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Cronaca

A Boscoreale, giustizia per il pescivendolo: ergastolo al figlio di un boss e condanne per tre complici

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A Boscoreale, giustizia per il pescivendolo: ergastolo al figlio di un boss e condanne per tre complici

Ergastolo per l’omicidio del pescivendolo: Boscoreale si interroga sulla violenza che colpisce la sua comunità. #GiustiziaPerAntonio #Boscoreale

Immaginate una sera d’inverno a Boscoreale, dove le strade del Vesuviano risuonano ancora dell’eco di un dramma che ha lacerato il tessuto quotidiano di una comunità. È qui, tra le pescherie affollate di clienti abituali e il brusio della vita locale, che la storia di Antonio Morione si è trasformata in tragedia, culminando oggi con una sentenza che porta un po’ di chiusura, ma lascia aperte ferite profonde.

La 2ª Corte d’Assise di Napoli ha finalmente pronunciato il verdetto su quel fatidico 21 dicembre 2021, quando una rapina apparentemente banale è esplosa in violenza letale. Antonio, un commerciante di pesce amato per la sua tenacia e il suo sorriso familiare, è stato colpito a morte durante un tentativo di furto nella sua bottega. Questa decisione giudiziaria, arrivata dopo un dibattimento durato quasi un anno a partire dal luglio 2024, ha riconosciuto i quattro imputati colpevoli di omicidio volontario, rapina aggravata e porto illegale di arma da sparo, ma li ha assolti dall’accusa di tentato omicidio nei confronti del fratello Giovanni.

I giudici hanno offerto un quadro di pene severe, sottolineando l’implacabile natura dei crimini commessi. Giuseppe Vangone è stato condannato all’ergastolo con 12 mesi di isolamento diurno, una misura che riflette la gravità del suo ruolo nel gruppo. Luigi Di Napoli e Angelo Palumbo hanno ricevuto ciascuno 30 anni di reclusione, mentre Francesco Acunzo è stato pena ridotta a 20 anni, grazie al rito abbreviato come previsto dall’articolo 438, comma 6-ter del codice di procedura penale. È una sentenza più dura di quanto auspicato per uno degli imputati, superando in parte le richieste del Pubblico Ministero, che aveva sollecitato l’ergastolo per tutti con due anni di isolamento diurno.

La sera che ha cambiato tutto

Tornando a quella notte gelida, la ricostruzione dei fatti dipinge un quadro vivido di una banda che ha agito con audacia predatoria. Prima hanno colpito la pescheria di Giovanni Morione, portando a termine la rapina senza intoppi. Ma quando si sono spostati da Antonio, le cose sono precipitate in un battito di cuore. Lui, con il coraggio di chi difende il proprio sostentamento, ha reagito danneggiando l’auto dei rapinatori con un coltello da lavoro. In quel momento caotico, sono partiti almeno quattro colpi di pistola, uno dei quali ha raggiunto Antonio alla nuca, spegnendo una vita in un istante. È una scena che evoca l’ombra della criminalità locale, sempre più aggressiva, e che ha suscitato un’onda di indignazione in tutta l’area vesuviana, unendo la comunità in un senso di vulnerabilità condivisa.

In un contesto urbano come Boscoreale, dove il commercio locale è il cuore pulsante della vita quotidiana, storie come questa non sono solo cronache di reato: sono un riflessivo monito su come la violenza possa erodere la fiducia nel proprio quartiere. La sentenza di oggi, con le sue pene rigorose e l’unica assoluzione parziale, offre un barlume di giustizia, ma lascia spazio a considerare quanto ancora ci sia da fare per proteggere queste radici comunitarie. In fondo, è proprio questo il legame che rende queste notizie parte integrante del nostro tessuto sociale, un promemoria che la sicurezza di tutti dipende dalle scelte che facciamo oggi.

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