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Cronaca

Villaricca, minacce dal carcere alla sorella: la violenza locale persiste, un altro capitolo di dolore nel nostro territorio.

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Villaricca, minacce dal carcere alla sorella: la violenza locale persiste, un altro capitolo di dolore nel nostro territorio.

A Villaricca, il incubo della violenza domestica varca le sbarre: quando la paura resta in famiglia #Villaricca #StopViolenzaDomestica #DirittiUmani

A Villaricca, dove le strade conoscono fin troppo bene il peso delle lotte quotidiane, la violenza domestica emerge ancora una volta come un veleno che corrode i legami più intimi, trasformando case familiari in arene di terrore che non si fermano nemmeno con l’arresto di chi le perpetra. Come cronista del territorio, so bene quanto questi drammi siano radicati nelle nostre comunità: qui, tra le vie affollate e le famiglie strette, la violenza non è solo un fatto isolato, ma un’eco di problemi sociali più profondi, come la mancanza di risorse per le vittime e la permeabilità del sistema carcerario che lascia spazio a intimidazioni continue.

La vicenda di una nostra concittadina, oppressa da anni dalle angherie del fratello, un soggetto già noto alle autorità locali per i suoi trascorsi, ci riporta con urgenza a riflettere su quanto il ciclo della paura possa estendersi oltre le sbarre. Questa donna, che vive nel nostro quartiere, ha subito un’aggressione brutale l’anno scorso a Secondigliano: è stata travolta da uno scooter e poi malmenata, finendo al pronto soccorso con ferite che hanno richiesto una settimana per guarire. Ma quella non è stata la fine, bensì l’inizio di un’ombra che persiste, nonostante l’uomo sia ora rinchiuso.

Proprio questo aspetto mi fa riflettere, da abitante e osservatore di Villaricca: come possiamo parlare di sicurezza se, anche dietro le mura del carcere, le minacce arrivano dritte a colpire? Secondo quanto emerso, il detenuto riesce a contattare la sorella e il padre attraverso un telefono cellulare introdotto illegalmente, usandolo per lanciare intimidazioni gravi e minacce di morte. È un problema che non sorprende chi, come me, segue le dinamiche locali: il nostro territorio è attraversato da reti che spesso sfuggono al controllo, evidenziando falle nel sistema penitenziario e una carenza di misure preventive che lasciano le vittime esposte.

A denunciare pubblicamente questa situazione è intervenuto il deputato Francesco Emilio Borrelli, dell’Alleanza Verdi-Sinistra, che ha raccolto la testimonianza disperata della donna e ha alzato la voce contro l’inefficienza. “è gravissimo e inaccettabile”, ha dichiarato, sottolineando come questo caso sia un campanello d’allarme per l’intero sistema. “Ricevere minacce di morte direttamente dal carcere – spiega il deputato – dimostra che il sistema non tutela abbastanza le vittime. Chiediamo un intervento immediato del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per sequestrare il cellulare e isolare il detenuto. La sicurezza della donna e del padre viene prima di tutto. Lo Stato deve dare un segnale forte: non si può permettere che chi è in carcere continui a seminare terrore”.

Da cronista locale, non posso fare a meno di commentare: questa non è solo una storia individuale, ma un riflesso delle nostre debolezze comunitarie. Villaricca, con il suo tessuto sociale già provato da disagi economici e tensioni familiari, merita risposte concrete, non promesse vuote. Borrelli ha annunciato che presenterà un’interrogazione parlamentare e promuoverà ogni iniziativa necessaria “per assicurare giustizia e protezione a chi è rimasto prigioniero della paura”, un impegno che, se attuato, potrebbe finalmente spezzare il silenzio intorno a queste tragedie.

In un territorio come il nostro, dove la solidarietà è un valore profondo, storie come questa ci spingono a interrogare non solo le istituzioni, ma anche noi stessi: come possiamo, come comunità, garantire che la violenza non abbia più voce, nemmeno da dietro le sbarre? È tempo di azioni reali, per trasformare la paura in resilienza e proteggere chi vive nel nostro stesso vicinato.

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