Cronaca
Campania, la regione più povera d’Italia: quasi metà dei cittadini è vulnerabile e uno su otto rinuncia alle cure sanitarie.
La Campania, cuore del Sud Italia, affoga nella povertà: quasi metà dei suoi abitanti lotta per il futuro, mentre l’accesso alle cure resta un sogno. #CampaniaPovera #PovertàItalia
Nelle strade affollate di Napoli o nei borghi silenziosi dell’entroterra campano, la povertà non è più un’ombra fugace, ma un peso quotidiano che segna le vite di migliaia di persone. Questa terra, ricca di storia e bellezze naturali, continua a essere la regione più svantaggiata d’Italia, con il 43,5% della popolazione definita vulnerabile – quasi un abitante su due che arranca per arrivare a fine mese.
Cosa è successo
Il recente Dossier regionale sulle povertà, presentato dalla Caritas a Caserta, si basa su dati ufficiali come quelli di Istat e Eurostat, e non fa che confermare una triste realtà. Non si tratta solo di numeri astratti: dietro quella percentuale c’è la storia di famiglie che rinunciano al minimo, in un contesto dove il lavoro scarseggia e i redditi medi sono fermi a 18.500 euro all’anno, ben lontani dalla media nazionale di 31.000 euro.
Il divario sanitario e le ferite del territorio
Ma è la salute a gridare più forte. In Campania, il 13,5% delle persone rinuncia alle cure, una cifra che supera la media italiana del 9,9% e si traduce in storie di dolore quotidiano: un genitore che posticipa una visita specialistica, un anziano che non può permettersi un esame. Come sottolinea il Vescovo Antonio De Luca, delegato della Conferenza Episcopale Campana per il Servizio Carità, “Nei nostri Centri cresce la richiesta di aiuti per le cure sanitarie; molti lamentano la lontananza dalle strutture e l’alto costo dei trasporti”. Queste parole riecheggiano nelle aree interne, spesso isolate e dimenticate, dove le strade tortuose e i trasporti carenti trasformano un semplice check-up in un lusso inaffordabile. Il risultato? La speranza di vita qui è di 80,9 anni, due in meno rispetto al resto del Paese, aggravando il circolo vizioso di disuguaglianze.
Liste d’attesa infinite e ospedali sotto pressione spingono molti verso la sanità privata, nonostante la Campania sia tra le regioni più povere. Con una spesa sanitaria pro capite di soli 1.910 euro – 320 euro sotto la media nazionale – le carenze strutturali e il personale insufficiente non fanno che approfondire il divario, lasciando interi quartieri e villaggi senza accesso a servizi essenziali.
Perché riguarda la città e le sue comunità
Questa povertà non è un incidente: è il frutto di un’economia fragile, dove il lavoro è precario e i salari bassi. In Campania, il numero di occupati è inferiore alla media nazionale, con contratti a termine e part-time che non bastano a garantire stabilità. Le aree interne, un tempo vivaci, si svuotano di giovani in cerca di opportunità altrove, lasciando anziani isolati e comunità sempre più fragili. È un meccanismo che alimenta lo spopolamento, aggravando problemi come la mancanza di scuole, trasporti e ospedali, e trasformando la regione in un mosaico di disuguaglianze accumulate nel tempo.
La reazione e una riflessione sul futuro
Di fronte a questo scenario, la Caritas non si limita a denunciare: lancia un appello diretto. Come afferma, “Una forma di sostegno minimo al reddito è necessaria”, non come mera assistenza, ma come strumento per ridare dignità e accesso ai diritti fondamentali. È un richiamo che risuona nelle piazze affollate di Napoli o nei campi dell’Irpinia, invitando a una responsabilità condivisa – politica, sociale e individuale – per spezzare questo ciclo.
In fondo, la Campania merita di più di questi numeri drammatici: è una terra di resilienza e potenziale, ma solo affrontando le sue fragilità – dal welfare al lavoro, dalla sanità alla mobilità – possiamo invertire la rotta e ridare speranza a chi vive ai margini. La vera sfida è trasformare questa emergenza in un’opportunità di rinascita collettiva.