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Cronaca

A Caserta, protesta con catene davanti a Confindustria contro i licenziamenti politici all’ex Jabil

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A Caserta, protesta con catene davanti a Confindustria contro i licenziamenti politici all’ex Jabil

A Caserta, l’eco delle catene: sindacalisti USB in protesta contro la repressione nei stabilimenti, un grido per i diritti locali #Caserta #USB #LavoratoriInLotta

Immaginate una mattina qualunque in viale Ellittico, cuore pulsante dell’industria casertana, dove l’aria si riempie improvvisamente di tensione. Due veterani del sindacalismo, Michele Madonna e Pasquale Zeno, rappresentanti storici della USB, hanno deciso di farsi sentire in modo drammatico: incatenandosi alle cancellate della sede di Confindustria, hanno trasformato un edificio simbolico in un palcoscenico di rivendicazioni. È un gesto che va oltre la cronaca, un richiamo alle lotte che da anni segnano il territorio di Caserta, dove lo stabilimento ex Jabil, ora sotto TMA, è diventato sinonimo di conflitti tra diritti e potere.

Cosa è successo

Proprio questa mattina, intorno alle 12:30, Madonna – dirigente regionale USB da poco licenziato – e Zeno, che aveva subito la stessa sorte mesi prima, si sono legati alle grate dell’edificio. Davanti a loro, una folla di ex colleghi, lavoratori e solidali ha assistito in silenzio, con volti segnati dalla stanchezza e dalla determinazione. La protesta, organizzata dalla USB Confederazione Campania, è ancora in corso, con le forze dell’ordine sul posto e il traffico incolonnato, un segno tangibile di come queste azioni blocchino non solo le strade, ma anche le routine quotidiane della città. Al centro delle loro accuse, un clima di intimidazione che i sindacalisti definiscono «una vera e propria caccia alle streghe» nei confronti di chi difende i diritti sul lavoro.

Perché riguarda la città

Caserta, con la sua economia intrecciata a fabbriche e stabilimenti, sa bene cosa significhi questo tipo di tensioni: lo stabilimento ex Jabil-TMA non è solo un sito produttivo, ma un pilastro per centinaia di famiglie locali, un luogo dove le lotte sindacali riecheggiano le sfide urbane di una terra segnata da precarietà e trasformazioni industriali. Qui, tra scioperi passati e denunce di violazioni, emerge un quadro più ampio, uno specchio delle disparità che affliggono il Sud Italia, dove alzare la voce può costare il posto. Come ha sottolineato un portavoce USB presente: «Siamo qui per denunciare il clima di terrore che TMA ha instaurato nello stabilimento. Chi alza la testa viene messo alla porta. È repressione antisindacale pura». È un avvertimento che va oltre i cancelli, toccando le vite di chi, ogni giorno, combatte per un lavoro dignitoso in un contesto urbano segnato da incertezze.

La reazione dei cittadini

Intorno ai due protestanti, si è raccolta una comunità di lavoratori, pronti a mostrare solidarietà con slogan e presenze silenziose, un segnale che la rabbia non è isolata. In una città come Caserta, dove le storie di fabbrica si intrecciano con il tessuto sociale, questa azione sottolinea come le intimidazioni non restino confinate alle mura delle aziende. I lavoratori coinvolti promettono «Non arretreremo di un passo», parole che risuonano come un’eco di resistenza, invitando tutti a riflettere sul ruolo del sindacalismo in un territorio che troppo spesso vede i diritti sacrificati sull’altare dell’efficienza.

In fondo, questa protesta non è solo un episodio: è un richiamo per Caserta, un invito a non voltare le spalle alle battaglie che definiscono il nostro tessuto sociale, ricordandoci che i diritti dei lavoratori sono il vero motore di una comunità resiliente e unita.

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