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Cronaca

Dal carcere, il clan Licciardi estendeva il suo dominio estorcendo tasse sulle truffe online

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Dal carcere, il clan Licciardi estendeva il suo dominio estorcendo tasse sulle truffe online

Ordini dal carcere che echeggiano nei vicoli di Napoli: come il clan Licciardi tassa le truffe online. #Camorra #Phishing #Napoli

Immaginate i vicoli stretti e vivaci di Napoli Ovest, dove il brusio della vita quotidiana si mescola con ombre più sinistre: qui, ordini impartiti da una cella lontana a Voghera si insinuano come echi inarrestabili, ricordandoci quanto il potere mafioso possa superare barriere apparentemente invalicabili. Alessandro Giannelli, rinchiuso tra mura di cemento, non è mai stato così presente, continuando a dettare regole attraverso cellulari nascosti e messaggeri fidati, trasformando quartieri come Bagnoli e Rione Traiano in feudi moderni dove anche le truffe digitali devono inchinarsi al clan Licciardi.

Nei quartieri periferici della città, tra il chiacchiericcio dei mercati e il ronzio delle strade affollate, il phishing – quell’astuta rete di email false che rubano dati sensibili – è diventato un affare lucroso, ma non esente da tributi. Gli investigatori, attraverso un’inchiesta che ha scosso la comunità, hanno dipinto un quadro inquietante: i truffatori locali non operano in solitudine, ma sotto lo sguardo vigile del clan, che impone una “tassazione” sui guadagni come se fosse un’antica usanza feudale. Questa estensione del racket al mondo online non fa che amplificare l’impatto sociale, erodendo la fiducia in un’epoca già segnata dalla digitalizzazione, e lasciando i residenti a chiedersi quanto ancora il territorio possa essere controllato da lontano.

«Mi ha contattato Alessandro… quindici, sedici messaggi… martedì viene la sua ragazza, mi deve portare un biglietto… vedi se mi puoi fare questo piacere», confida Luigi Esposito alla sua fidanzata in una notte di aprile, rivelando un intreccio di pressioni che va oltre le parole. Esposito, figura chiave in questa rete, funge da anello di collegamento tra il boss incarcerato e i truffatori di strada, assicurando che ogni euro guadagnato online finisca parzialmente nelle casse del clan. È un meccanismo fluido, quasi ordinario, che trasforma il phishhing in un business camorristico, dove il consenso non è opzionale e le conseguenze per i ribelli sono chiare, come nel caso di chi è fuggito in Spagna per sfuggire alle pretese.

Negli angoli di Cavalleggeri, dove famiglie e giovani navigano il mondo digitale con speranze di guadagno rapido, emerge una riflessione amara: il controllo mafioso non si limita più ai vecchi racket, ma si adatta al presente, tassando persino le frodi online come un pedaggio inevitabile. Le intercettazioni catturano momenti di tensione, come quando Esposito discute con i suoi “compagni” per «mezzo di Alessandro», o quando la rabbia esplode per una richiesta da 50.000 euro legata a truffe sui conti correnti. Qui, il territorio non è solo un luogo, ma un’entità viva, plasmata da queste dinamiche, che lasciano la comunità in uno stato di costante allerta, chiedendosi se la tecnologia offra libertà o solo nuove catene.

La furia del boss e le ombre dei social

Al centro di questa storia c’è Alessandro Giannelli, un uomo che dal carcere di Voghera orchestra il suo regno con telefonate e messaggi, dimostrando come la detenzione non spezzi il legame con il territorio. Un video su TikTok, postato da Mario Buongiorno con 3.000 euro in mano, diventa la scintilla: «Cinquanta mila euro o succede il finimondo», echeggia nelle conversazioni intercettate, trasformando un gesto di arroganza in un errore fatale. Giannelli, osservando da dietro le sbarre, trasforma i social in un’arma di controllo, un promemoria che nulla sfugge al clan.

Le mediazioni si susseguono, con Esposito che promette protezione in cambio di pagamenti – prima 2.000 euro, poi una tassa fissa di cento euro al mese – ma l’equilibrio è precario, intriso di minacce come «Devono fare una brutta morte queste persone di mezzo alla strada!» o «Dove vai vai, farai testa e muro». In quartieri come Rione Traiano, questo sistema di doppie fedeltà, dove figure come “’o Polacco” pagano sia ai Licciardi che ai Mazzarella, sottolinea una realtà più ampia: i guadagni online alimentano una rete criminale che si intreccia con la vita quotidiana, rendendo ogni transazione un potenziale rischio per la comunità.

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