Cronaca
A Barra, l’eredità di Ciro Andolfi persiste come ultimo ras storico ancora libero, influenzando la comunità localitya quotidiana
La cattura di Ciro Andolfi: l’ombra del passato che si dissolve a Barra, Napoli #Camorra #Napoli
Immaginate una periferia ai margini di Napoli, dove le strade di Barra raccontano storie di resilienza e ombre minacciose, e in mezzo a tutto questo, un uomo come Ciro Andolfi che per anni è stato il fantasma sfuggente della camorra locale. Conosciuto come “’o russo” o “’a loffa”, questo 46enne – fratello del più famigerato Andrea “’o minorenne” e imparentato con i Cuccaro – ha vissuto nell’ombra mentre i suoi vecchi alleati finivano uno dopo l’altro dietro le sbarre, rappresentando l’ultimo legame con un’era di potere criminale ormai logorata.
Nella quiete apparente di questa zona orientale, la latitanza di Andolfi era un segreto a metà, un’esistenza nascosta che gli investigatori hanno inseguito per anni, fino a quando non è stata interrotta da un arresto che ha riecheggiato come un segnale di speranza per il quartiere. Pendendo su di lui c’era una condanna definitiva per associazione mafiosa e altri reati, con una pena che avrebbe dovuto scontare pienamente, ma che era stata temporaneamente interrotta da una complessa storia giudiziaria culminata nella sua liberazione nel 2019.
Da quel momento, anche se sottoposto a misure di controllo, Andolfi era svanito nel tessuto urbano, diventando l’emblema di una vecchia guardia che si aggrappava al potere tra le pieghe della comunità. Eppure, la sua assenza ha lasciato un vuoto palpabile, accentuato dall’incarcerazione dei boss storici delle famiglie Cuccaro e Aprea.
Il salto generazionale nella camorra
Come osservato dalle analisi della Direzione distrettuale antimafia, questo vuoto ha spinto i clan verso una nuova generazione: figli, nipoti e affiliati più giovani, spesso privi dell’autorità dei loro predecessori, che hanno cercato di colmare il divario con alleanze fragili.
È in questo scenario instabile che gli equilibri si sono spezzati, trasformando Barra in un palcoscenico di tensioni, con faide interne che hanno portato a agguati, ferimenti e “stese” – quei raid intimidatori che riecheggiano nelle notti della periferia. Riflettendo su questo, non si può ignorare come questi conflitti riflettano le cicliche lotte per il controllo, un promemoria del costo umano che la camorra esige dalle famiglie e dalle strade del quartiere.
Tornando al 2019, la scarcerazione di Andolfi era stata frutto di una difesa astuta: i suoi avvocati avevano argomentato l’assorbimento dei reati di associazione mafiosa in quelli di estorsione, riducendo la pena da 15 a 8 anni e permettendogli di uscire dopo quasi un decennio in prigione. Ma quella libertà era provvisoria, legata a obblighi come le firme presso il commissariato San Giovanni-Barra, che non avevano impedito la sua scomparsa nella rete della clandestinità.
Le sue radici nella criminalità risalgono al 2007, quando emerse il suo ruolo chiave nel clan Andolfi-Cuccaro-Aprea durante un’inchiesta della Dda di Napoli. I dettagli rivelavano un’estorsione su larga scala contro imprenditori impegnati nel cantiere del centro commerciale Auchan a Ponticelli, con richieste di pizzo ancora prima dell’apertura. Grazie alle indagini incrociate e al coraggio di un costruttore che ha rotto l’omertà, la rete si è disvelata, coinvolgendo anche figure legate ad altri boss incarcerati come Giovanni “’ponta ’e curtiello”.
Negli anni seguenti, la tensione non è mai davvero calata: basti pensare agli spari esplosi sotto la sua abitazione, un atto intimidatorio seguito al maxi-blitz contro il clan De Luca Bossa. Per gli investigatori, quei colpi erano un messaggio criptico, forse legato a presunti affari tra i Cuccaro-Andolfi e il clan del Lotto Zero, un avvertimento che poteva provenire da gruppi rivali come i De Micco-De Martino, ansiosi di riscatto dopo gli arresti. In un quartiere come Barra, questi eventi non sono solo cronaca, ma ferite che toccano la vita quotidiana, ricordandoci quanto la criminalità sia intrecciata al tessuto sociale.
Alla fine, la lunga caccia si è conclusa con l’intervento dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli, che hanno catturato Andolfi, estromettendolo dall’elenco dei 100 latitanti più pericolosi. L’arresto è stato accolto come un simbolo di tenacia istituzionale, con “Nessun latitante sarà mai al sicuro. La cattura di Ciro Andolfi dimostra, ancora una volta, che la lotta alla camorra è incessante”, parole che riecheggiano l’impegno costante contro queste ombre persistenti.
Ora, con l’ultimo ras storico di Barra in custodia, il quartiere affronta un nuovo capitolo, dove l’eredità del passato continua a influenzare il presente, invitando a riflettere su come la comunità possa costruire un futuro più stabile e libero da queste catene invisibili.