Cronaca
A Scampia, l’assegnatario trasforma un alloggio in abusivo per nascondere 24mila euro, rivelando abusi nella comunità
Scampia, il quartiere dei sogni spezzati: un “appartamento fantasma” rivela i lati oscuri dell’edilizia popolare. #Scampia #Napoli #Abusivismo
Immaginate una tipica giornata a Scampia, dove le strade affollate di via Federico Fellini raccontano storie di vita quotidiana in un quartiere che lotta da anni con il degrado urbano e le sfide sociali. Proprio qui, durante un controllo di routine, i carabinieri della compagnia Napoli Stella si sono imbattuti in qualcosa di inaspettato: una porta d’ingresso apparsa dal nulla, celante un segreto che ha portato alla luce un appartamento abusivo.
Quell’alloggio, costruito illegalmente modificando le pertinenze di un edificio residenziale pubblico del Comune di Napoli, era il risultato di lavori non autorizzati. Protagonista della vicenda è un operaio di 36 anni, il legittimo assegnatario dell’appartamento adiacente, un uomo fino a quel momento senza precedenti penali, che ha trasformato un bene pubblico in un rifugio improvvisato per esigenze personali. L’appartamento abusivo e il denaro sono stati posti sotto sequestro. All’interno, viveva una donna di 38 anni, già nota alle forze dell’ordine, il cui mondo è stato improvvisamente esposto alla luce del giorno.
Durante la perquisizione, i carabinieri hanno rinvenuto 24.500 euro in contanti, una somma che la donna non ha saputo spiegare, aggiungendo un velo di mistero a una storia già complessa. Per lei, è scattata la denuncia per ricettazione, violazioni al Testo unico sull’edilizia e abusivismo edilizio; l’operaio, a sua volta, è stato denunciato per i reati legati a quelle opere illegali. In quartieri come Scampia, dove l’edilizia popolare dovrebbe offrire stabilità a chi ne ha bisogno, episodi del genere sottolineano come l’illegalità possa erodere il tessuto sociale, privando la comunità di risorse essenziali e alimentando un senso di precarietà diffusa.
Questa scoperta non è solo un fatto di cronaca, ma un riflesso di come, in contesti urbani segnati da disuguaglianze, piccoli gesti individuali possano avere un impatto più ampio, ricordandoci la fragilità del bene comune e l’urgenza di tutelarlo per il futuro di tutti.