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Cronaca

Truffe agli anziani a Forcella: i metodi astuti della banda guidata dal nipote del capoclan, un’altra ombra dei clan locali.

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Truffe agli anziani a Forcella: i metodi astuti della banda guidata dal nipote del capoclan, un’altra ombra dei clan locali.

#ForcellaSottoAssedio: Smantellata la rete di truffe agli anziani, con legami al clan Giuliano – Un campanello d’allarme per il nostro quartiere

Nel cuore di Napoli, dove le strette vie di Forcella raccontano storie di resilienza e ombre di malavita, le forze dell’ordine hanno finalmente inferto un colpo duro a una banda specializzata nel raggirare gli anziani, quei pilastri silenziosi delle nostre comunità. Come cronista locale, cresciuto tra queste strade, non posso fare a meno di vedere in questa operazione non solo un successo investigativo, ma un riflesso amaro di come l’eredità camorristica si reinventi, adattandosi a tempi moderni con trucchi digitali e un cinismo che ferisce al cuore il tessuto sociale del Sud.

La Squadra Mobile di Padova, in collaborazione con quella napoletana, ha eseguito 11 provvedimenti cautelari, mettendo fine a una serie di raggiri che hanno approfittato della vulnerabilità degli anziani in diverse regioni. Al centro dell’organizzazione c’era Cristiano Giuliano, 32enne presunto capo e nipote dell’ex boss Luigi Giuliano, una figura che porta con sé l’eco di un clan radicato nel rione. Insieme a lui è finita in carcere la 22enne Nadia Esposito, definita la referente operativa, mentre altri nove individui – tra cui Giovanni Esposito, Sandra Szczepaniak e Pasquale Froechlich – sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana. Resto basito nel vedere come nomi noti per reati vari, dal traffico di droga al tentato omicidio, si siano specializzati in queste truffe, un’evoluzione che non sorprende chi, come me, osserva da anni come la camorra diversifichi i suoi affari per alimentare il ciclo di povertà e paura nel nostro territorio.

L’indagine ha svelato una struttura ben oliata, con ruoli precisi che ricordano una vera e propria impresa criminale. Al vertice, il promotore pianificava tutto: individuava le vittime attraverso canali informativi e coordinava i “trasfertisti”, che partivano da Napoli in treno verso il Nord, per eseguire i colpi. Questi ultimi si fingevano carabinieri o avvocati, mentre i centralinisti, operativi da un’abitazione nel quartiere, gestivano le chiamate in tempo reale, fornendo indicazioni per rendere le storie più credibili. È qui che emerge l’aspetto più inquietante: l’uso di intelligenza artificiale per replicare voci, una tecnologia che, come locale, mi fa pensare a quanto il mondo digitale stia armando i malviventi locali, rendendo le truffe più sofisticate e difficili da smascherare per chi, come i nostri anziani, è già isolato dalla modernità.

Non è solo questione di numeri: l’inchiesta, partita da una quindicina di episodi nel 2024 in province come Padova, Venezia e Bolzano, ha recuperato oltre 400.000 euro di refurtiva. Ma qui a Padova, nel 2025, si contano ben 671 truffe agli anziani, con profitti illeciti stimati in 5 milioni di euro – un dato che, come napoletano, mi spinge a riflettere sul prezzo che paghiamo per la mancanza di reti di protezione sociale più solide. Lo schema era sempre lo stesso: una telefonata in cui il truffatore si spacciava per un’autorità, prospettando falsi problemi a un familiare, e poi l’arrivo di un “esattore” a casa per incassare denaro o gioielli. In cambio, i trasfertisti ricevevano quote tra il 10 e il 20% del bottino, con garanzie di copertura legale in caso di guai – un meccanismo che denota non solo organizzazione, ma anche una spietata effcienza economica, specchio di come certe dinamiche criminali si intreccino con la precarietà del nostro tessuto urbano.

Eppure, episodi recenti come i sei tentativi sventati ad Aviano il 27 novembre scorso mostrano che la battaglia è tuttora aperta. In quel caso, un impostore si è presentato come maresciallo Ferraiuolo, intimando agli anziani tra i 70 e gli 80 anni di recarsi in caserma o di farlo lui a domicilio, con la scusa di problemi familiari. Fortunatamente, le vittime si sono insospettite e hanno verificato, allertando i Carabinieri. Come cronista del posto, questo mi porta a commentare con realismo: mentre le forze dell’ordine celebrano vittorie, il fenomeno rimane diffuso, alimentato da un mix di disperazione locale e opportunità digitali. È un invito per la nostra comunità a rafforzare la vigilanza, magari con campagne di sensibilizzazione che coinvolgano le famiglie di Forcella e dintorni, per proteggere chi ha costruito il nostro quartiere con il sudore di una vita.

In definitiva, smantellare questa “paranza” è un passo avanti, ma non basta. Come chi vive queste strade ogni giorno, vedo la necessità di un approccio più profondo: educazione, prevenzione e un impegno collettivo per spezzare il legame tra camorra e crimini quotidiani, prima che altre storie di inganno macchino il nostro già provato territorio.

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