Cronaca
Sequestro del 15enne via chat: “Un milione o sparisce”. Catturati gli ultimi del commando locale, un altro colpo alla criminalità online.
#SequestroLampoNapoli: L’incubo digitale di un’adolescente e il racket dei clan che terrorizza la città
Napoli non dorme mai, ma certe notti si trasformano in abissi di paura, come quella che ha avvolto una famiglia del nostro quartiere lo scorso aprile. Qui, dove le strade raccontano storie di eroismo e disperazione, un sequestro lampo ha esposto ancora una volta la faccia oscura dei clan locali, quelli che si annidano nei vicoli di Barra e alimentano un’economia sotterranea fatta di minacce e riscatti. Come cronista che vive questi drammi quotidiani, non posso fare a meno di riflettere su come questi eventi non siano solo cronaca, ma un monito per una comunità stanca di vedere i suoi figli usati come pedine in giochi di potere.
La vicenda è emersa con chiarezza solo oggi, con la cattura degli ultimi due presunti responsabili, i cugini Renato e Giovanni Franco, figure legate ai clan di Barra che da anni stringono d’assedio i sobborghi di Napoli. Il sequestro del 15enne, avvenuto l’8 aprile 2025, è stato un turbine di terrore digitale, con messaggi che hanno trasformato uno smartphone in uno strumento di tortura psicologica. Immaginate un padre, nel cuore della notte, a implorare misericordia da chi vede la vita come una merce da scambiare: è il ritratto di una città dove la criminalità non bussa alla porta, ma irrompe attraverso uno schermo.
“Se i poliziotti trovano me, tu non troverai tuo figlio”, recitava uno dei primi messaggi, un avvertimento gelido che ha inchiodato la famiglia in un incubo. Le intercettazioni rivelano un dialogo surreale, con il genitore che, disperato, supplicava: “Per favore fatemi parlare con mio figlio”. Ma i sequestratori, con una freddezza che conosco fin troppo bene dalle strade di Napoli, rispondevano con minacce esplicite: “Non chiamare la polizia perché non lo vedi più, ci facciamo sentire noi”. E poi, la mazzata finale: “Prepara un milione e mezzo e non parlare con la polizia, perché non te lo facciamo vedere più”. Queste parole non sono solo frasi; sono l’eco di un sistema criminale che sfrutta la vulnerabilità delle famiglie, alimentato da un senso di impunità che ancora aleggia nei nostri quartieri.
Come chi vive qui sa, il vero dramma si infittisce quando le forze dell’ordine entrano in scena. In quel momento di caos, il padre ha tentato di negoziare, ammettendo: “Non ho chiamato nessuna polizia, mi hanno chiamato loro a me”, solo per sentirsi rispondere con una minaccia velata: “Non gli voglio fare niente però non costringermi”. È qui che si vede il cortocircuito tipico della nostra realtà: i clan provano a imporre regole parallele, ma la Squadra Mobile e la Guardia di Finanza, con il loro lavoro instancabile, ribaltano le carte. Grazie a tecnologie di geolocalizzazione e intercettazioni, gli agenti hanno monitorato ogni mossa, impedendo scambi pericolosi e garantendo la sicurezza dell’ostaggio. Dal mio punto di vista, come cronista locale, questo è un segnale di speranza in una battaglia asimmetrica, dove lo Stato cerca di arginare un mostro che si nutre di paura e corruzione endemica.
La pressione delle indagini ha finalmente fatto cedere la banda. La minaccia ultima, “Se trovano me, non trovi tuo figlio”, si è rivelata un bluff dettato dal panico, e il ragazzino è stato rilasciato vicino a uno svincolo della Tangenziale di Napoli, sconvolto ma vivo. Uno dei sequestratori è stato arrestato sul posto, e le ricerche hanno proseguito per mesi fino al blitz di stamattina, che ha chiuso il cerchio su tutta la rete criminale. Ora, con gli arresti di Renato e Giovanni Franco, gli inquirenti sembrano aver smantellato un’operazione audace quanto mal concepita, lasciando ai giudici il compito di giudicare basandosi su prove inconfutabili.
In una Napoli che lotta per riscattarsi, storie come questa ci ricordano quanto sia fragile il tessuto sociale, ma anche quanto sia resiliente la risposta delle istituzioni e della gente comune. È un invito a non abbassare la guardia, perché dietro ogni headline c’è una famiglia che, come tante qui, cerca solo di sopravvivere in un territorio segnato da ombre persistenti.
