Cronaca
Corruzione in Italia: Campania guida il record di indagati nel Paese
La corruzione dilaga in Italia nel 2025: Campania in testa con 219 indagati e 18 inchieste. #GiornataControLaCorruzione #Libera #SudItalia
Immaginate un’Italia dove la corruzione non è più un’eccezione, ma un’ombra costante che si allunga su piazze e palazzi, erodendo la fiducia dei cittadini. In occasione della Giornata internazionale contro la corruzione, il dossier di Libera dipinge un ritratto crudo e familiare, specialmente per chi vive nel Mezzogiorno, dove storie di mazzette e favoritismi sono intrecciate al tessuto quotidiano.
Cosa è successo
Nel 2025, le inchieste per corruzione in Italia sono schizzate a 96, otto al mese, con 49 procure attive in 15 regioni e oltre 1.028 persone indagate. Un balzo vertiginoso rispetto al 2024, quando erano solo 48. Ma per un cronista come me, che cammina per le strade di Napoli o Avellino, il dato che ferisce di più è che il Sud, terra di contraddizioni e resilienza, guida questa classifica.
La Campania si conferma al vertice dell’illegalità diffusa, con 18 inchieste su corruzione e concussione — il massimo in Italia — e ben 219 indagati, il record nazionale. Subito dietro, Calabria con 141 e Puglia con 110. Al Nord, Liguria e Piemonte arrancano con 82 e 80 indagati, ma è il Mezzogiorno, inclusa la Sicilia, a totalizzare 48 inchieste, ben più del Centro (25) e del Nord (23). Tra le vittime, persino la politica: 53 politici finiscono nel mirino, con 13 casi concentrati in Campania e Puglia, e i sindaci che rappresentano quasi la metà.
Perché riguarda la città e il territorio
Qui in Campania, dove le radici sono profonde come le disuguaglianze, questa mappa non è solo un elenco di numeri: è un riflesso del nostro quotidiano. Mazzette che influenzano appalti per rifiuti o sanità, certificazioni false per cittadinanze, licenze edilizie ottenute con favori — tutto questo colpisce al cuore i nostri quartieri. Immaginate famiglie che lottano per servizi pubblici decenti, mentre dirigenti e faccendieri tessono reti opache, con l’ombra dei clan che si estende su grandi opere e concorsi truccati. Non si tratta di episodi isolati, ma di un sistema che avvelena il tessuto urbano, lasciando strade dissestate e ospedali sottofinanziati come monito perenne.
Le “mazzette” spuntano ovunque: certificazioni false di residenza per ottenere la cittadinanza italiana “iure sanguinis”; appalti pilotati nella sanità, nella gestione dei rifiuti e nelle opere pubbliche; licenze edilizie e servizi scolastici assegnati in cambio di favori; concorsi truccati in università e enti pubblici; scambi politico-mafiosi e pressioni delle organizzazioni criminali nelle grandi opere. Protagonisti? Dal dirigente al “boss dell’ente pubblico”, dall’imprenditore ai clan stessi, in una rete che lega colline e città in un unico filo nero.
Le reazioni e l’allarme
Per Libera, questo non è solo un rapporto: è un campanello d’allarme che risuona forte nelle nostre comunità. La copresidente Francesca Rispoli denuncia una corruzione «trasformata in una componente normale della carriera politica e imprenditoriale», capace di generare una «selezione dei peggiori» e di erodere servizi pubblici, democrazia e fiducia. «Siamo davanti a un sistema che si rigenera — avverte Rispoli — utilizzando tecniche sempre più sofisticate: dalle mazzette classiche fino a relazioni opache e norme tagliate su misura dei potenti di turno».
Il vero pericolo, come sottolinea l’associazione, è la rassegnazione che si diffonde, un terreno fertile per mafie e cricche. Nel frattempo, gli strumenti anticorruzione faticano a reggere, lasciando il Sud, e la Campania in particolare, in una trincea dove diritti e risorse sono sempre più a rischio.
Le proposte per un futuro diverso
Per invertire la rotta, la piattaforma “Fame di verità e giustizia” di Libera lancia un appello radicale: regolazione stringente del conflitto di interesse; norme chiare sul lobbying con trasparenza totale; controlli più efficaci sui finanziamenti politici; formazione universitaria e professionale sull’etica pubblica; vera trasparenza amministrativa, non solo burocratica; e sostegno concreto al whistleblowing. Ma, come insiste l’associazione, questi passi funzioneranno solo se istituzioni e cittadini del Sud si alleano, trasformando la rabbia in azione condivisa.
In questa Italia percorsa da fili neri, dalla Torino industriale al Salernitano rurale, è la Campania a simboleggiare l’urgenza. Eppure, mentre celebriamo una giornata dedicata alla lotta, non possiamo ignorare che questa “normalità” pericolosa è il frutto di scelte e omissioni, non un destino inevitabile. Possiamo ancora cambiarla, riscrivendo il nostro domani con più accountability e meno ombre.