Cronaca
A Napoli, un dipendente che timbrava badge per i colleghi ottiene giustizia: Tribunale annulla il licenziamento Eav
In una Napoli frenetica tra bus e metropolitane, un tribunale sfida le regole del lavoro: timbrare il cartellino per un collega non basta per un licenziamento, se il lavoro è stato fatto per bene! #LavoroNapoli #GiustiziaSociale
Immaginate la routine mattutina di un operaio dell’EAV, l’ente che tiene in piedi il trasporto pubblico in Campania: il suono del badge che segna l’inizio di una giornata tra treni affollati e stazioni caotiche. Ma cosa succede quando quel timbro arriva dalla mano di un collega? A Napoli, questa domanda ha preso forma in un’aula di tribunale, dove la vita di un lavoratore è stata al centro di una decisione che riecheggia le sfide quotidiane di chi combatte per il proprio posto nel mondo del lavoro.
Il Tribunale del lavoro di Napoli, con una sentenza depositata il 10 dicembre scorso, ha dichiarato illegittimo il licenziamento di questo operaio, sottolineando che timbrare il cartellino per un altro non è di per sé una ragione sufficiente per una misura così drastica, soprattutto se il dipendente ha continuato a svolgere il suo ruolo con impegno e senza alcun guadagno indebito. È come se i giudici avessero voluto ricordare che, in una città come Napoli, dove la solidarietà tra colleghi è spesso una rete di sopravvivenza, le regole devono essere calibrate sulla realtà umana, non solo su procedure rigide.
Il caso è scoppiato quando l’azienda, nel dicembre 2024, ha accusato l’operaio di aver usato il badge in modo improprio per almeno una decina di volte, facendolo timbrare da colleghi o viceversa. Per EAV, questo ha rappresentato una rottura del rapporto di fiducia, una crepa che poteva minacciare l’intero sistema. Eppure, i magistrati hanno visto oltre, ordinando non solo la reintegrazione del lavoratore, ma anche un risarcimento per il danno subito. Hanno riconosciuto che, nonostante l’ammissione dei fatti accaduti nel giugno 2024, non c’era traccia di inganno o vantaggio illecito: l’operaio aveva sempre lavorato come dovuto, un dettaglio che ha fatto la differenza in quella sala d’udienza.
Secondo il collegio, l’azienda aveva imputato solo l’uso scorretto del badge, senza evidenziare altre violazioni o prove di frode. In parole semplici, non era stato dimostrato che il dipendente avesse mentito sulla sua presenza o tratto benefici ingiusti. Questa valutazione porta con sé una riflessione: in un contesto urbano come quello napoletano, dove il trasporto pubblico è vitale per migliaia di persone, equilibrare disciplina e umanità è cruciale. I giudici hanno chiarito che una simile condotta potrebbe meritare una sanzione, ma non il taglio del legame lavorativo, ribadendo che la giusta causa deve riflettere principi di correttezza e non esagerare in rigidità.
Dura è stata la reazione di EAV, che ha espresso “sorpresa e disorientamento” e annunciato un appello. Il presidente Umberto De Gregorio ha dichiarato: “Se scambiarsi il badge più volte non rappresenta una lesione del vincolo fiduciario – ha dichiarato – come può un’azienda pretendere il rispetto delle regole e controllare la presenza sul posto di lavoro? Così si determina il caos”. L’avvocato Marcello D’Aponte, a sua volta, ha contestato la sentenza, citando una recente giurisprudenza della Corte di Cassazione del gennaio 2024, secondo cui una falsa attestazione di presenza può costituire truffa aggravata, e un’altra del novembre 2024 che considera il prestito del badge una grave violazione.
Questa divergenza di vedute apre una finestra su un dibattito più ampio, che va oltre il singolo caso e interpella il ruolo delle aziende pubbliche nel bilanciare controllo e fiducia nei confronti dei dipendenti. In un territorio come la Campania, dove il trasporto è intrecciato con la vita quotidiana, queste questioni non sono solo legali, ma toccano il cuore della comunità, invitando a riflettere su come le regole possano evolversi per proteggere sia l’efficienza che le persone che la rendono possibile.