Cronaca
I tassisti di Napoli sfidano il traffico natalizio con locandine che raccontano la loro amarezza quotidiana
A Napoli, i tassisti trasformano il caos del traffico in un’ironia natalizia amara: Babbo Natale intrappolato tra code e sogni vuoti. #NataleAmaro #TassistiInRivolta
Immaginate le strade di Napoli, con le luminarie festose che brillano tra Piazza Garibaldi e via Marina, mentre un Babbo Natale stanco e ironico guarda da un manifesto affisso sui taxi. È qui, in questo cuore pulsante del centro cittadino, che i tassisti stanno trasformando la loro frustrazione in un atto di protesta creativa, un modo per denunciare un anno di paralisi viaria che ha rubato loro non solo il Natale, ma anche i mezzi per vivere.
Questa mattina, centinaia di auto bianche ferme in fila hanno mostrato al mondo quelle locandine: un Babbo Natale schiacciato tra il maestoso Maschio Angioino e l’imponente Vesuvio, con un sacco traboccante di ingorghi e un altro desolatamente vuoto di guadagni. Non è solo una immagine, è il simbolo di una realtà quotidiana che molti napoletani conoscono bene – il rombo dei motori, il suono incessante dei clacson e la polvere dei cantieri che rendono ogni spostamento una battaglia. Per i tassisti, che passano ore al volante navigando tra turisti festanti e traffico caotico, è un colpo al cuore, un promemoria che la città che amano sta lottando contro se stessa.
Il 2025 è stato un anno di fuoco per la mobilità a Napoli, con proteste che si sono susseguite come onde in un mare agitato. Dalle marce di primavera contro l’estensione delle ZTL, che hanno isolato quartieri già congestionati, alle contestazioni estive sulla gestione dei flussi turistici e la scarsità di corsie dedicate, il dialogo con l’amministrazione sembra un ponte crollato. È una situazione che non colpisce solo i tassisti, ma l’intera comunità: negozianti che perdono clienti, pendolari che arrivano in ritardo al lavoro, e una città che fatica a respirare. Come osservazione, è curioso come l’ironia di queste locandine rifletta una resilienza tipica dei napoletani, trasformando la rabbia in un sorriso amaro per non arrendersi.
In calce ai manifesti, “Ringraziamo ironicamente il Sindaco Manfredi e l’Assessore Cosenza per questo regalo”, recita una frase che echeggia tra i posteggi, dove i tassisti si scambiano storie di ore perse in code infinite. Loro, che vivono la strada per dieci ore al giorno, spiegano come il caos renda impossibile garantire un servizio decente: meno corse significano meno stipendi, e un’utenza sempre più scontenta. Questo malcontento si è manifestato in vari momenti, come gli scioperi di aprile contro l’abusivismo non controllato, le assemblee di ottobre per protestare contro nuove licenze e strade dissestate, o il caos durante i grandi eventi, quando i taxi non riescono nemmeno a raggiungere i punti chiave della città.
Nell’aria frizzante del Natale imminente, con la promessa di visitatori per il cenone, questa protesta non è solo un grido isolato, ma un invito a riflettere su come il traffico stia erodendo il tessuto sociale di Napoli. È un problema che va oltre le strade, toccando la vita di tutti, e forse, come tanti qui sperano, potrebbe spingere verso un vero piano per la viabilità nel 2026, trasformando questa rassegnazione in un’opportunità per rinascere.