Cronaca
Il cammino di redenzione di Pasquale Petrillo, l’ex killer che abbatté due clan, ora avvolto nel mistero della sua morte
Un ex killer di camorra precipita da un balcone a Napoli: il mistero avvolge una vita di ombre e redenzioni #Camorra #Napoli
Immaginate la sera che cala su Napoli, con il mare che lambisce il lungomare e il chiacchiericcio della città che echeggia da piazza Municipio. Proprio lì, in via Acton, un uomo è precipitato da una balconata, lasciando dietro di sé un silenzio carico di interrogativi. Si tratta di Pasquale Petrillo, un tempo un sicario della camorra, la cui caduta – avvenuta solo quattro giorni fa – ora tiene in ansia la comunità locale, mentre gli inquirenti indagano se si sia trattato di un incidente, di un gesto disperato o di qualcosa di più sinistro.
La vita di Petrillo era intrecciata con le strade più turbolente di Napoli, cresciuto in un quartiere segnato dalla violenza dei clan, dove ogni vicolo raccontava storie di potere e tradimenti. Da giovane, si era trasformato in un uomo d’azione, coinvolto in faide che hanno lasciato cicatrici indelebili, culminate nell’omicidio di Maurizio Russo, il figlio di un boss, avvenuto nel 2001 in via Santa Maria Ognibene. Quel delitto, nel cuore della città, non fu solo un atto brutale, ma un punto di svolta che risuonò come un’eco nei vicoli affollati, ricordandoci come la criminalità possa sconvolgere il tessuto sociale di una comunità già provata.
Ma Petrillo non restò intrappolato in quel mondo per sempre. Temendo per la sua vita dopo aver rivelato dettagli drammatici – come il fatto che il padre e il fratello lo avevano sacrificato a un altro clan per proteggere la famiglia – decise di collaborare con la giustizia. Le sue testimonianze furono decisive: contribuirono a smantellare il clan Mariano dei Quartieri Spagnoli e poi quello Elia del Pallonetto di Santa Lucia, aprendo la strada al maxi blitz del 2017. È ironico, in un certo senso, come un uomo cresciuto nel caos abbia aiutato a portare un po’ di luce su quei vicoli bui, offrendo una riflessione su quanto il coraggio possa emergere anche dalle situazioni più oscure.
La sua storia, però, si estendeva oltre il crimine, toccando aspetti culturali che rispecchiano l’anima complessa di Napoli. Petrillo era legato alla scena neomelodica, quella musica che cattura la fascinazione per un’esistenza ai margini, e aveva scritto il brano Ma si vene stasera, diventato iconico per essere stato usato in una scena memorabile del film “Gomorra”. Questa canzone non è solo un motivo orecchiabile; simboleggia una generazione intrappolata tra il fascino del pericolo e il degrado quotidiano, un elemento che ancora oggi fa eco nelle piazze affollate, invitandoci a riflettere su come l’arte possa riflettere – e a volte glorificare – le ombre della società.
Ora, mentre gli investigatori setacciano le telecamere di via Acton per ricostruire gli ultimi passi di Petrillo e verificare presenze sospette, il peso del suo passato torna a gravare come una nuvola sul quartiere. Nessuna ipotesi è esclusa, dal tragico incidente a un possibile regolamento di conti legato alle sue vecchie rivelazioni. In una città come Napoli, dove il passato e il presente si intrecciano in ogni strada, questa vicenda ci ricorda quanto le storie personali possano influenzare l’intera comunità, lasciando interrogativi che vanno ben oltre un singolo destino.