale su una comunità che lotta per il benessere, evidenziando come la carenza di risorse non sia solo un problema interno, ma un fallimento sociale più ampio.
Guardando avanti, verso il 2026, c’è un appello che risuona come un’eco di speranza. Ciambriello auspica che non si taglino le strutture sanitarie all’interno dei penitenziari campani, spingendo per un potenziamento di servizi come la piccola chirurgia e le analisi, così da evitare lunghissime attese e garantire cure immediate. È un invito a riflettere su come piccole migliorie possano cambiare la trama di queste storie, collegando il carcere al tessuto urbano in modo più umano e solidale.
Eppure, il bilancio si tinge di ombre più cupe con i suicidi, un tragico promemoria del dolore represso. “Dall’inizio dell’anno in Italia si sono tolte la vita 79 persone detenute, di cui 6 in Campania e una nella Rems di San Nicola Baronia”, e aggiunge che “si sono suicidati anche tre agenti penitenziari, un educatore e un ragioniere”. Queste perdite non sono isolate: riflettono un sistema che, come definito dallo stesso Ciambriello, rimane una “fabbrica di recidive, una discarica sociale”, dove le parole del Papa e del Presidente della Repubblica si perdono in una visione rigida e centrata solo sul carcere.
In fondo, questa è una storia che interpella tutti noi, invitandoci a considerare come il destino di chi è dietro le sbarre sia intrecciato con quello delle nostre comunità, e a chiederci se non sia giunto il momento di trasformare parole in azioni concrete per un futuro più equo.