Cronaca
Brigitte Bardot ci ha lasciati a 91 anni, un addio che risuona nel mondo
Addio a Brigitte Bardot: da icona del cinema francese a paladina degli animali, un’eredità che divide il mondo #Bardot #IconaControversa
Immaginate le luminose strade di Parigi negli anni Trenta, dove una giovane Brigitte Bardot, nata nel 1934, inizia a danzare tra rigide lezioni e sogni di libertà, trasformando il suo corpo in uno strumento di ribellione contro le convenzioni di un’epoca segnata da inquietudini. Era una città di luci e ombre, con i caffè affollati e l’aria carica di cambiamenti, che presto avrebbe visto questa ragazza diventare un simbolo globale, catturata prima dalle lenti dei fotografi di moda e poi dalle telecamere del cinema.
Il suo ingresso nel mondo del grande schermo arrivò come un’esplosione: un incontro con il regista Marc Allégret aprì le porte a un’industria pronta a osannarla, ma fu il legame con Roger Vadim a segnare davvero la sua vita, unendo amore e carriera in un turbine di matrimoni precoci e ruoli audaci. Nei primi anni Cinquanta, mentre Hollywood insisteva su immagini innocue e “pulite”, Bardot portava in scena un erotismo europeo, diretto eppure ingenuo, che sfidava il bon ton e catturava l’immaginario collettivo. Pensate alle sale cinematografiche affollate, con i poster che la ritraevano in topless, scatenando scandali e imitazioni in tutto il mondo – un’onda che andava oltre il film, toccando il tessuto sociale e ridescrivendo come le donne venivano percepite sullo schermo.
Nella frenesia di set prestigiosi come Il disprezzo di Jean-Luc Godard, Vita privata di Louis Malle e La verità di Henri-Georges Clouzot, la sua vita privata si intrecciava con la fama, tra relazioni appassionate con star come Jean-Louis Trintignant e Serge Gainsbourg – ricordate la sensuale canzone Je t’aime… moi non plus? – e la nascita del suo unico figlio nel 1960. Eppure, dietro quel fascino pubblico, c’era una fragilità palpabile, aggravata dalla pressione mediatica e dal desiderio di autonomia, che la portava a gesti estremi, riflettendo quanto il prezzo della celebrità potesse essere alto in una società sempre più voyeuristica.
Man mano che gli anni Sessanta portavano cambiamenti, Bardot iniziava a voltare le spalle alle luci dei riflettori, scoprendo una nuova passione: la difesa degli animali. Non era un semplice hobby, ma una svolta profonda, radicata nei primi segnali di impegno emersi già in quel decennio, quando decise di diventare vegetariana e di denunciare con forza le crudeltà degli allevamenti e della caccia. Parigi, con il suo mix di eleganza e contrasti sociali, divenne il palcoscenico per questa trasformazione, dove una star internazionale convertiva la sua notorietà in un’arma per il cambiamento, fondando nel 1986 l’omonima fondazione.
Attraverso questa organizzazione, Bardot non si limitava a parole: finanziava rifugi, sosteneva campagne contro il commercio di pellicce e gli allevamenti intensivi, e mobilitava opinioni pubbliche contro spettacoli che sfruttavano gli animali. Era una guerra su più fronti, condotta con una determinazione che polarizzava, ricordandoci come il suo attivismo – spesso duro e senza compromessi – avesse un impatto reale sulle comunità, spingendo marchi e governi a riconsiderare pratiche crudeli e influenzando dibattiti sociali in Francia e oltre.
Ma non tutto era lineare; le sue posizioni, come le critiche alla macellazione rituale e all'”islamizzazione” della Francia, hanno alimentato polemiche, attirando accuse di razzismo e collegandola a temi politici divisivi. È una riflessione naturale, forse, su come l’impegno sincero possa scivolare in terreni controversi, dividendo fan e critici in un’era di polarizzazione. Le sue memorie e dichiarazioni su altri argomenti, come l’omofobia, hanno aggiunto strati a questa complessità, ritraendola come una figura coerente, ma anche provocatoria, in un contesto urbano dove le battaglie personali e sociali si intrecciano inevitabilmente.
Alla fine, l’eredità di Brigitte Bardot rimane un ponte tra due mondi: da icona sensuale del XX secolo a militante instancabile, la sua storia ci invita a pensare a come una singola vita possa ispirare, dividere e plasmare il tessuto della società, lasciando echi che risuonano ancora oggi nelle strade di Parigi e nelle conversazioni globali.