Cronaca
Dietro le curve di San Siro il tifo tra affari violenza e mafia un sistema criminale da svelare
Dietro le luci di San Siro, un tifo avvolto da ombre di potere e crimine. #SanSiro #CalcioSottoAssedio
Immaginatevi lo stadio San Siro nelle notti di match, con il rombo della folla che riecheggia tra le tribune, un luogo dove la passione per il calcio si intreccia da anni con storie di lealtà e comunità. Ma secondo le motivazioni della sentenza emessa dal giudice per l’udienza preliminare di Milano, Rossana Mongiardo, dopo il maxi blitz “Doppia Curva” del settembre 2024, quelle stesse curve erano ben più di un semplice sfogo per i tifosi: erano centri pulsanti di economia illegale e violenza, dove il tifo si trasformava in un business redditizio, capace di generare oltre 100mila euro annui solo nella Curva Sud del Milan, e dove, per la Curva Nord dell’Inter, si insinuavano protezioni legate alla ‘ndrangheta, creando un legame pericoloso tra sport e criminalità.
In questo scenario urbano, dove le strade attorno allo stadio vibrano di energia e tensioni sociali, le motivazioni del giudice dipingono un quadro vivido: la Curva Sud emerge come un’entità autonoma, governata da intimidazioni e aggressività, con incassi costanti derivati dal bagarinaggio, dal merchandising e persino dai parcheggi vicini. Dall’altro lato, la Curva Nord appare come un ingranaggio di affari illeciti, protetto da connessioni mafiose con il clan Bellocco, in un contesto che ha aggravato l’associazione per delinquere. Al cuore di tutto, c’era un patto tacito di non belligeranza tra le due tifoserie, un accordo freddo e calcolato per evitare scontri e massimizzare i guadagni, riflettendo come il contesto sociale di Milano – una città di passione e contrasti – possa diventare terreno fertile per tali dinamiche.
La sentenza, pronunciata il 17 giugno, ha inflitto quasi 90 anni di carcere a 16 imputati, pienamente allineata alle accuse della Direzione distrettuale antimafia di Milano, con pm come Paolo Storari e Sara Ombra che hanno visto confermate tutte le loro tesi. Tra i fatti più gravi, spicca l’omicidio del 2024 di Antonio Bellocco, un episodio che ha esposto le crepe nella facciata del tifo organizzato, collegandolo a reti di potere sotterraneo. È un promemoria, per chi vive il calcio come un rituale comunitario, di come queste storie tocchino il tessuto sociale, influenzando non solo i tifosi, ma l’intera reputazione dello sport nazionale.
I leader delle curve e l’ombra della mafia
Al vertice di questo mondo complesso, i capi ultras hanno pagato il prezzo più alto: Andrea Beretta, per l’Inter, e Luca Lucci, per il Milan, hanno ricevuto ciascuno dieci anni di reclusione. Beretta, ora collaboratore di giustizia, è stato identificato come il fulcro di un’associazione aggravata da metodi mafiosi, inclusa la sua responsabilità nell’omicidio Bellocco, con attenuanti per il suo ruolo decisivo nelle indagini che hanno anche chiarito l’uccisione di Vittorio Boiocchi nel 2022. Lucci, al contrario, è ritratto come una figura imponente e spietata, maestra nel manipolare attraverso la violenza e le leve economiche, senza mai offrire aiuto per svelare la verità. Queste storie personali rivelano un lato umano e tragico, dove l’ambizione si scontra con la legge, e ci fanno riflettere su come il potere possa corrodere persino la passione più pura.
Infine, le motivazioni evidenziano come le società calcistiche, in particolare l’Inter, si siano trovate in una posizione di vulnerabilità, spesso facilitando gli ultras per mantenere l’ordine negli stadi – una scelta che ha portato la Procura di Milano ad avviare misure preventive. Sullo sfondo di questo contesto urbano, dove il calcio è un pilastro della comunità, l’ingresso strutturato della ‘ndrangheta nelle curve suona come un campanello d’allarme, trasformando gli spalti in campi di battaglia per affari oscuri, e ricordandoci che dietro ogni gol c’è un mondo più complesso da proteggere.