Cronaca
A Castellammare, la fiamma olimpica riaccende il dibattito sui medaglisti trascurati dalla comunità
In una Castellammare orgogliosa del suo passato sportivo, il passaggio della fiamma olimpica diventa un simbolo divisivo, accendendo dibattiti su chi merita di portare la torcia. #Sport #Olimpiadi #Castellammare
Immaginate le strade acciottolate di Castellammare di Stabia, avvolte nel tepore di una giornata speciale, dove l’aria è carica dell’eccitazione per l’arrivo della fiamma olimpica. Questa città, famosa per le sue acque termali e una tradizione sportiva che risale a generazioni, si prepara a celebrare i valori dello sport e dell’Olimpismo, unendo la comunità in un momento che dovrebbe essere di puro orgoglio collettivo. Eppure, mentre la torcia avanza tra i palazzi storici e la folla radunata, emerge una nota di amarezza che getta un’ombra su tutta la festa.
Al cuore di questa storia ci sono due figure iconiche del canottaggio locale: Salvatore Amitrano e Catello Amarante, atleti che hanno sudato e lottato per portare il nome di Castellammare ai vertici internazionali. Immaginate la loro delusione, come quella di eroi dimenticati ai margini della propria epopea: non sono stati invitati a reggere la torcia, nonostante i loro incredibili successi. Amitrano, con il suo bronzo alle Olimpiadi di Atene 2004 nel “quattro senza” pesi leggeri, e Amarante, un veterano con medaglie dai Mondiali e dagli Europei, rappresentano l’essenza dello spirito stabiese.
Ma ecco che la narrazione si complica, trasformando una celebrazione in un riflessivo confronto con la memoria collettiva. I due campioni, con la grazia tipica degli sportivi, hanno condiviso i loro sentimenti in modo toccante: “Il passaggio della fiamma sarà una festa per tutti e noi ci saremo, in mezzo alla gente ad applaudire gli atleti”, dicono, mescolandosi alla folla come semplici spettatori. Eppure, dietro queste parole si nasconde un dispiacere palpabile: “Ci dispiace che i nostri nomi non siano stati mai presi in considerazione come possibili tedofori”. È un appello gentile, ma profondo, che fa riflettere sulla selezione degli eventi, magari dovuta a distrazioni organizzative o una sbadataggine nel ricordare le radici locali.
Questa esclusione non è solo una questione personale; è un’onda che increspa il tessuto sociale di Castellammare, una città che vive di storie come queste, dove il canottaggio è parte dell’identità urbana. Pensate a come tali momenti potrebbero rafforzare il legame tra atleti e comunità, invece di lasciar spazio a un senso di ingiustizia. Mentre la fiamma illumina le vie, l’assenza di questi pilastri sportivi pesa come un silenzio eloquente, ricordandoci che celebrare l’Olimpismo significa anche onorare chi ha reso possibile tutto questo.
In fondo, storie come questa ci invitano a riflettere su come le tradizioni locali possano essere meglio integrate nelle grandi manifestazioni, assicurando che nessuno dei veri protagonisti rimanga nell’ombra, proprio quando la luce brilla più forte.